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DA ROCCO MARCHEGIANO A ROCKY MARCIANO – Parte I

DA ROCCO MARCHEGIANO

                            A ROCKY MARCIANO

          A CURA DI PAOLO – ANGELO FURBESCO                                                                                                                                                                                                        

Originale: giugno 2013

Aggiornato: ottobre 2019

‹‹Più forte dell’odio è l’amore, più forte dell’amore è Rocky Marciano››. Così disse di lui un ragazzino di una scuola media di Chieti negli anni Cinquanta. Per chi non ne fosse al corrente, nelle sue vene scorreva anche sangue sanbartolomeano in quanto sua madre (Maria Pasqualina Picciuto) era nata appunto a San Bartolomeo in Galdo, provincia di Benevento. È questo il motivo per cui ho voluto dedicare questa ricerca al mitico campione di pugilato di origine italiana.

Maria Pasqualina Picciuto e Rocco

‹‹Forti, gentili e cortesi

Sono i cittadini abruzzesi.

Il lor campione è di origine Ripese 

Un vanto nazionale per il paese.

Il suo nome è Rocky Marciano

Che di Ripa ora è il volano.

Fisico roccioso e possente

Il pugno impetuoso e devastante.

Mitico, forte ed invitto

Solo il fato lo ha sconfitto.

Dopo una carriera favolosa

Or la sua anima in ciel riposa.

Oggi il paese per Lui è conosciuto

Commemorarlo ogni anno gli è dovuto››.

(Poesia di Lorenzo Di Lizio, marzo 2007, Omaggio al campione ripese).

‹‹L’America degli anni Cinquanta si connota come l’epoca del boom e del nazionalismo a oltranza. Uscita dal furore della guerra che l’aveva vista protagonista in Europa, dove ha lasciato parecchi figli, è alla ricerca di figure esemplari per rafforzare il senso di appartenenza. Rocky Marciano, figlio di immigranti italiani, cresciuto nel culto della famiglia, diventa in pochi anni il simbolo del bravo ragazzo che, attraverso il pugilato, da sempre trainante negli Usa, si pone al vertice di una società che ha bisogno di esempi positivi. La sua esplosione sul ring è lo specchio di ciò che vuole la gente. Un eroe invincibile. Se Joe Louis

Joe Louis

è stato per gli States il buon soldato che ha messo la sua abilità di campione a disposizione dei soldati in guerra, se Muhammad Alì(Cassius Clay, ndr)

Muhammad Alì

negli anni Settanta ha messo al tappeto il falso moralismo e le disuguaglianze tra bianchi e neri, Marciano ha fatto da spartiacque, nell’accettazione come americano a tutto tondo di un figlio dell’emigrazione, membro a pieno titolo della nuova patria. Lo ha fatto con i pugni e con il comportamento. Eroe imbattuto sul ring e fuori. Personaggio talmente popolare che, a distanza di oltre mezzo secolo dal suo ritiro, e 41 anni dopo la sua scomparsa, resta uno dei riferimenti assoluti nel mondo sportivo››.

(Dal libro Rocky Marciano l’invincibile di Orlando Giuliano, Ed. Lìmina – collana Storie e miti – Arezzo, 2011).

Il più grande peso massimo della storia?

C’era una volta l’America. Quella dei pugni e del ring, dove a farla da padrone erano gli italoamericani: uno di questi era il nostro grande Rocky, l’uomo che è entrato nella leggenda. Il più grande dei grandi! “The Rock”, la Roccia del Gran Sasso! Che Marciano sia probabilmente stato il più grande lo dice il suo strepitoso record: l’unico campione del mondo dei pesi massimi a ritirarsi imbattuto dopo 49 incontri.  Un primato mai eguagliato e raggiunto grazie alle sue eccezionali qualità di potenza, resistenza e spirito di sacrificio. Leggendo alcuni libri ho appurato che, pur essendo un peso massimo, non era alto (179 centimetri, la stessa misura di John Lawrence Sullivan, con cui infatti condivide il record di più basso tra i “re” della categoria), non era veloce, non era un tecnico; ed era abbastanza leggero (sfiorava gli 84 chili). Era consapevole di non possedere velocità o tecnica, per cui compensava queste lacune con una perfetta preparazione fisica, una grande potenza e una resistenza che non ha avuto eguali nella storia del pugilato, permettendogli di incassare pugni molto violenti che avrebbero messo ko chiunque e di rispondere colpo su colpo, finché il suo avversario non cedeva.

Qualche altra curiosità.  Si apprende che: camminava molto (per esempio percorrendo a piedi i settantacinque isolati che separavano la sua abitazione dalla palestra); mangiava sempre verdure; beveva pochissimo, e solo la sera; portava in tasca un vasetto di miele per addolcire il caffè; masticava grosse bistecche semicrude e la carne, invece di essere inghiottita, veniva sputata in una coppa sul tavolo. Hanno scritto che il suo gancio sinistro era da ‹‹elettrochoc›› e che era ‹‹un carro armato senza retromarcia››; man mano che incassava pugni aumentava la sua aggressività e diventava cattivo nel colpire. Era famoso anche per i colpi al corpo capaci da soli di mandare al tappeto gli avversari: gli valsero il soprannome di Brockton blockbuster (il bombardiere di Brockton, dal nome della cittadina del Massachusetts dove nacque nel 1923).  

Con il suo allenatore Charlie Goldman studiò una combinazione sinistro – destro (ovvero sinistro in gancio e destro diritto e corto) che battezzarono Suzi Quick, cioè “Suzi la veloce”(in onore, sembra, di una giovane infermiera  conosciuta da Rocky nel lontano 1943 in un pub di Cardiff, ndr), colpo che gli risolse diversi incontri. A dire del giornalista Red Smith, questo colpo «equivaleva al nono grado della scala Richter››. Ultima nota curiosa: dicono che sia stato uno dei pochissimi pugili ad allenare le pupille seguendo i movimenti di un pendolo che aveva appeso sul letto e che seguiva con la testa.

«Io posso battere chiunque»: questo era il suo grido di battaglia. Da professionista, una carriera senza macchie. Il suo palmares sportivo parla di 49 sfide, 49 vittorie (43 per kappaò, di cui 20 entro la terza ripresa), nessuna sconfitta, nemmeno un pareggio, solo in 6 sono riusciti a finire in piedi.

«Indistruttibile»: era questo l’aggettivo con il quale molti giornalisti sportivi lo definirono. Il presidente della provincia di Chieti, il senatore  Tommaso Coletti, in data 21 aprile 2007, l’ha descritto così: ‹‹Roccioso come il carattere della gente abruzzese, chiusa e orgogliosa ma rispettosa dei valori; come gran parte del territorio, difficile da attraversare  ma accogliente ed ospitale nei colori, nei sapori e negli odori;come la boxe, uno sport in cui le umili provenienze e lo spirito di rivalsa sono le condizioni essenziali per vincere››.

In  virtù di tutto ciò, nelle varie statistiche sportive il nostro campione figura sempre fra i primi quattro pesi massimi. Se sia stato veramente il più forte nessuno potrà mai stabilirlo, ma una cosa è certa: a oggi è l’unico pugile peso massimo rimasto imbattuto!  Eppure  ne ha incontrato di grandi, vedi JoeLouis, JoeWalcott, Ezzard Charlesed, Archie Moore. Molti esperti lo ritengono addirittura il miglior pugile della storia, superando grandi nomi come MikeTyson,

Mike Tyson

Muhammad Alì ed Jake La Motta

Jake La Motta

. Infine, riporto il parere di Rino Tommasi, giornalista, conduttore televisivo e telecronista sportivo, nonché uno dei maggiori esperti italiani di tennis e pugilato: ‹‹Lo sport in genere, e il pugilato non fa accezioni, propone ogni tanto un interrogativo affascinante nella stessa misura in cui non potrà mai avere una risposta certa e convincente. Chi è stato il migliore di ogni epoca? Nel caso particolare chi è stato il miglior peso massimo del mondo? Ora che Mike Tyson si è messo ko da solo, è  abbastanza facile restringere il campo a quattro nomi: Joe Louis, Muhammad Alì, Joe Frazier e Rocky Marciano. Ogni candidatura ha solidi argomenti a sostegno. Joe Louis ha dominato la categoria più a lungo di tutti. Alì è stato decisamente il più importante e famoso, Frazier esprimeva un’aggressività impressionante, ma Rocky Marciano è stato l’unico a concludere la carriera imbattuto con un record di 49 vittorie su altrettanti incontri. Marciano non aveva la velocità e la leggerezza di Alì, la completezza stilistica di Louis e nemmeno la ferocia e la determinazione di Frazier, ma aveva forza, solidità e coraggio per affrontare ogni avversario a viso aperto. Incassava e demoliva e alla fine era sempre lui a rimanere in piedi e vincitore››.

