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Castelmagno

Notizie storiche e curiosità

L’abate sacco nel 1793 scrive quanto segue: “Le terre di Castelmagno, Ripa e Santangelo in Vico verso il termine del secolo XIV trovavansi depauperate di abitanti per quelle cagioni che furono e saran sempre le fatali ministre del tempo (…)1.

S. Angelo in Vico, Vatice, Suarella, Castellogrande (Castel Magno), Porcosa, Montesaraceno, Ripa, intorno al XIII secolo costituivano i feudi o “castelli” presenti sul territorio degli attuali comuni di Baselice e San Bartolomeo in Galdo. Ciascuno di questi feudi aveva al vertice un Milite: nel castrum medievale feudale il  Milite era il vassallo del re che curava il castello e i relativi obblighi.

Castelmagno costituisce nel XIII secolo un “medium feudum” quindi un feudo di maggiore importanza rispetto agli altri circonvicini: dalla successiva emigrazione delle sue genti verso un luogo boscoso, distante circa 2 miglia, in cui c’era all’epoca solo una cappella dedicata a San Bartolomeo, si sarebbe costituito il comune di San Bartolomeo in Galdo. Nell’anno 1327 infatti, i monaci benedettini del Monastero di Santa  Maria del Gualdo in Mazzocca, che possiedono il territorio di San Bartolomeo, ottengono dal re Roberto  D’Angiò di Napoli “il permesso di riedificare il diruto castello di San Bartolomeo in Galdo”. La concessione nel 1331 da parte del re di Napoli agli “abitanti presenti e futuri del nuovo casale di San Bartolomeo di una serie di immunità, franchigie e libertà 2 ”, fece da volano per una imponente crescita demografica del  neonato comune di San Bartolomeo. Dopo questo breve excursus storico, torniamo a parlare del feudo di Castel Magno. Nel territorio odierno dell’antico feudo di Castel Magno sono stati trovati reperti archeologici di primaria importanza: frammenti di ceramica di età preistorica, monete di ogni genere e di ogni epoca, resti di  fondamenta e di mura perimetrali, statuette, epigrafi,lucerne, oltre ad ossa umane disseminate per vasto  raggio. Questi ritrovamenti stanno a testimoniare più fasi abitative succedutesi nel tempo sullo stesso sito, dall’era preistorica all’età romana, dall’epoca feudale fino al secolo XV, quando il feudo di Castelmagno  divenne un mucchio di rovine disabitate a cagione di motivi vari, quali guerre, calamità naturali, crescita di  importanza degli altri feudi circostanti. Comunque anche nel periodo del brigantaggio i suoi boschi e le sue  grotte rappresentarono un sicuro rifugio per proscritti, banditi e malfattori (3). Nel XXXIX lo storico latino Tito Livio narra che lo stanziamento in territorio sannita, in seguito a deportazione, dei Liguri Apuani diede origine a due distinte comunità che presero il nome dei due proconsoli dell’epoca (che per tradizione diventavano i protettori della comunità): di qui l’appellativo di Ligures Baebiani e Ligures Corneliani. Vissero nei luoghi dell’attuale colle di Castel Magno per quasi  mezzo secolo (dal 369 al 396 d.C.), ma per i Corneliani non si conobbero mai i limiti del territorio. In seguito, una serie di terremoti colpirono il Sannio, cancellando ogni traccia di civiltà e distruggendo diversi centri  abitati come Murgantia (Baselice), Celenna (Celenza Valfortore), Cluvia (Buonalbergo) e tanti altri tra cui, senza dubbio, il territorio della contrada Castelmagno (4). Altre fonti storiche confermano che in Castelmagno nel 150 a.C. esisteva un insediamento dei Liguri Corneliani, dediti al culto della Regina Giunone, divinità romana di cui nei pressi della fontana “Taverne” vi sono i resti del vecchio tempio e della città di Castelmagno. Un’antica carta geografica murale presso la De Agostini di Novara, illustrante la Regione II Augustea situava i Liguri Corneliani nella Valfortore in prossimità di San Bartolomeo in Galdo. Invece, le rovine del centro urbano dei Liguri Baebiani, si trovano a 3 Km circa dall’odierna Circello (Benevento), a 25 Km a nord di Benevento (5) .

