Il senno di poi è un maestro antipatico, ma è pur sempre un maestro. In termini più opportuni si può definire “storia” e conoscerla potrebbe essere utile, soprattutto ora, ad un secolo di distanza e con il vento che tira. Osservando il novecento, ed in particolare le prime cinque decadi, si ha ora la consapevolezza che l’eugenetica sia stato un seme avvelenato. Il neurologo e psichiatra fortorino pubblica la sua ultima monografia nel 1925: “Eugenica, igiene mentale e profilassi delle malattie nervose e mentali.” Un contributo che cerca di unire le sue due anime: scienziato (eccelso) e del politico. Otto capitoli che propongono una visione di gestione della società, della scuola, delle malattie mentali e della delinquenza.
Il primo capitolo è pienamente dedicato all’ eugenetica o eugenica, corrente culturale – scientifica sviluppatosi tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo che mira attraverso teorie e pratiche a migliorare le condizioni genetiche di una popolazione.
Dall’incipit si inizia ad individuare la direzione:
“Eugenica. Un grande movimento si è andato pronunziando in tutto il mondo civile in favore della protezione della salute e dell’ avvenire delle nazioni e delle razze; una profonda preoccupazione ci pervade, osservando i fenomeni non dubbi della decadenza in un troppo grande numero di uomini delle nazioni civili. In molto paesi, preciso in America del Nord, in Inghilterra, in Germania, nei paesi Scandinavi, in Francia, sociologi, biologia ed uomini politici hanno spiegata la bandiera di una crociata per il miglioramento della razza e per l’igiene mentale.”
Il positivismo medico e il determinismo biologico spostandosi nel mondo della sociologia e della psicologia rischiano di vedere l’essere umano come cellule di un organo e di differenziare quelle sane dalle malate. La prevenzione in termini di eliminazione, le caratteristiche come qualcosa da poter controllare e gestire. Si percepisce nell’ intero testo un approccio che riduce la complessità umana a variabili genetiche da poter potenziare o ridurre.
È necessario sottolineare che il contesto culturale e storico in cui si inserisce Bianchi è molto più netto e rigido, non si possono dimenticare le quasi settantamila sterilizzazioni negli USA o le deportazioni in Australia. Il genetista Rutherford in una recente pubblicazione del 2023 afferma: “Gli individui sterilizzabili erano suddivisi in categorie molto generiche, che andavano dai «ritardati» – con una serie di caratteristiche piuttosto vaghe, molte delle quali desunte da test del QI di dubbia validità – alle persone affette da disabilità fisiche o da patologie che oggi sappiamo essere in gran parte di origine non genetica. Non è facile, in America, distinguere tra le questioni razziali e quelle legate all’eugenetica.”
Rutherford, al fine di far comprendere quanto profonda e vasta fosse l’atmosfera culturale di inizio novecento, ci ricorda:
“Tra chi vide nell’eugenetica una forza capace di cambiare la società ci furono scrittori, suffragisti, femministe, filosofi e più di una dozzina di premi Nobel, e ci fu chi ne sposò la causa con un fervore quasi religioso.”
D.H. Lawrence, uno dei più importanti scrittori e poeti del XX secolo, scriveva in una lettera privata: “Se fosse per me, costruirei una sala della morte grande come il crystal Palace, con una banda militare che suona in sottofondo e un cinematografo con le sue immagini brillanti; poi andrei nei vicoli e nelle strade principali e li raccoglierei tutti: malati, storpi, mutilati, e li condurrei con garbo. Loro mi sorriderebbero, ringraziandomi stancamente, mentre gli ottoni, sullo sfondo, si lasciano trasportare dal coro dell’Alleluja.”
Le migliori menti veleggiavano quindi sull’onda della competizione scientifica, culturale e dell’efficienza fisica e mentale. Il mondo anglosassone è pervaso da una logica di forza, salute, futuro, potenza che tende ad emarginare e addirittura deportare.