E pensare che quando nel 1947 (all’età di 24 anni) esordì nei professionisti,  diversi tecnici lo stroncarono asserendo che era troppo vecchio, corto e leggero, senza  stile  né finezza, senza allungo né equilibrio! Ecco le parole di Goody Petronelli (famoso allenatore): ‹‹Non ho mai pensato che avrebbe potuto farcela. Era troppo vecchio, quasi 25 anni. Era troppo breve, era troppo leggero. Non aveva portata››.    

Prima di proseguire una premessa

In questi ultimi decenni il mondo ha subìto e sta subendo continui mutamenti, che impongono nuovi modi di ragionare e di vivere (pensiamo solo a come l’elettronica è entrata prepotentemente nelle nostre abitudini). I mezzi di cui disponiamo per trasmettere informazioni hanno quasi dell’incredibile. E chi naviga in Internet può ottenere un’infinita quantità di dati con un semplice clic: come spiegano molti esperti, un mare di proporzioni tali in cui – per così dire – dobbiamo imparare a nuotare, ma senza affogare. Dobbiamo cioè essere molto selettivi e precisi. Durante questa ricerca sono incappato in numerose notizie contraddittorie che riguardavano entrambe le famiglie d’origine del nostro campione. Per questo, prima di proseguire, è d’obbligo fare alcune precisazioni, in modo che questo scritto possa essere un po’ più veritiero di tanti altri. Almeno lo spero.

a) Famiglia Marchegiano Dall’assessore allo Sport Gianluca Palladinetti del Comune di Ripa Teatina (provincia di Chieti) sono venuto a conoscenza che il cognome del padre di Marciano corrisponde a quello di Marchegiano (non Marcheggiano); che il nome di battesimo è Quirino (non  Pierino o Querino); che questi è figlio di Rocco  e non di Luigi,  come spesso mi è capitato di apprendere  da  numerosi siti Internet e da vari articoli giornalistici. (N.B. A onor del vero giova precisare che nel citato paese risiedono, tuttavia, alcuni parenti del campione che portano il cognome di Marcheggiano (per esempio  Sandro Marcheggiano,  conosciuto come Walter, cugino di Rocky, uno dei promotori della  realizzazione del monumento in bronzo a Marciano, inaugurato il 10 settembre 1990 a Ripa Teatina). Inoltre, il 7, 13 e 19 novembre 2012, da alcune conversazioni telefoniche con i  sigg. Sergio e Romano (impiegati presso l’ufficio Anagrafe del  Comune, ai quali per l’impegno profuso e per la pazienza  va  un doveroso e sentito  ringraziamento) ho  appreso che Rocco Marchegiano (nonno del campione, nato a Guardiagrele nel 1867)   in data 3 agosto 1893 ha sposato in Ripa Teatina Luisa Salvatore, ivi nata il 29 gennaio 1872. Dalla loro unione sono nati, entrambi a Ripa Teatina, due figli di sesso maschile: Quirino (padre di Rocky) il 20 aprile 1894 e Stefano il 4 agosto 1896. Essendo pertanto in possesso della sola data di nascita del nonno di Rocky, il 23 novembre 2012 ho contattato il Comune di Guardiagrele (provincia di Chieti). Dall’impiegata dell’ufficio Anagrafe, la signora  Sonia Tonin  –  alla quale va un sincero ringraziamento per la squisitezza e gentilezza  –  sono venuto a conoscenza delle generalità complete che risultano essere: Rocco Marchegiano, figlio di  Giuseppeantonio e di Giulia Capaldi, nato a Guardiagrele il 24 novembre 1867; risulta ammogliato  in data 3 agosto 1893 a Ripa Teatina in prime nozze con Luisa Salvatore e successivamente, sempre a Ripa Teatina nell’anno 1897, in seconde nozze con Filomena De Virgiliis. Questo è quanto risulta dalle annotazioni sul registro degli atti di nascita (a quei tempi, non esistevano le attuali schede anagrafiche che risalgono al 1930, data della loro istituzione). Con i nuovi dati in possesso, il 26 e 28 novembre 2012 ho ricontattato l’ufficio Anagrafe del Comune di Ripa Teatina. Grazie all’impiegato sig. Sergio ho appreso che Rocco Marchegiano (nonno del campione) il 25 febbraio 1897 a Ripa Teatina ha contratto il secondo matrimonio con Filomena De Virgiliis, nubile, 36 anni, nata a Ripa Teatina da Ulderico e Valente Maria. Da questa seconda unione sono nate tre figlie: Elisa il 19 gennaio 1898, Emilia il 22 aprile 1901 e Leda – Maria il 19 aprile 1904.  Purtroppo a quei tempi non esisteva il registro (l’Aire, ndr) per l’annotazione dei cittadini italiani residenti all’estero, per cui i menzionati impiegati Sergio e Romano non sono stati in grado di confermarmi l’eventuale trasferimento all’estero di un qualsiasi componente la famiglia di Rocco Marchegiano.

Ricapitolando il tutto, il nonno di Rocky Marciano ha contratto due matrimoni: dal primo – con Luisa Salvatore – sono nati due figli di sesso maschile (Quirino e Stefano, quindi fratelli), dal secondo – con Filomena De Virgiliis – sono nate tre figli di sesso femminile (Elisa, Emilia e Leda – Maria, quindi sorellastre).

b) Famiglia Picciuto Il 7 settembre 2012, con l’ausilio del sig. Michele Pizzi (anche a lui un caloroso ringraziamento), responsabile dell’ufficio Anagrafe del Comune di San Bartolomeo in Galdo (provincia di Benevento),  ho accertato sul registro dei nati nel 1902 che il giorno  di nascita di Maria Pasqualina Picciuto (la mamma di Rocky)  risulta essere l’8 gennaio 1902 mentre  il  registro dei battezzati riporta il  9 gennaio 1902. Evidentemente l’errore è stato quello di riportare sul registro dei battezzati, come data di nascita, il giorno della denuncia del padre, presentata appunto il 9 gennaio 1902.  

Di seguito riporto i documenti in questione:   

1) Registro nati anno 1902 Atti di nascita numero 16, Picciuto Maria Pasqualina. L’anno millenovecentodue, addì 9 di gennaio, a ore dodici e minuti 5, nella Casa Comunale:

Avanti a me Manginelli Salvatore Segretario Comunale, delegato con atto 20 dicembre 1895, Ufficiale della Stato Civile del Comune di S. Bartolomeo in Galdo, è comparso  Picciuto Luigi  Maria di anni 31, fabbro, domiciliato in S. Bartolomeo, il quale mi ha dichiarato che alle ore undici del dì otto del corrente mese, nella casa posta in Supportico Ferrara al numero 21, da Scrocca Maria Concetta, casalinga sua moglie, secolui  convivente, è nato un bambino di sesso femminile che egli mi presenta, e a cui dà il nome di Maria Pasqualina. A quanto sopra e a quest’atto sono presenti quali testimoni Cifelli Annantonia fu Mattia, di anni 61, contadina, e Mansolino Domenico fu Vincenzo, di anni 27, contadino, entrambi residenti in questo Comune.

