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Relazione di fine mandato

Polemica di questi giorni, tra l’Amministrazione comunale uscente e l’Amministrazione comunale in carica. Oggetto del contendere la relazione di fine mandato. Ci estraniamo dalla polemica odierna e spostiamo le lancette indietro nel tempo di ben 102 anni. 12 maggio 1912 Relazione di fine mandato del Regio Commissario Avv. Giovanni Conti. Prima di entrare nel vivo della Relazione è doveroso un grandissimo ringraziamento a colei che mi ha permesso di leggere questo libretto stampato 102 anni fa, l’amica Cristina Giuliani erede Catalano.

 

Occorre una breve premessa. Nel 1911 il regio censimento contava quasi 10000 abitanti a SBiG. L’emigrazione era un fiume in piena, ma il tasso di natalità elevato e l’innalzamento della vita media garantivano un aumento costante della popolazione. Il Consiglio Comunale era composto da 20 consiglieri tra i quali veniva scelto il sindaco. Le donne non potevano essere elette, ma cosa ancor più grave non potevano votare. Coloro che avevano il diritto di voto erano il 7% della popolazione, dobbiamo aspettare la legge elettorale del 30 luglio 1912 numero 666, che ampliò il corpo elettorale portandolo dal 7% al 23%, restavano escluse le donne, i minori di 30 anni, i poveri e coloro che non avevano la licenza elementare. Vorrei ricordare che il diritto di voto alle donne italiane fu riconosciuto nel 1945, mentre alle donne turche nel 1926 e visto che siamo in tema, in Italia attendiamo ancora un Presidente del Consiglio donna, mentre in Turchia la giovane Tansu Ciller lo divenne nel 1996.  Nel gennaio del 1910 il Consiglio Comunale aveva eletto sindaco l’avvocato Ignazio Saccone, fratello dell’arciprete Ernesto e dell’ammiraglio Giovanni. Ignazio abitava in quello che è l’odierno Museo di Castelmagno, egli era già stato sindaco qualche anno prima e sarà podestà sotto il fascismo per ben 6 anni, probabilmente solo mere ragioni anagrafiche non gli hanno permesso di essere sindaco nell’età repubblicana e io credo, conoscendo i miei compaesani, che se Dio non gli avesse dato l’unico ordine a cui noi umani non possiamo sottrarci, sarebbe stato eletto anche nelle elezioni del maggio 2014, non ci sarebbe stata gara contro Marcasciano e Garofalo, Saccone for mayor. Ci piace il rispetto della tradizione. Ignazio era sposato con una signora inglese laureata, la prima donna laureata di SBiG. Ricordate, parliamo di un secolo fa, quando le donne in Italia non potevano nemmeno votare e la prima donna docente ordinaria all’Università fu la professoressa varesina Rina Monti nel 1911 presso l’Università di Pavia.
Indubbie qualità doveva avere il Saccone, ma anche i migliori possono sbagliare, e se non ha sbagliato lui personalmente, avranno sbagliato i suoi compagni di viaggio, tanto che il Re, suo malgrado, fu costretto a sciogliere il Consiglio Comunale e ad inviare nel novembre del 1911 il Regio Commissario Avv. Giovanni Conti. Costui, addolorato, dovette far presente alla popolazione diffidente di SBiG, composta soprattutto da contadini che avevano perso i loro eroi, che