Un uomo piuttosto famoso che rispondeva al nome di Winston Churchill affermava nel 1927:
“Non sono disposto a riconoscere, ad esempio, che si sia fatto un grave torto ai pellerossa americani o ai neri australiani. Non sono disposto a riconoscere che si sia fatto loro un torto perché una razza più forte, una razza di qualità superiore o comunque più esperta, se vogliamo metterla così, è arrivata e ha preso il loro posto. Non sono disposto a riconoscerlo.”
Bianchi nei successivi capitoli del testo palesa una più profonda e accorta complessità di pensiero ed una particolare attenzione all’educazione. Interessanti sono i paragrafi dedicati alla scuola ed in particolare agli elementi neuropsicologici che sottostanno l’apprendimento. Bisogna riconoscere l’attenzione pionieristica su aspetti ancora difficili da comprendere attualmente nel nostro fare scuola, ma riprendendo le tematiche relative alla profilassi e all’ igiene mentale si osserva un approccio deterministico che conduce, anzi ha condotto, su strade impervie:
“Se noi potremo prospettare le cause della fiacchezza in un troppo grande numero di uomini, e sorprendere le deficienze di un organismo sociale, o almeno le principali di esse, e se con i mezzi dei quali possono disporre i poteri statali, ed i liberi cittadini, potremo eliminarle o attenuarla, noi avremo adempiuto ad uno degli inderogabili doveri, che la civiltà odierna impone ai biologi, ai sociologi ed a tutti i cittadini. Si può affermare che l’eugenica si basa essenzialmente sulla genetica.”
[…] La degenerazione può essere ridotta a proporzioni più tollerabili; gli uomini deboli e malati possono diminuire e gravare meno sul bilancio dei lavoratori; quelli che servono la civiltà possono essere più numerosi e meglio allenati in un ambiente più sublimato di spiriti forti. […]
“La sterilizzazione delle glandole sessuali, mercé i raggi x particolarmente dei folli cronici, degli epilettici, dei criminali, degli alcoolisti, dei tubercolosi ed in genere dei malati cronici e degli imbecilli, sarebbe molto più agevole. Forse in un avvenire non lontano provocherà meno ripugnanza.”
Le ultime pagine del libro ribadiscono e sintetizzano il pensiero attraverso questi passaggi:
“La società ha il diritto di pronunziarsi contro la produzione di enzimi degeneranti che sono prodotti dall’ istinto individuale, strumento della legge per la perpetuazione della specie. Se si reclama un certificato di salute dei promessi sposi per passare a nozze, questo è tanto più necessario per i cattivi caratteri, per i folli, per i criminali, per gli imbecilli.
…Il matrimonio non è solo una funzione individuale, regolata dalle sole leggi civili e religiose; è essenzialmente una funzione sociale, e deve intervenire lo Stato, come il supremo regolatore della vita sociale, a tutelare l’avvenire della razza e a garantirla dai fattori della decadenza.
…la famiglia, o è sana e concorre a dare un maggiore esponente di forza e dignità alla nazione, o è debole, e deviato dalla linea dell’ evoluzione, ed è a scapito della forza e della dignità della razza.”
Sono trascorsi precisamente cent’anni dalla pubblicazione di questo testo e soprattutto da un’atmosfera culturale che ha partorito mostri infausti. L’eugenetica ha rappresentato per alcuni il peccato originale della biologia, così come la bomba atomica lo è stato per la fisica.
L’ambizione al controllo, alla selezione, ha condotto a strutture di pensiero assolutistiche. Ci ha condotto e, probabilmente ci condurrà ancora, a cercare soluzioni semplici, a fidarci di chi propone certezze. L’essere umano è dotato di una complessità non riducibile al suo DNA, l’essere umano rinasce quotidianamente proprio nella sua infinita diversità, la sua bellezza è nella fragilità stessa della sua condizione. L’eugenetica ha condotto alla separazione da noi stessi, una separazione tra potenza e debolezza, tra vigore e precarietà, tra il tutto e il nulla. L’eugenetica percorre una via pericolosa, una via non umana, una via non sostenibile poiché conduce ad un potere non appartenente alle possibilità umane. La storia si ripete se non ci impegniamo giorno dopo giorno ad interpretare le sue lezioni.