Letto il presente atto agl’intervenuti è stato sottoscritto da me e dal dichiarante essendo gli altri analfabeti. Picciuto Luigi Maria e Manginelli Salvatore.

2) Registro battezzati anno 1902  Pagina 201 del 14 Gennaio. Angelo Gabriele economo di questa Chiesa Collegiale Curata di San Bartolomeo in Galdo – sotto il Titolo di S. Bartolomeo Apostolo – ho battezzato un infante nato il di 9 gennaio 1902, figlio dei coniugi Picciuto Luigi e di Concetta Scrocca, al quale si è imposto il nome di Maria Pasqualina. La comare è stata Marianna D’Onofrio fu Pasquale.

Sempre da accertamenti visivi effettuati nel predetto ufficio Anagrafe, è risultato che la famiglia Picciuto era composta da altre 7 persone, per un totale quindi di 8, tutti nativi di San Bartolomeo in Galdo, e precisamente:

1) dal padre Luigi Maria Picciuto;

2) dalla madre Maria Concetta Scrocca;

3) dalla figlia Carmela, nata il 20 ottobre 1897, in via Pia;

4) dal figlio Michele, nato l’1 ottobre 1899, in vico Lungo Paradiso, 194;

5) dal figlio Giovanni, nato il 3 luglio 1906, in via Montauro;

6) dalla figlia Ermelinda, nata l’11 settembre 1911, in via Montauro 24;

7) dal figlio Edoardo, nato il 25 marzo 1916.

N.B. Non me ne vogliano quindi i vari articolisti e  giornalisti – che successivamente verranno citati – i quali, attraverso vari siti Internet, giornali e riviste, hanno riportato notizie alquanto dubbie per non dire inventate di sana pianta (fra tutti vedi, per esempio, William Anderson) che nel numero 104 del settimanale Europeo del 4 ottobre 1958, a  pag. 20, cita il cognome del nostro campione come Marcheggiano; che è nato nel 1924 (e non nel 1923); che è passato professionista nel 1948 (mentre il suo primo incontro avvenne il 17 marzo 1947); che suo padre era emigrato negli Stati Uniti d’America nel 1915 (risulta il 14 marzo 1912). Tanto per l’esattezza.

Con l’augurio quindi di essere riuscito con queste premesse a chiarire qualche dubbio sulle famiglie in argomento – almeno per quanto riguarda la loro anagrafe – procediamo con il nostro racconto.

Le navi della speranza nella “porta del Paradiso”

«Tenetevi, antiche terre, i fasti della vostra storia. Datemi coloro che sono esausti, i poveri, le folle accalcate che bramano di respirare libere, i miseri rifiuti delle vostre coste brulicanti; mandatemi chi non ha casa, squassato dalle tempeste, sollevo la fiaccola accanto alla porta d’oro!››. (‹‹Keep, ancient lands, your storied pomp. Give me your tired, your poor, your huddled masses yearning to breathe free, the wretched refuse of your teeming shore, send these, the homeless, tempesttost to me, lift my lamp beside the golden door!»).

Questa è la parte finale di un sonetto dal titolo The New Colossus (Il Nuovo Colosso), scritto dalla poetessa americana EmmaLazarus,  riportato su una targa  di bronzo che ho avuto la fortuna di leggere personalmente nel dicembre 1998 all’interno della Statua della Libertà posta a Liberty Island, l’isola sita a poche centinaia di metri da Manhattan (New York) che fu  sede dell’ImmigrationStation, dove transitarono circa 12 milioni di immigrati diretti negli Stati Uniti.

Statua della Libertà New York (USA)

La statua, soprannominata “LadyLiberty”,misura 93 metri di altezza e 46 metri di larghezza; la scultura è opera di Frederic Auguste Bartholdi, mentre la struttura metallica è di Gustav Eiffel, il creatore dell’omonima torre parigina. Raffigura una donna che indossa una toga, porta una corona e sorregge con la mano destra una fiaccola (simbolo del fuoco eterno della libertà) e, nell’altra, stringe un libro recante la data del 4 luglio 1776 (anno dell’indipendenza americana); ai piedi vi sono delle catene spezzate (simbolo della liberazione dal potere del sovrano dispotico) e in testa spicca una corona, le cui sette punte rappresentano i sette mari e i sette continenti. La statua venne donata dalla Francia agli Stati Uniti per il festeggiamento del centenario dell’indipendenza e fu, infatti, inaugurata nel 1886. Nel 1924 divenne monumento nazionale insieme all’isola sulla quale è posta.

«Trenta dollari e si parte».

Era questo lo slogan dei “procacciatori di emigranti” che a partire dalla fine dell’Ottocento battevano le campagne alla ricerca di povera gente che, per sfuggire alla fame, abbandonavano i loro  paesi in  cerca di fortuna nel Nuovo Mondo (America del Sud, prima, quella del Nord successivamente).

Ad emigrare era soprattutto gente del Sud. Tra le cause, «la politica protezionistica dei gruppi agrari industriali del Nord, che provocò la crisi dell’agricoltura meridionale, che trovava in tal modo una enorme difficoltà a collocare all’estero i suoi prodotti, creando in tal modo una enorme disoccupazione››. Contadini, operai, artigiani, gente che ha perduto tutto, che non ha altro da offrire sul mercato se non la propria capacità di lavoro, la propria inventiva, la propria voglia di emergere. Gente costretta a emigrare verso terre assaje luntane (per usare vocaboli di una famosa canzone napoletana, ndr), in cerca di quella fortuna che in patria ostinatamente si nascondeva o si negava.

Emigrazione inizi ‘900

Cause determinanti, quindi, risultarono la miseria, la mancanza o la scarsezza del raccolto, il caro dei viveri, la gravezza dell’imposta fondiaria, il desiderio di non perdere tre anni nel servizio militare di leva. Emigrarono – in ordine decrescente – terraioli, contadini, braccianti, muratori, scalpellini, facchini, artigiani, domestici. Destinazioni preferite furono gli Stati Uniti (New York, Filadelfia, Boston), l’Argentina (Buenos Aires e Rosario), il Brasile (S. Paolo e Rio de Janeiro), e poi Africa, Canada e altri Paesi europei (Francia, Svizzera). La fame è fame, per cui la corsa all’imbarco fu affannosa: c’era chi vendeva, chi faceva debiti, perfino chi rubava per riuscire, loro malgrado, ad ingrossare le file “dei venditori di bracce” all’estero.

Fonte: elaborazione su dati M.A.I.C., Direzione Generale di Statistica, Roma. Da Arpaise, Storia di una comunità del Sannio di Napolitano V. & Zaccaria A.M., Edizioni Realtà Sannita 1966:  ‹‹Nella  provincia di Benevento nel circondario di San Bartolomeo in Galdo (che comprendeva anche i mandamenti di Baselice, Castelfranco, Colle, Santa Croce di Morcone e San Giorgio la Molare, ndr), l’emigrazione media annua nel decennio 1905-1914 fu di 1.651 partenze, per un totale generale, quindi, di 16.510››.

N.b. Il circondario di San Bartolomeo in Galdo fu   abolito, come tutti i circondari italiani, nel 1927 nell’ambito della riorganizzazione della struttura statale voluta dal regime fascista. Tutti i comuni che lo componevano rimasero nella provincia di Benevento. Fonte: elaborazione Cresa su dati forniti da Cesare Jarach, Inchiesta Parlamentare, Roma, 1909 («L’emigrazione della provincia di Chieti solo verso gli Stati Uniti, nel periodo 1901-1905, raggiunse 37.790 unità»).

L’affannosa corsa, seppur con un lieve rallentamento, durò anche negli anni successivi: dal mitico molo Beverello di Napoli, per tanti  e tanti anni ancora, continuavano  a partire e bastimente peterre assaje luntane,  i “bastimenti della speranza” . In uno di questi  trovarono posto  anche i futuri  genitori del nostro grande pugile.