lui, il Regio Commissario non aveva responsabilità nello scioglimento del Consiglio, ma che il provvedimento Reale si rese necessario per tutelare i gravi interessi del Comune, che erano anche i loro interessi e non soltanto quelli di un manipolo di “galantuomini”, ma se non l’abbiamo capito noi a distanza di un secolo che il Comune dovrebbe adempiere al bene di tutti i cittadini, non possiamo certo biasimare i nostri concittadini del secolo scorso. Il Commissario riporta la motivazione dello scioglimento, eccola: “Le indagini testè compiute sulle condizioni della civica azienda di S. Bartolomeo in Galdo hanno dimostrato la fondatezza degli addebiti che erano stati già contestati e sui quali insufficienti ed inattendibili controdeduzioni aveva fornito il Consiglio Comunale nell’adunanza del 16 giugno scorso. Gran abusi sono stati commessi dagli amministratori per il soddisfacimento di privati loro interessi e per favorire amici e partigiani. Numerevoli provvedimenti si sono presi in odio agli avversari. Ad irregolarità danno luogo i servizi di tesoreria e di erogazione delle spese. Alla compilazione del bilancio del corrente esercizio ha dovuto provvedere un commissario prefettizio e l’applicazione della tassa fuocatico è stata fatta con criteri palesamente partigiani come ha rilevato una apposita inchiesta. Anche nell’andamento dei pubblici servizi e specialmente quelli di nettezza urbana e di manutenzione stradale, sono state riscontrate gravi manchevolezze. Le anormali condizioni dell’amministrazione ed imparticolar modo gli atti di partigianeria hanno provocato vivo malcontento che potrebbe essere causa di turbamento dell’ordine pubblico. Per la sistemazione della civica azienda nessun assegnamento può farsi sugli attuali amministratori, dimostratisi inetti e noncuranti del pubblico bene; si impone quindi un’eccezionale misura, che valga anche a ricondurre la calma e la tranquillità nella popolazione”. Ignazio e i suoi sono stati alquanto biricchini e la mannaia del Re è calata su di loro, sciogliendo il Consiglio e non permettendogli di ricandidarsi. Ma c’è un gravissimo errore nella motivazione dello scioglimento: nessun dubbio che qualora ci fossero davvero stati atti di malversazione, di partigianeria, di disprezzo degli avversari, sicuramente avranno creato malcontento, ma per turbare la popolazione di SBiG, allora come adesso, ci vuol ben altro. E poi quand’anche il turbamento arrivasse all’eccesso, il cittadino sbigghense non perderà mai la calma e la tranquillità, ma riempierà la valigia e andrà via dal borgo. Nella lunga storia di SBiG è ravvisato un solo episodio di ribellione, l’incendio dell’anagrafe durante il crepuscolo del secondo conflitto mondiale, ma in coscienza non mi sento di dire che fu un atto di ribellione vero e proprio. Fu ribellione verso il fascismo ormai esangue? Fu ribellione verso i “galantuomini” che fino ad allora avevano tenuto le redini del Comune? La ribellione consistette nel bruciare qualche registro. No, le autorità regie potevano dormire sonni tranquilli, la gens di SBiG non avrebbe perso la calma e la tranquillità.

