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La terra natale di Mons. Giovanni Pepe

Inizia il viaggio nella storia del Calvario e di Mons. Giovanni Pepe questa prima parte concerne l’epoca storica e la vicenda umana di Mons. Pepe

Un uomo non è solo la sua identità  individuale, ma anche la comunità  e la famiglia in cui è nato e cresciuto, specie se il modello comunitario e domestico è di tipo tradizionale, cioè tale da subordinare i valori personali alla disciplina e all’autorità  dei valori collettivi. La vicenda umana di mons. Giovanni Pepe sembra un caso esemplare di questa verità. Nato il 27 dicembre 1880 a S. Bartolomeo in Galdo, egli incarna il patrimonio morale e ideale della sua terra e della sua gente. Il paese nativo, al momento della sua nascita, era il capoluogo di un Circondario, costituito all’indomani dell’ unità  nazionale, nell’ambito della nuova provincia, che nel decennale della sua nascita prese il nome di Sannio, e che comprendeva altri due circondari: di Cerreto Sannita e di Benevento, usciti nel 1860 dalla sovranità pontificia . S. Bartolomeo era stato escluso dall’elenco dei paesi della nuova circoscrizione provinciale, ma poi accolto e posto al centro di sedici comuni dell’Alto Fortore, alcuni provenienti dalla Capitanata, altri dal Molise. Una volta esaudita la sua pretesa legittima di centralità , il suo aspetto amministrativo si modernizza con l’introduzione delle istituzioni nazionali, dalla sottoprefettura alla tenenza dei carabinieri, agli uffici finanziari e giudiziari; e sotto la spinta delle nuove esigenze, intraprende un’espansione urbanistica notevole. Ma la struttura economico-sociale resta quella della sua storia medioevale, del tempo della sua origine decisa dal monastero di S.Maria a Mazzocca nel 1327 per il ripopolamento di un luogo burgensatico, cioè non feudale, ma di proprietà dell’abbazia, sino alla trasformazione del monastero benedettino in commenda (1450), alla gestione gesuitica (1615), alla giurisdizione del sovrano con il regio governatore, il regio erario e la corte regia.
Rispetto ai paesi del circondano, S. Bartolomeo gode del vantaggio di una tradizione di rapporti economici e sociali diversa e migliore:
“il suo stato di depressione sembra minore rispetto a quello degli altri paesi sia per la meno iniqua distribuzione delle proprietà, sia per la migliore posizione geografica e la migliore natura geologica. Diversamente dai paesi circostanti il patrimonio agrario appare meglio distribuito. Vi si nota una prevalenza delle piccole proprietà contadine. Ma, sotto questo riguardo, S Bartolomeo è un eccezione, forse per la sua storia di feudo ecclesiastico, meno duro dei feudi baronali dei dintorni. Ciò nonostante il quadro globale del Comune resta pur sempre quello di un’area di sottosviluppo”.
Il quadro è impressionante soprattutto per lo stato di isolamento dei comuni, privi di allacciamenti stradali che non fossero mulattiere.
“La topografia di codesto circondario trovasi assai accidentata. Lunghe distese causate da profondi avvallamenti e da sinuosità più o meno estese rendono malagevole l’accesso ai paesi i quali trovansi nella maggior parte collocati in situazioni eminenti, dove forse li ha confinati l’obiettivo feudale degli antichi tempi in cui ebbero origine”
L’agricoltura è dovunque di tipo estensivo…
“cioè si lavora leggermente sugli strati superiori, preferendosi i vantaggi ritraibili dalla grande estensione a quelli che offrono le terre coltivate con profondi rivolgimenti e con ragionate alternative su breve spazio” .
La miseria è tale da costringere la povera gente a evitare i mulini per sfuggire all’odiosa tassa sul macinato e arrangiarsi in casa, clandestinamente. Alla miseria materiale si aggiunge quella intellettuale: gli analfabeti sono 37.925 su 57.698 abitanti .
Questa è la realtà della terra di Giovanni Pepe, la cui vicenda umana si svolge davanti a spettacoli di miseria e di sofferenza, di sacrificio e di rinuncia. La sua famiglia occupa una posizione modesta, ma libera: quella dei piccoli proprietari terrieri, che gode il privilegio, raro, ma faticoso, di lavorare la propria terra e riuscire a far quadrare il bilancio nella prospettiva di un’etica del sacrificio e della solidarietà domestica.

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