Nota Bene Chi scrive ha un vivido ricordo di quei tempi: «Io c’ero», potrei affermare … Avevo 18 anni e a volte con gli amici giravamo  in piazza Garibaldi, scrupolosamente in senso antiorario, intorno ü gigljë, come dicevano gli anziani (anche se la fûntänë non c’era più), con enormi cappelli in testa e vistosissime mantelle nere. Vicino alla rampa che conduceva al bar GrottaAzzurra di Amedeo (alias zuppera) – da poco rientrato dal Venezuela – c’era un negozio con una grossa targa azzurra su fondo bianco con la scritta FlottaLauro, i nuovi bastimenti che da Napoli, sempre dal molo Beverello, partivano per le Americhe, stracarichi di emigranti. C’era sempre fila davanti a questa sorta di agenzia viaggi gestita da Antonio Lupo – û märësciàllë, come recitava il suo soprannome – e successivamente  da Gustavo Bibbò: i tanti emigranti sanbartolomeani erano diretti, a bordo della mitica Surriente, quasi tutti verso il Venezuela, il nuovo Eldorado, la ricca terra promessa. Tutto questo accadeva nel 1955. Prima della seconda guerra mondiale, nella anni Trenta e Quaranta, al civico 63 di corso Roma c’era un banco lotto, con annesso un ufficio viaggi gestito dalla famiglia Agostinelli, anche questo era molto gettonato. In questo caso, ovviamente, non posso dire «Io c’ero»: sono informazioni che ho recepito da amici più che novantenni.                            

                    Ma lasciamo i ricordi e torniamo alla nostra storia

a)  Notizie sulla famiglia Marchegiano

1) Ecco cosa scrive Ermanno Salvatore in data 3 febbraio 2009 sul mensile di turismo e cultura Vivere la Marsica: ‹‹La storia di “Rocco Francis Marchegiano” che poi si chiamerà Rocky Marciano è quella di tanti emigranti italiani, vissuti nella miseria, ma conquistatisi poi il successo. Il padre Pierino (sic) Marchegiano partì nel 1920 (sic) da Ripa Teatina, un piccolo paese in  provincia di Chieti, per cercare fortuna negli Usa. Arrivò ad Ellis Island il 26 maggio del 1920, aveva 26 anni, non era sposato. Agli uffici dell’immigrazione americana dichiarò di essere un bravo shoemaker ed infatti andò a lavorare in una fabbrica di scarpe di Brockton a poche miglia da Boston, nel Massachusetts, ove alloggiò al n. 108 di Wall Street››. N.b. La notizia dell’arrivo il 26 maggio del 1920 non dovrebbe corrispondere al vero; è vero che in tale data aveva  26 anni  (è nato il 20 aprile 1894, ndr), ma è arrivato ad Ellis Island il 28 marzo 1912 (quindi aveva quasi 18 anni). Inoltre è noto  che Quirino (non Pierino) Marchegiano, ha svolto il militare sotto l’esercito americano nella Prima guerra mondiale, come specificato nelle righe successive.

2) Dario Torromeo, autore del libro I dodici giganti (ed. Libri di Sport, Bologna 2003): ‹‹Pierino (sic) Marchegiano viene da Ripa Teatina in Abruzzo. È piccolino appena 1.60. Vive a Brockton, una cittadina di sessantamila anime a sud di Boston. Fa il fabbro come il papà, poi  diventa calzolaio. Durante la Prima guerra mondiale è con il II Marines. Il gas a Chateau Tierry in Francia, gli entra nei polmoni e  gli mina la salute››. N.b. Non dice quando raggiunse gli Stati Uniti, se da solo o con il padre, ma chiarisce che aveva servito l’America facendo il servizio militare di stanza in Europa durante la Prima guerra mondiale. Di conseguenza, quanto afferma nel precedente punto Ermanno Salvatore (che riferisce di un arrivo in America nel 1920) non dovrebbe  essere esatto. E poi: siamo sicuri dei 60mila  abitanti di Brockton?

3) Dal sito abruzzoemigrazione.it, articolo Il destino dei guanti, Rocky Marciano di Generoso D’Agnese: ‹‹Tutto questo non lo poteva certo prevedere nonno Rocco Marchegiano quando si imbarcò alla volta degli Stati Uniti. Erano gli ultimi anni dell’Ottocento, anni in cui l’Abruzzo perse la gran parte  delle sue migliore braccia. Anche nonno Rocco intraprese il grande viaggio in cerca di uno spicchio di felicità. Partì da Ripa Teatina e arrivò a Brockton, seimila residenti nelle immediate vicinanze di Boston. Non è il West, ma una piccola comunità industriale del Massachusetts, però è già tanto per chi ha lasciato la miseria alle sue spalle. La famiglia Marchegiano visse con dignità in questo piccolo centro americano››. E più avanti: ‹‹Il padre Pierino (sic) reduce sfortunato dalle trincee della Prima guerra  mondiale  fu costretto e ripiegare sul lavoro di ciabattino››. N.b. Tanti interrogativi in questo breve articolo. Per quanto concerne la popolazione   di Brockton, che nel 2010 conta 93.810 abitanti: nel punto  precedente (n.2) 60mila  abitanti, in questo (n.3) seimila  residenti. Chi dice la verità? E poi: quando partì  nonno Rocco? Quando partì la seconda moglie? Quando partì Quirino (non Pierino, ndr)?

Brockton (USA)

4) – Dal Sole 24 Ore  del 24 settembre 2008, articolo di Dario Ricci nello spazio dedicato allo sport, Dall’Abruzzo a New York, una mostra ricorda il mito Rocky  Marciano: ‹‹Ellis Island, l’isolotto di fronte a New York dove nel 1892 le autorità americane hanno costruito l’Immigration Station, che accoglie gli emigranti che sbarcano dai transatlantici provenienti da ogni parte d’Europa, è la porta del Paradiso e l’anticamera dell’Inferno. Qui a 17 anni proveniente da Ripa Teatina, paesino in provincia di Chieti, sbarca Querino  (sic) Marchegiano, professione calzolaio. Qui , 4 anni dopo, nel 1916, arriva Pasqualina Picciuto, 15 anni, da San Bartolomeo in Galdo, vicino Benevento. Tra gli stenti, le sofferenze, il coraggio, le vicissitudini a tanti immigrati in terra americana in  quegli anni, Querino (sic) e Pasqualina si incontrarono a Brockton, vicino Boston, Massachusetts››. N.B. Quando è arrivato Quirino? Dario Ricci non specifica la data. Scrive che la sua futura moglie  – Maria Pasqualina Picciuto –  è arrivata nel 1916 (4 anni dopo); facendo la sottrazione dovrebbe essere 1912. Maria essendo nata l’8 gennaio 1902, aveva 14 anni.

5) – Bartolo Iossa (docente di filosofia nonché grande studioso e storico del pugilato),  nell’articolo  La vita di Rocky Marciano tratto dalla rivista 60 anni di ring ( ed. 2007)   scrive: ‹‹Rocco Francis Marchegiano nacque a Brockton, nel Massachusetts, il 1º settembre 1923. La madre, Pasqualina, era giunta in America nel 1916, il padre, Querino, dopo la Prima guerra mondiale››. N.b. Sono d’accordo per la madre, ma per il padre ho qualche dubbio: cosa vuol dire dopo la Prima guerra mondiale? Dopo il 1918? Se non erro è arrivato prima il padre Quirino (non Querino)  nel 1912 e poi appunto la madre Pasqualina nel 1916.

6) Dal sito Ancestry.it, La storia di Rocky Marciano, 10 dicembre 2008: ‹‹Marciano era di origine abruzzese. Il padre Pierino (sic) Marchegiano partì nel 1920 (sic) da Ripa Teatina, in provincia di Chieti, per cercare fortuna in Usa. Operaio in una fabbrica di scarpe conobbe e sposò Pasqualina Picciuto figlia di Luigi Picciuto un fabbro napoletano (sic)››. N.B. Et voilà, in un fazzoletto di testo, tre inesattezze.   

