Nel luogo dove oggi sorge la cittadina di San Bartolomeo in Galdo, v’era da  tempo una cappella rurale dedicata all’apostolo S. Bartolomeo; sicuramente  si tratta della stessa chiesa di cui il vicino monastero di  S. Maria del Gualdo  Mazzocca  appariva in possesso nel 1277. E questa chiesetta era diventata  una “grancia” del Monastero, come risulta da un diploma  spedito da Napoli il 18 novembre del 1312, con il quale re Roberto d’Angiò  comandava ai giustizieri di Capitanata presenti e futuri di proteggere,  difendere e mantenere l’abate ed il monastero di S. Maria del Gualdo nel  possesso âCasalis Foyani, Grancie S. Bartholomei site iuxta territorium  ejusdem casalis, et territorii Ristinuleâ  nella provincia di Capitanata.  Intorno alla chiesetta sorse ben presto un piccolo agglomerato.  La denominazione del Monastero “S. Maria de Gualdo Mazzocca” deriva dalla parola  longobarda wald che significa bosco, e precisamente il bosco di Mazzocca, uno dei  boschi più grandi della zona.  Il Monastero sorse nel 1150 grazie all’intercessione del beato Giovanni eremita da  Tufara, un santo che le popolazioni locali, tuttora continuano a venerare con  immutata venerazione. Giovanni era uomo animato fortemente da un intenso spirito  di carità e di amore verso Dio; fu grazie alla sua intercessione e alla sua inesauribile  sete di solitudine che sorse, nel bosco di Mazzocca, un monastero situato in una  splendida posizione, all’inizio della valle del Fortore, su un monte di 900 m.  Vi sono alcuni che hanno avanzato l’ipotesi che il Monastero appartenesse all’ordine  dei Teutonici: âAntica è la tradizione che il monastero di S. Maria a Mazzocca, di  cui sempre fece parte il tenimento di S. Bartolomeo, fosse appartenuto all’Ordine dei  Teutonici, poiché molti siti nella Puglia ad essi appartenneroâ¦â.  Ma il tutto è stato ben presto smentito grazie alle varie fonti riguardanti l’abbazia di  Santa Maria del Gualdo Mazzocca ed in particolare una bolla di papa Adriano IV del  1156, diretta al fondatore e priore Giovanni eremita, âIohanni, priori ecclesiae  Sancte Marie de Gualdo Mazoccaâ nella quale si prescriveva che i nuovi monaci  vivessero secondo la regola di S. Benedetto, la quale rappresenta il primo  documento storico riguardante il monastero. 
 A tutto ciò va aggiunto che  l’ordine dei Teutonici fu creato verso il 1190,  molti anni dopo la fondazione del monastero e a riguardo non sono stati ritrovati  documenti che attestassero l’appartenenza di quest’ultimo all’ordine Teutonico.  Certo è che il Monastero seguì la regola dei monaci benedettini.  All’epoca la Valle del Fortore era in gran parte ricoperta da boschi di difficile  penetrazione: il bosco o la foresta appaiono come uno dei simboli del Medioevo.  à nella foresta che si rifugiano gli adepti della “fuga mundi”: eremiti, innamorati,  cavalieri erranti, briganti e fuorilegge. Mondo del rifugio, la foresta rappresenta  l’orizzonte inquietante del mondo medievale: essa ha le sue attrattive, ma è anche  piena di minacce, di pericoli immaginari o reali.  Alla fine del 1700 il bosco di Mazzocca figurava ancora come âuno  dei più grandi boschi del Regnoâ, così come risulta nel Dizionario Geografico del  Regno di Napoli , con l’aggiunta che âcoloro i quali vi dovevano passare, nei  tempi andati, a cagione dei ladri, erano soliti fare prima testamentoâ.  Il monastero fu edificato nel territorio del casale di Foiano (oggi comune di Foiano  Valfortore, distante 14 km da S. Bartolomeo in Galdo), su un altopiano a circa  novecento metri di altitudine, dal quale dominava l’intera valle del Fortore.  Un  documento fondamentale per la ricostruzione della storia del Monastero è un  “libro monastico” catalogato come “Codice Vaticano Latino 5949” , che si conserva  tuttora nella biblioteca Vaticana. Il Codice fu esemplato tra il 1197 ed il 1203 nello  stesso Monastero di S. Maria del Gualdo, dove restò in uso per oltre tre secoli  passando poi, verso la fine del 1500, alla biblioteca Vaticana .  Il prezioso manoscritto, oltre ad essere fonte documentale di moltissime notizie,  riporta un plurisecolare necrologio, grazie al quale si è ricostruita la serie dei Priori e  degli Abati. Tutti i priori e gli abati furono solerti promotori dello sviluppo del  Monastero. Una particolare “fioritura anche da un punto di vista culturale” si ebbe  durante il priorato di Giovanni il Venerabile (1197-1203), che fece rogare dal notaio  del conte Enrico di Civitate lo strumento con il quale Fajardo, dominus di S. Angelo  in Vico (feudo in territorio di San Bartolomeo in Galdo, vedi p.7), offre e dona a  Giovanni, priore del Monastero del Gualdo, tutto il suo tenimento di S. Angelo e  riceve in cambio 1 cavallo, 2 buoi, 2 vacche, 50 pecore e 3 once d’oro.  Fu questa la premessa che fece sì che, nel 1240, il Monastero acquisì il suo primo  feudo che fu S. Angelo in Vico .  Se ne fa menzione nel già citato Catalogus Baronum, n.1441.  Nel 1213, papa Innocenzo III, in una sua bolla, confermava al priore e ai monaci di  S. Maria del Gualdo, tutti i beni posseduti dal monastero in virtù di concessioni di  pontefici, di re e di principi, e, tra l’altro, confermava il luogo stesso su cui sorgeva il  monastero con tutte le sue pertinenze, nonché possessi e diritti relativi al castro di  S. Angelo concessi  regia liberalitate, case e vigne nella città di Benevento, il  tenimento del Gualdo⦠ In questo periodo, il monastero cresceva  in forza e prestigio, grazie alle bolle e ai  privilegi di papa Onorio III. Sia durante il dominio svevo, sia durante quello  angioino, il monastero di Mazzocca fu avvantaggiato di speciali privilegi e si arricchì  di nuovi acquisti.