«Il piano regionale ospedaliero consente l’apertura della cardiochirurgia al Rummo, crea le condizioni per l’apertura dell’ospedale di San Bartolomeo, porta a compimento i lavori del nuovo ospedale di Santa Agata dei Goti, disciplina e qualifica ulteriormente il privato accreditato, il tutto nell’ottica di puntare ad un rete ospedaliera provinciale non mastodontica ma efficiente, tendenzialmente autosufficiente e in grado di contrastare la mobilità extraregionale». Tonino Pedicini, dirigente dellâArsan, evidenzia gli obiettivi individuati nella proposta di piano per la sanità ospedaliera del Sannio.
Il piano ospedaliero rappresenta un ulteriore contributo al processo di riforma del sistema sanitario già avviato in Campania con il piano sanitario regionale e la legge sulle residenze sanitarie assistite già varati dal consiglio regionale nel corso di questa legislatura. «à una riforma resa necessaria e complessa dalle modifiche costituzionali in senso federalista (legge 3/2001) – spiega Pedicini -, dalla definizione legislativa dei livelli essenziali di assistenza e dalla limitatezza di risorse finanziarie destinate al servizio sanitario nazionale. Inoltre, la legge n.405 del 16/11/2001 fissa il limite massimo di posti letto per tutte le regioni italiane non superiore a 5,0 posti letto per 1000 abitanti».
Ne consegue che in molte regioni si è registrata la necessità di chiudere molti reparti, se non interi ospedali per rientrare nel parametro del 5 x 1000. «In Campania, secondo lâesponente dellâArsan, la situazione è molto diversa avendo, allo stato, 21.497 posti letto con un indice pari a 3,7 posti letto x 1000 abitanti (tale cifra comprende tutti i posti letto, per acuti e di riabilitazione, pubblici e privati della regione).
«Questa rete ospedaliera, certamente non mastodontica, costa però in Campania oltre il 50% delle risorse finanziarie destinate al servizio sanitario regionale. Cifra che sale ulteriormente se si considera che nel 2001, i ricoveri di cittadini campani erogati da istituti di cura extraregionali sono stati 97.296 con richiesta di rimborso di 285 milioni di euro. Praticamente, l’onere finanziario sostenuto dalla Campania per la compensazione della mobilità passiva dei ricoveri rappresenta poco meno del 4% del finanziamento del servizio sanitario regionale».
Se si tiene presente che il parametro nazionale della spesa ospedaliera è pari a circa il 45% del riparto finanziario, si evince che si è, praticamente, davanti al paradosso di una rete ospedaliera più piccola rispetto a quella di molte altre regioni, che non riesce a curare tutti i propri residenti, costretti a ricorrere ad ospedali di altre regioni e che costa percentualmente molto più di altre.
«Questa è la vera ragione – aggiunge Pedicini – che ha reso indispensabile un piano di vero riordino della rete ospedaliera campana secondo principi di efficienza, efficacia, appropriatezza ed economicità , iniziando ad applicare i principi dei recenti provvedimenti consiliari in materia di risanamento finanziario. Un piano che riordina e non chiude ospedali; anzi proponendosi un parametro regionale di 4,2 posti letto per mille abitanti, si pone come obiettivo immediato l’apertura degli ospedali in via di completamento (Agropoli, San Bartolomeo in Galdo, Boscotrecase, Gragnano, Marcianise, Roccadaspide)».
Viene, inoltre, avviato un «significativo decongestionamento dell’area urbana napoletana» con la previsione ed il finanziamento dei nuovi ospedali di Pomigliano, Afragola, Teano, Capua, Polo Pediatrico di Acerra, Ospedale del Mare, Policlinico SUN di Caserta. «L’impegno legislativo a ridurre i costi della spesa ospedaliera e a spostare risorse e funzioni sui distretti sanitari è mantenuto avviando un vero e proprio processo di deospedalizzazione che alleggerisce gli ospedali, definiti come il luogo della alta intensità di cure, da tutte quelle funzioni assistenziali che saranno meglio garantite nelle residenze sanitarie assistite. Il piano – conclude Tonino Pedicini – distingue nettamente tra la Regione che svolge funzioni di programmazione e valutazione e i direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere a cui è demandato l’onere della realizzazione e della compatibilità finanziaria dei programmi».
da il Mattino