7) Dal “periodico semestrale” Ripa Teatina il mio paese, edizione luglio 2007, ecco uno stralcio dell’articolo di Katia Di Lizio  dal titolo Ancora Rocky il privilegio dei pugni: ‹‹Il papà di Rocco, classe1894, già calzolaio in  Ripa Teatina e reduce della “grande guerra”, si risolse a lasciare il paese natio nel secondo decennio del secolo. […] Pierino (sic) si stabilì a Brockton, città manifatturiera dello stato del Massachusetts dove, mettendo a frutto la competenza professionale acquisita in Italia, trovò impiego presso un calzaturificio. Nell’estate del 1921 sposò Pasqualina Picciuto, anch’essa un’immigrata italiana di origini partenopee. Il loro primo figlio morì il giorno stesso della nascita lasciando i genitori profondamente affranti. Il 1º settembre 1923 nacque Rocco […] Ma le avversità non accennavano a diminuire per i Marcheggiano (sic). Infatti  con la nascita di altri 4 figli, le entrate garantite dal solo stipendio di papà Pierino (sic) erano ormai divenute insufficienti al fabbisogno familiare […]››. N.b. Anche per la Di Lizio mi permetto qualche appunto. Se non erro il papà del pugile  Rocky  Marciano non si chiamava Pierino, bensì Quirino; il suo cognome è Marchegiano (non Marcheggiano);  dopo Rocky  nacquero  altri 5 figli (non 4, ndr), Alice, Connie (Concetta), Betty (Elizabeth), Louis detto Sonny  (Luigi) e  Peter (Pietro); la mamma di Rocky Marciano era nativa di San Bartolomeo in Galdo (provincia di Benevento)  e si chiamava Maria Pasqualina Picciuto.  Inoltre, accertato che Quirino giunse in America il 28 marzo del 1912, mi sembra impossibile che fosse  già reduce della “grande guerra”, anche  perché  assolse il servizio  militare  per gli Stati Uniti d’America con il “II Marines”di stanza in Francia, durante tale guerra.  Una chiarificazione per quanto sopra In data 30 novembre 2012 la sig.ra Katia Di Lizio, da me interpellata telefonicamente, in merito al suo articolo ha dichiarato: ‹‹Non mi prendo nessuna responsabilità di quanto scritto, sia sulla veridicità sia sull’esattezza, in quanto le notizie da me riportate sono state riprese da altri scritti. Tanto per essere precisi!››.

8) Dalla rivista 60 anni di ring, ed. 2007, ecco il racconto di Valeria De Cecco in merito a Querino (sic)  da Ripaleotina: ‹‹New York, giovedì 28 marzo 1912.[…] Nella Registry Room di Ellis Island, si accalcano 1.800 emigranti. Sono i passeggeri sbarcati dalla terza classe del Canada, vapore francese varato appena un anno prima, proveniente da Napoli. Querino (sic) Marchegiano, aspetta il suo turno, seduto su una delle panche davanti agli Inspection Dersks. Il suo viaggio è iniziato il 14 marzo. Ha 17 anni, la stessa età degli amici Raffaele Falcone, Giuseppe Giampaolo e Donato De Marco. Con loro c’è anche Paolo Masci, 23 anni, il più vecchio e forse la guida della compagnia. Sono tutti e cinque di Ripa Teatina[…]. Il numero che gli assegna l’ispettore dell’immigrazione è il 1024. Il suo nome è a pagina 104, lista 42, riga 10, ultimo dopo quello dei suoi amici. È seduto da ore su quella panca e, forse, non si è mai sentito stanco. Quando arriva il suo turno si emoziona […] Ma a Querino (sic) non importa. Lui sa di poter aspirare a una buona paga, a un impiego regolare, perché un mestiere ce l’ha. L’ispettore dell’immigrazione lo riporta con cura, senza errori, sulla colonna 6 del registro: shoemaker, calzolaio. E poi lui sa leggere e scrivere, è l’unico del gruppo oltre a Paolo Masci. Una rarità a quei tempi in un’Italia contadina e per la maggior parte analfabeta. […] Querino (sic) continua a rispondere all’ufficiale dell’immigrazione. Una parola fuori luogo, un errore, possono, trasformarsi in lunghi giorni di quarantena sull’isola Ellis, oppure in un umiliante viaggio di ritorno a casa. In una Ripa svuotata dall’emigrazione. In un’Italia su cui già si addensano le nubi della Prima Guerra Mondiale. Colonna 11. Il nome del parente o dell’amico più vicino che hai al paese? Mio zio Daniele Salvatore, risponde Querino (sic). Gli altri scandiscono il nome del  padre. Colonna 18. Vieni a raggiungere qualcuno in America? Chi? Mio cugino Silvio Farina. E dove sta? A Brockton, Massachusetts. E ce l’hai il biglietto per la tua destinazione finale? Sì. Ce l’avevano tutti, ma il loro viaggio comune, la loro vita di gruppo sarebbe finita quel giorno. […] L’ufficiale  continua a squadrarlo in silenzio e scrive. Condizioni mentali e fisiche: buone. Deformità: no. Altezza: 5 piedi e 5 pollici, equivalente a un metro e 65. Capelli neri. Occhi castani. Segni particolari: nessuno. Querino (sic) lo guarda, non capisce, trattiene il fiato fino alla colonna 29. Dove sei nato? Italia, Ripa Teatina. Un timbro sul passaporto segna il momento della liberazione. Querino (sic) finalmente respira. Si sente stordito. Ma è felice. L’America gli ha spalancato il cancello, può andare a salutare gli amici prima di perdere le tracce tra le infinite opportunità degli States. Il nome di Ripa Teatina resta sul registro tutto attaccato Ripateatina. Ripaleotina, diventerà nelle trascrizioni ultime, velandoci fino ad oggi la sua storia come quella di migliaia di altri italiani, condannati all’oblio dalla cattiva grafia degli ufficiali dell’immigrazione››. N.b. I miei più vivi complimenti alla giornalista Valeria De Cecco. Avrei  preferito, però, che chiamasse il padre di Rocky col suo vero nome cioè Quirino e non Querino. Si è fidata forse del nome che ha trovato trascritto nel sito Internet di Ellis Island? Sappiamo benissimo che chi prendeva nota negli ingressi, per difficoltà di capire la lingua altrui, spesso storpiava i nomi: vedi ad esempio, nel nostro caso, Quirino in Querino e Ripa Teatina in Ripoleotina o Ripateatina. Come mai Quirino alla domanda ‹‹Il  nome del parente o dell’amico  più vicino che hai al paese›› risponde zio Daniele Salvatore (il fratello di mamma Luisa, ndr)? Che fine ha fatto il padre dopo aver sposato in seconde nozze  Filomena De Virgiliis?  Era già emigrato negli Stati Uniti? Come mai allora dichiara di andare da suo cugino Silvio Farina?

Cerchiamo  ora, nel limite del possibile, di mettere un po’ d’ordine e di raccontare  le origini e la storia della famiglia Marchegiano. Abbiamo  appurato che la famiglia era di origine abruzzese e proveniva da Ripa Teatina, paese della provincia di Chieti. A quei tempi anche la regione Abruzzo, come la Campania, era un buon serbatoio di emigranti; basti pensare che ‹‹solo verso gli Stati Uniti raggiunsero, dal 1906 al 1910, le 158.571 unità, e dal 1911 al 1915 le unità furono 122.252 , per un totale, in 8 anni, di 280.823››  (Fonte: da elaborazione Cresa su dati forniti dall’Istat, Annuario Statistico Immigrazione Italiana, 1876-1925). Rocco Marchegiano (futuro nonno di Rocky), figlio di Giuseppeantonio e Giulia Capaldi, nasce nel Comune di Guardiagrele (provincia di Chieti) il 24 novembre 1867. Il 3 agosto 1893, all’età di 25 anni  nel Comune di Ripa Teatina (provincia di Chieti) sposa Salvatore Luisa, di anni 21, nata a Ripa Teatina il 29 gennaio 1872. Dalla loro unione nascono  a Ripa Teatina due figli maschi: Quirino (il futuro padre di Rocky)  il 20 aprile 1894 e Stefano il 4 agosto 1896. La vita sembrava sorridere ai piccoli  Quirino e Stefano che crescevano vispi ed allegri; improvvisamente, però, la cara  mamma Luisa “salì in cielo”, per cui nel 1897 papà  Rocco, rimasto vedovo, si unì in seconde nozze, sempre a Ripa Teatina, con Filomena De Virgiliis, nubile, di anni 36, che lo rese felice con la nascita di  altre tre figlie,  Elisa (19.1.1898), Emilia (22.4.1901) e Leda – Maria (19.4.1904).