Una singolare descrizione di metà ‘800.

“Percorrendo vari punti del tenimento, alcuni dei quali tuttora conservano i nomi degli antichi paesi  distrutti (Ripa, Sant’Angelo in Vico), osservammo nel luogo dove propriamente sorgeva Castelmagno, dei  ruderi di fabbriche laterizie. Fummo assicurati che varie tombe in diversi tempi vennero quivi rinvenute, con avanzi di guerriere spoglie, e che delle monete, idoli, lucerne, vasi antichi quivi trovati una raccolta ne  fece un sacerdote di quel Comune Don Matteo Catalano, il quale da noi richiesto, gli oggetti da lui raccolti ne fece cortesemente osservare. Molte monete egli possiede di rame, di bronzo, di argento e talune di oro, appartenenti a diverse dominazioni e tempi, ma tutte conosciute e pubblicate per quanto a noi parve. Fan parte di siffatta collezione molte ametiste e corniole sulle quali pregevoli incisioni si scorgono.  Delle monete, niuna municipale che abbia potuto a que’ luoghi appartenere. Contestano esse la dominazione  romana, e la concorrenza di popoli diversi che le nostre contrade si disputarono. Imperiali molte, non poche familiari, e diverse di tempi e dominazioni posteriori. Avanzi di armi, chiavi, lucerne, idoletti, vasi  lacrimali, fan parte della collezione del signor Catalano (5). Una curiosità: Il sacerdote Matteo Catalano è probabilmente il nonno del prete che, più di mezzo secolo più tardi, fonderà, insieme al  fratello Francesco la Chiesa del Carmine, in data 1910.

Cenni sulla centralità di Castel Magno all’interno del tracciato della via Traiana

La linea montuosa del subappennino dauno al tempo dei Romani era toccata agli estremi da due grandi vie (tratturi): la frentana (…) (litoranea adriatica) e la egnazia, che collegava Benevento a Brindisi attraverso l’asse Equotutico-Aecae-Herdonea-Egnazia. Nel periodo repubblicano ad Aecae (l’odierna Troia) un ramo tirava per Lucera-Arpi-Siponto e qui s’immetteva nella litoranea per raggiungere Egnazia e Brindisi. Tanto la frentana quanto la egnazia in inverno erano poco praticavili ed essendo arterie di vitale importanza per i rapidi spostamenti di eserciti, l’imperatore Traiano le fece ristrutturare. L’egnazia si chiamerà Appia-Traiana (109-110) (6). Una volta sistemata da Traiano, la nuova via Traiana ripristinava vie già in uso in epoche precedenti e, abbreviando rispetto all’Appia il percorso montano e sfruttando l’ampia valle del Tavoliere, aumentava  notevolmente la rapidità e la comodità del viaggio. La Traiana entrava in Daunia dopo Aequotutivo, raggiungeva la massima quota a S.Vito ( 938 mslm), dove  erano presenti resti di pavimentazione e poi scendeva verso Aecae, attraversando la città, posta nello stesso sito della città medievale per arrivare infine a Canusium (Canosa).

Ma soffermiamoci su Aequum Tuticum (Equotutico).

Ci sono diversi storici e studiosi che localizzano l’antico vicus romano Equotutico non più nei pressi  dell’odierna Ariano Irpino, bensi’ nell’alta valle del fiume Fortore e precisamente nel tenimento di San  Bartolomeo in Galdo al confine con Baselice. La studiosa Elisa Laurelli nella sua monografia riporta quanto segue: “Asse viario Aecas, XVIII Aequotuticum, XII Foro Novo, X Benevento”