Esaminerò i provvedimenti del Commissario Conti uno per uno e se vi aiutate con la fantasia riuscirete con me a vedere il paese come era 100 anni fa. In questo primo scritto ci limiteremo ad analizzare i provvedimenti presi dall’avvocato Conti riguardo il personale comunale.

L’avv. Conti raggiunse SBiG in un freddo novembre di 103 anni fa. Entrò nel palazzo comunale e vi trovò un numero elevato di stipendiati e salariati dal Municipio. Gli avevano detto che, nonostante il numero congruo, i benefici per la popolazione erano esigui, se non addirittura nulli. Usando le categorie renziane, potremmo dire che i soliti gufi paesani hanno colpito ancora con il solito disfattismo. Purtroppo il Commissario Conti ci crede e scrive che l’Amministrazione Saccone ha gestito i dipendenti con “criteri partigiani, si è sovvertito la gerarchia, si sono distolti dai lavori d’interesse generale, è mancata ogni sorveglianza e disciplina”. La stessa Amministrazione ha creato nuovi posti di lavoro “per favorire parenti ed amici, si fu prodighi a qualcuno di gratificazioni –un impiegato con seicento lire di stipendio in poco più di sei mesi nel decorso anno mise insieme poco meno di trecento lire di gratificazioni!- altri dovette vivere sotto lo spauracchio di licenziamento o di provvedimenti disciplinari”. L’impiegato comunale di cui non sappiamo il nome, raddoppiava il suo stipendio.   Lancia un grido d’allarme il Commissario, nel Comune di SBiG si è “perduto ogni concetto di equità e di giustizia, si ritenne tutto lecito in disprezzo delle leggi, delle convenienze e degli interessi generali”. Si mette subito al lavoro l’avv. Conti: ristabilisce l’ordine gerarchico, la disciplina, il rispetto dell’orario di lavoro, corregge abusi e cattive abitudini, infligge punizioni e ottiene che tutti e dico tutti, sotto la sua straordinaria gestione compiano il proprio dovere. E’ ben conscio il Commissario che se l’Amministrazione che gli succederà non proseguirà sulla strada da lui tracciata, i vantaggi per la popolazione saranno solo transitori e ugualmente transitori saranno se “impiegati e salariati non sentiranno più elevato il senso del dovere”. Altro problema che l’esimio Commissario dovette affrontare fu il monte stipendi degli impiegati, ma soprattutto dei salariati che egli, a ragione, considerava alquanto misero. Eppure l’Amministrazione con deliberazioni del 18 aprile e 4 maggio 1911 aveva aumentato gli stipendi agli impiegati, purtroppo “l’Amministrazione stessa, con determinazione partigiana stabilì di escludere dai benefici le guardie municipali, i due bidelli delle scuole e il cantoniere comunale”, per non parlare dei salariati, cioè i cinque spazzini non considerati minimamente negli aumenti degli stipendi. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo il Commissario, doveva essere una gran brava persona, nonché molto intelligente. Il salario irrisorio per il personale più umile, neppure lontanamente in relazione al costo della vita e alla entità del servizio che avrebbero dovuto prestare non era un’economia per l’Amministrazione, per un motivo banale: “perché i salariati stessi non avendo dal Comune i mezzi per vivere anche modestamente erano costretti a trovare altre fonti di lucro con danno del servizio e con tolleranza da parte delle amministrazioni”. Il Commissario aumentò lo stipendio delle Guardie municipali da L. 45 a L. 55 mensili, abbiamo L. 10 di aumento, può sembrare poco, ma è un buon 22% in più. Immaginate l’aumento di uno stipendio odierno del 22%; aumentò lo stipendio del bidello da L. 25 a L. 36, ben L. 11 in più, un immenso aumento del 44%; aumentò lo stipendio della bidella da L. 15 a L. 20, un buon 33% in più. Notate la discrepanza tra lo stipendio del bidello e della pari ruolo femminile, ci vorranno ancora decenni di lotte per raggiungere la parità salariale tra generi. Aumentò lo stipendio degli spazzini da L. 30 a L. 40, anche qui abbiamo un buon 33% in più, ma sulle 10 lire di aumento, per i primi mesi tratterrà L. 3 per dotare gli spazzini di una divisa dignitosa ché “attualmente hanno abiti laceri, scarpacce rotte – un insieme di lordura e di miseria in modo da sembrare piuttosto una accolta di straccioni pitocchi che personale a servizio di un capoluogo di Circondario”. E’ convinto il Commissario Conti e sono convinto anch’io che abbia fatto un buon lavoro, un personale più tranquillo economicamente, avrà uno zelo maggiore e più diligenza e “si potrà pretendere che tutti indistintamente compiano il proprio dovere”. Non c’era il medico della mutua 100 anni fa, ma il Comune pagava due medici condotti, lo stipendio non era un granché: L. 65 mensili, ma il Commissario non lo aumentò perché considerò che i medici avevano la possibilità di arrotondare lautamente i propri guadagni data “la condizione del paese in cui un certo benessere economico è diffuso in ogni ordine della cittadinanza”. L’emigrazione per miseria era cominciata da quasi un ventennio, l’Unità d’Italia aveva festeggiato i 50 anni, eppure il paese godeva ancora di una certa prosperità. Più trovo testimonianze post unitarie e più penso che il libro della Mario “La miseria in Napoli” sia davvero un falso storico o quantomeno un libro propagandistico non molto veritiero. Ultimo provvedimento dell’avvocato Conti l’aver disciplinato gli straordinari, fino ad allora si era abusato delle gratificazioni e fatto passare per lavori straordinari incombenze che per dovere di ufficio non esulavano “per fermo dall’ordinaria attività del Comune”. Affinché la macchina amministrativa raggiunga i massimi risultati, non bastano i regolamenti, le punizioni, le gratifiche, occorre confidare “l’elevatezza d’animo degli amministratori, nel loro interessamento per la pubblica azienda e nel sentimento del dovere nel personale”. Chissà se il nuovo Consiglio Comunale eletto il 5 maggio 1912 possedeva queste alte qualità.

E forse la domanda da porsi è la seguente: Queste qualità, chi ci ha governati fino ad oggi e ci governa le ha possedute?

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