Non oso immaginare la vita di questi due fratellini ritrovatisi nel giro di pochi anni di vita con una nuova mamma e per giunta, in meno di sei anni, con l’arrivo di tre sorellastre. Purtroppo sono i casi della vita, ma essendo per natura ottimista spero  fermamente che con la nuova mamma abbiano avuto una felice e spensierata infanzia. Fatto  sta che nel 1912 Quirino decide di lasciare il proprio paese per trasferirsi negli Stati Uniti d’America in cerca di fortuna. Era  appunto il 14 marzo quando dal molo Beverello di Napoli si imbarcò sul vapore francese “Canada”. La traversata dell’oceano Atlantico durò 14 giorni. Il 28 marzo approdò in terra americana e fu sbarcato ad Ellis Island, l’isolotto di fronte a New York  dove venivano censiti gli emigranti:

Ellis Island

mancavano 23 giorni al compimento del suo diciottesimo anno.  Con  chi viaggiò Quirino? I genitori partirono con lui? Credo proprio di no. Infatti dai registri di sbarco risulta che intraprese il lungo viaggio senza genitori, ma in compagnia di quattro amici. Siamo proprio sicuri di questa affermazione? Certo. È sufficiente collegarsi con il sito www.ellisisland.org e seguirne le istruzioni: inserire  nome, cognome, l’anno di  nascita  e il sesso della persona che ci interessa e, con un semplice clic, appare la risposta (nel nostro caso compare la scritta ‹‹Querino Marchegiano, Residenza Ripoleatina, Italia, Arrivato 1912, Età 17››). Lo stesso percorso vale anche per gli amici Donato De Marco, Raffaele Falcone, Giuseppe Giampaolo e Paolo Masci: tutti sbarcarono nel 1912. Incoraggiato dal successo ho provato anche con i nomi di Rocco Marchegiano (padre)  e  Filomena De Virgiliis  (la seconda mamma, ndr);  purtroppo questa volta la ricerca sul sito, nonostante i dati completi avuti dall’anagrafe del comune di Ripa Teatina, non ha avuto successo. Il motore di ricerca cita un Rocco Marchegiano di anni 38, nato nel 1868 e arrivato  negli Stati Uniti nel 1906, ma da San Vito Chietino (provincia di Chieti). Vuoi vedere che si era trasferito in questo paese dopo il secondo matrimonio?

Per sciogliere questo dubbio mi sono messo in contatto con il Comune. Il 28 novembre 2012, dal sig. Attilio, impiegato presso l’ ufficio Anagrafe, sono venuto a conoscenza che il Rocco Marchegiano partito per gli Stati Uniti nel 1906 era nato a San Vito Chietino il 18 giugno 1867 e pertanto non risulta essere il nonno del nostro campione (che come sappiamo era nato invece a Guardiagrele  il 24 novembre 1867). Trattasi quindi di omonimia. Peccato. Dopo lo sbarco dove si recò Quirino? Non lo sappiamo. Come abbiamo già riferito, Valeria De Cecco nel suo scritto asserisce che si recò da un suo cugino, certo Carlo Farina, che abitava nella cittadina di Brockton. Infatti, a dire di diversi biografi, lo ritroviamo, non si sa se unitamente ai propri genitori, nel Massachusetts, appunto in quel di Brockton, e qui, nel 1916 (altri 1919) conobbe la famiglia di Luigi Picciuto.Quando vide per la prima volta Maria Pasqualina, le cronache ci raccontano che fu subito vero amore e il loro matrimonio avvenne proprio in questa località nella chiesa di St. Patrick l’8 agosto del 1921, e per circa dieci anni (fino al 1930) vissero unitamente con la famiglia di Luigi Picciuto, suocero di Quirino. Il breve racconto sulle origini della famiglia Marchegiano è giunto al termine; con la speranza di essere riuscito a fare un po’ di chiarezza su certe notizie molte dubbiose, proseguiamo ora con la famiglia Picciuto.

b) Notizie sulla famiglia Picciuto   

1) Ecco cosa scrive Ermanno Salvatore il 3 febbraio 2009 sul mensile di turismo e cultura Vivere la Marsica: «Pasqualina Picciuto, una giovane  ragazza nata a San Bartolomeo in Galdo in provincia di Benevento, aveva  solo quindici  anni (sic) quando lasciò  il paese salutando  in lacrime la madre  Concetta. S’imbarcò a Napoli, su una nave tutta italiana la Duca degli Abruzzi che poteva imbarcare fino a 1.850 passeggeri. Il piroscafo tolse gli ormeggi  nella notte del 16 Ottobre 1916, arrivò a New York il 4 novembre. […] Quella mattina ad attendere Pasqualina sulla banchina del porto c’era il padre Luigi che non vedeva l’ora di riabbracciarla. Luigi aveva 45 anni ed era arrivato in America il 3 giugno dello stesso anno, anche lui attraversò l’oceano a bordo del Duca degli Abruzzi. Padre e figlia andarono a vivere a Bedford in Pennsylvania da un compaesano che si chiamava Catullo Angelo. Passano alcuni anni,  padre e figlia si trasferiscono nel Massachusetts e la ragazza conosce Pierino (sic) Marchegiano, arrivato in America qualche anno dopo  (sic) di lei.  I due si sposeranno  nel 1922 (sic) nella chiesa di Brockton ed andranno ad abitare al n. 80  di Brook Street. […] A Brockton nacque anche il primogenito (sic), al quale fu messo il nome del nonno che si chiamava Rocco. Rocco Francis Marchegiano nacque un anno dopo il matrimonio (sic) di Pierino (sic) e Pasqualina, era il 1º settembre del 1923, quel bambino era destinato a diventare un mito[…] ». N.b. In merito a quanto su riferito da Ermanno Salvatore, mi preme fare qualche appunto:

a) Il matrimonio quando e avvenuto? Sembra impossibile nel 1922, in quanto il primogenito nacque morto (nel 1922);  di conseguenza Rocco (nato nel 1923) è stato il secondo figlio, per cui il matrimonio avvenne l’8 agosto 1921;

b) Accertato che Pasqualina è giunta negli Stati Uniti  nel 1916, Pierino (sic) non è arrivato qualche anno dopo, bensì qualche anno prima! (Infatti è arrivato nel 1912, ndr);

c) Non  si cita la data di nascita di Pasqualina, ma essendo nata del 1902 (8 gennaio) aveva 14 anni e non 15 come citato nell’articolo;

d) Se non erro il piroscafo Duca degli Abruzzi nel 1916 era fermo. Dalla pagina dedicata alle vecchie navi a vapore del sito www.agenziabozzo.it: ‹‹Il piroscafo Duca degli Abruzzi fu varato il 5 maggio 1907. Il 4 febbraio 1908  fece il viaggio inaugurale sulla rotta Genova-Napoli-New York, seguendo questa tratta per tre anni. L’ultimo viaggio su questa rotta iniziò a Genova il 22 novembre 1911. Tenuto in disarmo durante la Prima  guerra mondiale, il 28 novembre 1918 riprese i viaggi Genova – New York. Il 23 maggio 1922 partì per l’ultimo viaggio Genova – Napoli – Messina – New York. Al ritorno riprese a percorrere la rotta Genova-Napoli-Sud America sino al momento del suo disarmo definitivo, avvenuto nel 1929. Nello stesso anno fu mandato alla demolizione››.