“Quest’asse itinerario richiama l’attenzione su Aequotuticum che, in base alla nostra ricostruzione, si  localizza nell’alto corso del Fortore alla cui sinistra, a poco più di 1 km da Baselice (BN) e lungo la traiettoria per S. Bartolomeo in Galdo (BN), si determina il suo punto di rilevamento geodetico. Il centro abitato, secondo la lunghezza del trattino che unisce i due segmenti consecutivi, dovrebbe trovarsi a meno di 3 km  in linea d’aria. Anche in questo caso l’indicazione geografica risulterebbe coerente in quanto a tale distanza, in località Castelmanno, le ricerche archeologiche stanno portando alla luce i resti di un antico centro  sannita, e tra i Sanniti Tolomeo indica Aequotuticum(…). L’inquadramento di Aequotuticum è ben  determinato nel complesso itinerario e il riscontro reale delle sue distanze dalle località circostanti ne costituisce la verifica. Non va trascurato che quest’area dell’Alto Fortore si sta rivelando di notevole interesse archeologico.  In un recente articolo sul quotidiano “Avvenire” G.Marucci, presidente dell’Archeoclub di Baselice, dà notizia del rinvenimento di reperti di ogni genere che testimoniano quanto  la zona fosse abitata e le molteplici monete, in gran numero greco-romane, fanno pensare che essa fosse  stata stolcata da una rilevante via di comunicazione  (8).

Reperti rinvenuti ad oggi

– Frammenti di ceramica di età preistorica

– Monete di ogni genere e di ogni epoca

– Resti di fondamenta e di mura perimetrali

– statuette

– epigrafi

– lucerne

– ossa umane 

disseminate per vasto raggio,stanno a testimoniare più fasi abitative succedutesi nel tempo sullo stesso sito: dall’era preistorica all’età romana;dall’epoca feudale (Castellum Magnum) fino al secolo xv.

Nel 774 d.c. Arechi II, principe di Benevento, fa donazione di 2 chiese già esistenti in valfortore al monastero di S. Sofia di Benevento: la chiesa di San Magno nel tenimento di Castel Magno e la chiesa (monastero) di San Giovanni fondata dall’omonimo eremita che pur sorgendo in una zona sconosciuta dell’alta valle del fortore, ai margini del vastissimo bosco Mazzoca (uno dei più grandi dell’Italia meridionale) acquistò una enorme importanza nel Medioevo.

Ritrovamenti : non tramite scavi autorizzati ma solo ritrovamenti occasionali rinvenuti dai contadini locali durante i lavori agricoli. Cippo Funerario in onore di Giunone rinvenuto in localita’ “ Le Taverne” Castel Magno agli inizi del 1989 (ARA) posta il 5° giorno prima delle kalende di gennaio (28 dicembre) essendo consoli Saturnino e Gallo (anno 198d.C.).Ai lati del cippo sono rappresentati l’orcio e la pàtera simboli del cibo e delle bevande , classico esempio della sepoltura romana.  Frammento di stele funeraria romana 1° secolo d.C. su calcare fossiliero Frammenti di mosaico a tessere grandi policromo Monete di vario diametro da cm3 a cm1 in bronzo con figure ed incisioni 1° sec. a.C. al 4° d.C. 2 lucerne in terra cotta periodo imperiale

Punta di giavellotto in bronzo 
Leone in pietra rinvenuto durante uno sterro ,alla fine del 1977 in localita’ S. Angelo , incerta l’epoca a cui può risalire. 
Si ringrazia per il prezioso contributo Donatina D’Andrea

BIBLIOGRAFIA

1. Abate Sacco. Dizionario geografico-istorico fisico del Regno di Napoli, vol.3 pag. 245, 1793.
2. Fiorangelo Morrone. Immunità franchigie libertà e statuti, 1994.
3. Tiziano Del Buono, Blog 2010.
4. Dai sanniti ai romani, Paolo Angelo Furbesco, 2009.
5. Nicola Falcone. Monografia di San Bartolomeo in Galdo in provincia di Capitanata, 1853
6. Don Michele Marcantonio. Rosito, 1994
7. Giuliano Volpe. La Daunia nell’età della romanizzazione: paesaggio agrario, produzione, scambi, 1990.
8. Elisa Salvatore Laurelli. Gli itinerari della tabula di peutinger nella daunia antica, Elisa Salvatore Laurelli, 1988. 

Antonio Vinciguerra
Antonio Vinciguerrahttps://www.docenti.unina.it/antonio.vinciguerra
Farmacologo presso Università degli Studi di Napoli Federico II. Contro il pensiero unico. Per un nuovo umanesimo delle montagne.

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