Nel 1277 il monastero appare, per la prima volta, in possesso di una chiesa campestre dedicata all’apostolo S. Bartolomeo e dotata di terreno, in tenimento di Castelmagno (territorio appartenente a S. Bartolomeo in Galdo): il re Carlo comandava a Giacomo di Ripa, signore di Castelmagno, di non molestare gli animali del monastero del Gualdo che pascolavano nei territori di Castelmagno e Ripa (questi territori erano stati distrutti durante le guerre contro i Saraceni, nel 1253). Il feudatario occupava inoltre anche il territorio attorno alla chiesa, di proprietà del monastero: âQuod Iacobus de Ripa miles non turbet in pascendo animalia monasterij Sancti Ioannis in Gualdo per territoria Castelli Magni et Castri Ripe, qui etiam detinet occupatam certam terram circa Ecclesiam Sancti Bartholomei de Castello Magno subiectam dicto monasterioâ. Il territorio di Castelmagno, era molto esteso ed abbracciava tutto il territorio che ora appartiene alla cittadina di San Bartolomeo in Galdo. Le attività principali della zona erano l’allevamento e la pastorizia, che erano anche una delle principali attività economiche del monastero, come ben dimostrano le numerose concessioni di “diritti di pascoli” ad opera di signori e re. La chiesetta rurale divenne, ben presto, un naturale polo di aggregazione per gli abitanti del luogo; già tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, s’era costituito attorno ad essa un piccolo insediamento abitativo, dissoltosi però, inspiegabilmente, prima del 1327. Sul finire del XIII secolo il priorato di S. Maria del Gualdo in Mazzocca, per lo sviluppo e lo splendore conseguiti, fu elevato da papa Bonifacio VIII alla dignità di abbazia. In quest’epoca non esisteva ancora il feudo di San Bartolomeo in Galdo, ma esistevano, come più volte è stato detto, i feudi dei territori adiacenti che di lì a poco diverranno proprietà di San Bartolomeo. Sicuramente, un anno importante per la storia di San Bartolomeo in Galdo, è il 1327, anno in cui il monastero di Mazzocca pensò di ripopolare la zona, ormai priva totalmente di abitanti. Infatti, fu in quell’anno che l’abate Nicola da Ferrazzano – terzo abate del Gualdo, succeduto a Martino, morto il 2 febbraio 1324 – espose al re Roberto che il convento dei monaci âaveva, teneva e possedevaâ dei luoghi o beni feudali, cioè Ripa, Castelmagno, Baselice e Foiano, e nel mezzo di essi un luogo burgensatico chiamato San Bartolomeo, nel quale vi erano stati, nel passato, degli abitanti; pertanto chiese il regio assenso a poterlo ripopolare. E re Roberto accondiscese alla richiesta dell’abate con un diploma. Il diploma di re Roberto, purtroppo non si conserva. Esso (o una sua copia) fu presentato in un processo intentato nel 1772 dall’abate commendatario Giovan Costanzo Caracciolo contro gli abitanti di San Bartolomeo e di Foiano a causa dell’esazione delle decime. Gli atti del processo sono andati distrutti; ci resta però la sentenza emessa il 22 novembre 1776, nella quale il giudice delegato Domenico Porcinari fece un compendio del diploma : ââ¦Ex diplomate regis Roberti anni 1327 habebatur tunc temporis abbatem Regi exposuisse conventum monachorum, qui tunc existebat, habere, tenere et possidere Loca, seu bona feudalia, vidilicet Ripam, Castellum magnum, Basilicam et Foggianum, in quorum medio quemdam locum burgensaticum S. Bartholomaeus vocatum, in quo certi fuerunt abhactenus incolae, Regiamque facultatem, quam obtinuit, expetiisse eum habbitatoribus totaliter derelictum rehabitari facereâ. Queste notizie sono confermate anche da altri studiosi: ââ¦I Benedettini, i quali dimoravano nel monastero di S. Maria a Mazzocca ottennero da Roberto Angioino, con diploma del 1327 il permesso di riedificare il diruto castello di S. Bartolomeo in Galdo che essi già possedevanoâ¦âEcco le parole del diploma: âTunc temporis abatem Regi exposuisse conventum monacorum qui tunc existebat, habere, tenere et possidere loca, seu bona feudalia in quorum medio quemdam locum Burgensaticum SANCTUS BARTOLOMEUS vocatum, in quo certi fuerunt ab hactenus incolae, regiamque facultatem quam obtinuit expetisse cum habitatoribus, totaliter derelictum, rehabitare facereâ .