2) Dalla Rivista della provincia di Benevento (anno XXVIII n. 2/2008), articolo di Antonio De Lucia Pugni povertà e migranti: la rabbia esplode sul ring. A pagina 17  campeggia un pannello con la foto in rilievo del pugile Rocky Marciano,  a fianco la foto di  Mamma Pasqualina che recita:  Pasqualina Picciuto nasce a San Bartolomeo in Galdo il 9 gennaio (sic)1902 al Supportico Ferrara, 21, il  14 novembre del 1914 (sic) sbarcò a Ellis Island, nel 1921 Pasqualina Picciuto sposa Querino  (sic) Marchegiano  abruzzese di Ripa  Teatina. N.b. Non c’è male come notizia! Con un semplice clic abbiamo trovato forse diverse inesattezze: Pasqualina nasce l’8 gennaio; sbarca il 4 novembre 1916; il consorte si chiama Quirino.

3) Nell’articolo Querino da Ripaleotina  e Pierina la greca  riportato dalla rivista  60 anni di Ring (ed. 2007), Valeria De Cecco asserisce: ‹‹[…] La sua amata si chiama Pasqualina Picciuto. La memoria dei paesani dice che viene da Napoli e che è sbarcata a Ellis Island nel 1916. I registri dell’Immigration Office annotano l’arrivo di una Pasqualina Picciuto, il 4 novembre del 1916. La  parola Greca, che deborda dalla riga superiore del foglio numero 85 copre quasi del tutto la scritta Italia così i motori di ricerca del web la restituiscono con nazionalità greca. Invece è proprio lei: ha 15 anni (sic), non sa né leggere, né scrivere ed è nata a San Bartolomeo in Galdo, in provincia di Benevento, Italia. È alta 5 piedi e 11 pollici, un metro e 49 centimetri, ha capelli e occhi castani […]. A casa ha lasciato mamma Concetta e in America l’aspetta il padre Luigi […]. Che ci si creda o no, il destino a volte manda dei segnali e a Pasqualina quel giorno lì mandò. Su quel foglio numero 85, lista 129, il suo nome compare alla riga 10, la stessa che aveva accolto il nome di Querino (sic) quattro anni prima. La nave che l’aveva sbarcata nel porto di New York si chiamava Duca degli Abruzzi (sic) […].

Lei viaggiava sola e in quattordici giorni di navigazione c’è tutto il tempo per coltivare amicizie, complice un dialetto reso comprensibile dalla comune appartenenza  al Regno di Napoli, prima dell’Unità d’Italia […].  Della vita di Pasqualina conosciamo solo briciole: sposa Querino (sic) nell’estate del 1921 e il primo dei suoi cinque (sic) figli muore il giorno stesso della nascita. Il secondo arriva il primo settembre del 1923. Si chiamerà Rocco e libererà lei e Querino (sic) dall’oblio in cui li aveva sepolti la grafia degli ufficiali dell’immigrazione››. N.b. Mi  permetto qualche  appunto:

a) L’età  dovrebbe essere 14 anni;

b) L’articolo ha per titolo Pierina la greca  e non Pasqualina?;

c) Riporta (erroneamente?)  la nave Duca degli Abruzzi (vedi precedente punto 1)

d) Il vero nome è Quirino;

e) Parla di 5 figli, invece risultano essere 7: il primo morto il giorno della nascita (1922), poi Rocco Francis, Alice, Connie, Betty (Elisabeth), Louis detto Sonny e Peter.

Infine, riporto a onor di cronaca quanto ha dichiarato Linda Picciuto, residente negli Stati Uniti d’America, nipote di Maria Pasqualina Picciuto, tramite una e-mail  inviata il 3 settembre 2010:

‹‹La storia della famiglia Picciuto che inizia a San Bartolomeo in Galdo, come io la capisco ve la spiego. Luigi Picciuto venne in America con la moglie M. Concetta Scrocca nell’anno 1919. Tutta la famiglia venne insieme con la cugina Lucia Lupo, che era la sorella di Ferdinando Lupo. La madre era la sorella di M. Concetta Scrocca. Tutti i figli di Luigi sono nati a San Bartolomeo in Galdo. La prima figlia era Carmela, dopo Pasqualina, Giovanni (mio padre che nacque il 7 Luglio 1907), dopo Michele e Ermalinda. C’era anche un altro giovane figlio che morì in un incidente stradale in Bridgeport, Connecticut, poco dopo che era venuto dall’Italia. Si chiamava Nicola e credo che era uno dei gemelli. Questo  è un po’ vago per me e non lo so se è esatto. E per questo la famiglia si trasferì a Brockton, Massachusetts. Purtroppo non c’è nessun altro che può darmi queste informazioni perché tutta la famiglia di mio padre è morta. Carmela Picciuto Cappiello ha 5 figli: Teresa, Luigi, Sonny (Tom and Santina che sono morti).Giovanni Picciuto ha 4 figli: Luigi, Maria, John e Linda (che sono io). Michele Picciuto ha una figlia: Concetta.

Ermalinda Picciuto Prosper ha due figlie: Barbara e Patrizia. Tanti  cari saluti, Linda Picciuto››. N.b. Dalla menzionata dichiarazione emerge che Luigi Picciuto, con tutta la famiglia, emigrò  negli Stati  Uniti nel 1919 ed andò ad abitare a Bridgeport. Alla morte del figlio Nicola (fratello gemello di Edoardo?) si trasferì a Brockton. Pur rispettando quanto dichiarato dalla parente Linda Picciuto, esistono seri dubbi in merito. Del resto anche lei ammette di essere un po’ vaga e di non ricordare esattamente l’arrivo della famiglia di Luigi Picciuto negli Stati Uniti.

Dopo questo lungo preambolo, cerchiamo – nel limite del possibile –  di venire al sodo anche per la famiglia Picciuto. Tra leggenda e realtà  la nostra avventura inizia da un piccolo paese della val Fortore, in  provincia di Benevento: il suo nome è San Bartolomeo in Galdo, attualmente sede della Comunità Montana del Fortore (organismo che raccoglie altri 15 comuni della provincia), menzionato a suo tempo (siamo verso la fine dell’Ottocento, ndr), nel libro di Jesse White Mario Le miserie in Napoli (Ed. 1877, Firenze) come ‹‹infelicissimo capoluogo del circondario, situato nella parte montuosa della Puglia››.

Qui viveva la famiglia di Luigi Picciuto (nato nel 1871), con la moglie Maria- Carmela Scrocca e sei figli. In ordine di nascita: Carmela (1897), Michele (1899),  Maria- Pasqualina (1902), Giovanni (1906), Ermelinda (1911), Edoardo (1916). Tutti i componenti della famiglia erano nativi di San Bartolomeo in Galdo; dal 1861, con l’Unità d’Italia, in base al decreto luogotenenziale di Eugenio di Savoia Carignano, i circondari di San Bartolomeo in Galdo e Castelfranco uscirono dalla Capitanata (distretto di Foggia) per andare  a incrementare la nuova  provincia di Benevento. Ci si aspettava che col cambio di provincia le cose migliorassero, specialmente nel campo del lavoro; invece tutto restò come prima, vale a dire quasi tutti… Continuarono (o cominciarono?) a morire di fame. Il paese era e rimase ad altissimo rischio di emigrazione. Suo malgrado, anche Luigi Picciuto, dopo una vita di stenti e sacrifici (pare che facesse il fabbro), decise di emigrare con la speranza di dare un futuro migliore ai suoi sei figli.