Così la terra di San Bartolomeo in Galdo incominciò a popolarsi di abitanti attirati dai privilegi e dalle franchigie che l’abate e il priore del monastero concedevano a chi si stabiliva in quel territorio. Nel 1329 S. Bartolomeo in Galdo acquistò una grande importanza strategica nelle guerre angioine. Ottone di Brunswich e in seguito il conte Alberigo I da Barbiano, valoroso condottiero e fondatore della compagnia di S. Giorgio, fecero di San Bartolomeo il loro quartiere generale. Fu durante quelle guerre che vennero distrutti tutti i casali circostanti e i pochi abitanti di Castelmagno, di Ripa, di S. Angelo in Vico e di Fortore, ripararono in San Bartolomeo che era munito di solide mura. I monaci, però, volevano che il nascente casale si accrescesse ulteriormente di buoni uomini. E pertanto il 29 aprile del 1331, alla presenza del notaio Raone del fu Simone de Camelis, di Guglielmo di Nicola de Filippo, giudice annuale di Foiano e di numerosi testimoni, il priore e la comunità del monastero di S. Maria del Gualdo, riuniti in Capitolo, costituirono loro procuratore il monaco Nicola da Cerce con il compito di concedere agli abitanti del nuovo casale di S. Bartolomeo del Gualdo, da poco edificato ed abitato, diverse immunità , franchigie e libertà . E così, l’8 maggio 1331, l’abate Nicola, insieme al procuratore fra Nicola da Cerce, dinanzi al giudice âad contractusâ e a tredici testimoni, tra i quali Riccardo vescovo di Montecorvino, concesse agli abitanti del âcasale Sancti Bartholomeiâ un complesso di âimmunitates, franchitias et libertatesâ particolarmente favorevoli. Ebbe così i veri natali la cittadina di San Bartolomeo in Galdo, ancora oggi capoluogo dell’Alta Valfortore, dalle bellissime pianure, e colline dolcemente ondulate. E quel luogo si ripopolò nel volgere di qualche anno. Per cui, nel 1330, l’abate Nicola da Ferrazzano e il vescovo di Volturara, di nome Pietro, decisero di costruire una chiesa , là dove sorgeva una cappella rurale d’uso privato dell’abate e della comunità del monastero. Anche in un altro documento relativo alla sentenza del 1776, il giudice Porcinari, dopo aver riportato il diploma di re Roberto, fa menzione di uno strumento del 1330, presentato dall’università di S. Bartolomeo, relativo all’erezione di una parrocchia nel nuovo agglomerato : âIdque factum ab anno usque 1330. Universitas ipsa docuit mox per eam producto instrumento, quo inter reverendissimum Abbatem et Episcopum Vulturariae Loci ordinarium de erectione Parochiae, ubi ruralis erat quaedam Cappella in usus proprios Abbatis et Conventus Monasteriiâ¦â. Il primo documento in cui appare che la badia possiede il territorio di San Bartolomeo in Galdo risale al 1331-32: âIn registro Regis Roberti 1331 tt. 32L. C fol.54 Monasterium S. Mariae de Gualdo asserit possidere Castrum Ripae de Alterno et Casale Foiani et Casale Sancti Bartholomeiâ. Nel Cedolario del 1339 si trova tassato per la prima volta il feudo di San Bartolomeo in Galdo, insieme con Ripa de Altino e Foiano. Furono però gli stessi abitanti di San Bartolomeo che, pur omessi dalla cedola di tassazione, vollero sottoporsi spontaneamente al pagamento di 3 once, per alleviare di 1 oncia la tassazione di Foiano e di 2 once la tassazione di Ripa de Altino.