Abbiamo appurato che aveva 45 anni (era nato nel 1871) quando, da solo, il 15 maggio 1916, dal mitico “Molo Beverello” di Napoli si imbarcò sul vapore francese “Canada” (sembra, e non sul “Duca degli Abruzzi”) diretto negli Stati Uniti d’America; il 3 giugno, dopo venti giorni di traversata dell’oceano Atlantico, arrivò  finalmente all’agognata meta. Non sappiamo dove andò ad abitare. Di sicuro, il primo pensiero fu quello di richiedere il ricongiungimento familiare (ovvero il cosiddetto foglio verde) tramite il famigerato “Atto di richiamo” per la propria figlia Maria Pasqualina, documento senza il quale i parenti non residenti (e, in questo caso, per giunta minorenne) non potevano entrare degli Stati Uniti. Passarono cinque lunghi mesi di attesa e arrivò il giorno del loro incontro nel Nuovo mondo. Accadde il 4 novembre 1916, sulla banchina di HellisIsland , l’isolotto di fronte a New York dove nel 1892 le autorità americane avevano costruito l’ImmigrationStation  (l’ufficio predisposto ad accogliere e registrare gli emigranti che sbarcavano  dai transatlantici provenienti da ogni parte d’Europa). Maria Pasqualina aveva 14 anni  (era nata l’8 gennaio 1902) e si era imbarcata, da sola, a Napoli, anche lei dal “Molo Beverello” la notte del 16 ottobre 1916; l’attraversamento dell’Atlantico con il piroscafo “Canada” anche per lei durò venti  giorni.  Ci chiediamo: con chi viaggia Maria Pasqualina? Poteva una quattordicenne affrontare un’esperienza come quella, a quei tempi, da sola? Parrebbe di si. Come riferito dalla giornalista Valeria De Cecco, nei registri dell’isola newyorkese in data 4 novembre 1916 risulta annotato il nome di una certa Pasqualina Picciuto, la quale, però, venne censita erroneamente come “cittadina greca”. Sembra che padre e figlia  andarono ad abitare, in un primo momento, nella cittadina di Bedford in Pennsylvania, presso un compaesano (un certo Angelo Catullo); quindi   a Brockton. Nel 1919 il resto della famiglia proveniente dell’Italia (la moglie Scrocca Maria Carmela e gli altri figli, Carmela, Giovanni, Michele, Ermelinda ed Edoardo), si ricongiunse ai due. Maria Pasqualina dopo pochi anni conobbe Quirino. La coppia, dopo un breve fidanzamento, si sposò l’8 agosto 1921, e, come già riferito, per circa 10 anni (fino al 1930) visse con la famiglia di Luigi Picciuto, il padre della sposa.

L’infanzia di Rocco Francis

Indipendentemente dalla data di ingresso negli Stati Uniti delle loro  famiglie, quello che conta è che abbiamo appurato  che i futuri genitori nel nostro campione vivevano entrambi nello Stato del Massachusetts, in un piccolo centro della Contea di   Plymouth: la cittadina di Brockton (nelle vicinanze di Boston), nota a quei tempi per la produzione di calzature. Ci riferiscono che si conobbero nel 1920 e che si sposarono l’anno successivo nella chiesa di St. Patrick. Quirino aveva 27 anni, Pasqualina 19. Il primo figlio, un maschio, muore il giorno stesso della nascita, nel 1922; il secondo, Rocky, vede la luce il primo settembre 1923. Poi, nel giro di altri dodici anni (dal 1924 al 1936), nacquero altri figli: le bambine Alice, Connie (Concetta) e Betty (Elizabeth) e due maschi  Louis detto  Sonny (Luigi) e  Peter (Pietro). Una famiglia, insomma, con sei figli in totale.  Il nostro futuro campione nacque quindi nel 1923 e chiamato Rocco Francis. La sua prima sfida la vinse all’età di 18 mesi guarendo da una violenta polmonite. Leggenda dice che mamma Pasqualina – diffidando dei medici – si rivolse a una guaritrice novantaduenne che tenne in vita il piccolo grazie a una brodaglia dagli incredibili effetti. La leggenda prosegue dicendo che questa guaritrice era una vicina di casa, tale Mangifesta Paolina, che morì dopo pochi giorni dalla guarigione del piccolo Rocco. Tutti i familiari gridarono al miracolo.  La famiglia Marchegiano viveva in mezzo ad uno scenario di povertà e di grave mancanza di risorse; le ristrettezze economiche si fecero ancora più pressanti  a causa della forte recessione economica di quei tempi che sarebbe culminata in un breve tempo nel grande crollo della New York Stock Exchange  nel 1929 e nell’inizio della  Grande depressione. Allora il nostro futuro campione aveva appena 6 anni.

Crisi del 1929

A  quei tempi, ebrei, irlandesi e italiani abitavano negli stessi quartieri. I primi erano commercianti e vedevano gli italiani come potenziali clienti, i secondi, invece, li consideravano  come concorrenti ed erano definiti con i termini denigratori di Wop e Ghienies. Crescere a Brockton non era facile per gli oriundi italiani. E  Rocky imparò presto che a scuola e sui campi di gioco esisteva soltanto una legge: la sopravvivenza  del più forte.Per la maggior parte degli irlandesi gli italiani erano soltanto un gradino sopra ai neri e questo pregiudizio degenerava in sfruttamenti e persecuzioni. Ma, ironia della sorte, fu proprio una ragazza irlandese a convolare a nozze con Rocky. Il 31 dicembre 1950, dopo tre anni dal suo debutto come  professionista, nella chiesa di San Colman di Brockton il nostro pugile si sposò con Barbara Cousins (altri Couisin, ndr),  nata nel 1928, figlia di un poliziotto irlandese emigrato in America, insegnante di nuoto, bruna, di carattere forte e di idee chiare. Ebbero una figlia, Mary Anne, e  successivamente adottarono un bambino, Rocco Kevin. ‹‹Quando Rocky ed io ci sposammo facemmo un giuramento: che se uno dei due si fosse montato la testa, l’altro avrebbe tagliato i ponti e se ne sarebbe andato per proprio conto[…]. Su tutta la folla di ammiratori che ci circondava egli spesso dava severissimi giudizi[…]›› (Barbara Marciano, La mia vita con Rocky, su Il Campione, ottobre 1956). Ma continuiamo con la nostra storia.

Da ragazzo vede il padre al lavoro nella fabbrica di scarpe, quasi incatenato al banco, mani e piedi si muovono allo stesso ritmo. Dice: ‹‹Io lì dentro mai››. Prima di provare con la boxe, aveva  cercato di sfondare  nel mondo del baseball, ma un  incidente di gioco gli rovinò un braccio (anche se  – dicono le cronache –  ‹‹aveva gli avambracci corti per picchiare la palla con la caratteristica mazza››).   Si adattò a diversi mestieri:  lavapiatti, manovale, strillone di giornali. Fece il giardiniere, l’operaio in una fabbrica di dolciumi, sudò caricando barili di birra sui camion e soffrì il gelo  spalando la neve d’inverno. A venti anni (nel 1943) si ritrovò  con l’uniforme del 150º battaglione del Genio e spedito in Inghilterra, nel Galles, all’epoca della Seconda guerra mondiale. Qui, secondo leggenda, il destino gli offrì il modo di rivelare la sua vera vocazione. Si racconta che in quel di Cardiff (altri Swansen, ndr), all’interno di un pub affollato di soldati americani e di britannici del Commonwealth, scoppiò una furibonda rissa cui partecipò anche il nostro geniere yankee che si rivelò un grande pugile spedendo “nel regno dei sogni” diversi commilitoni avversari. Si congedò nel 1946 e, tornato a casa, cominciò a lavorare per la Brockton Gas Company con il compito di scavare buche.

Ben presto si rese conto che l’unico modo per sopravvivere alla fame era quello di darsi al pugilato. Erano gli anni del grande boom di questo sport, con il pubblico letteralmente  affascinato  dalla brutale forza fisica dei protagonisti del ring. Nonostante il parere nettamente contrario della mamma (non assistette a nessun incontro, né seguì le sfide alla radio o in televisione), dopo una breve parentesi da dilettante che gli fruttò un magro bottino, decise di intraprendere la carriera da professionista.  

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