Home Editoriali Cultura Oronzo Pugliese raccontato da Lapo Palumbo

Oronzo Pugliese raccontato da Lapo Palumbo

“Undici gambe abbiamo noi, undici gambe hanno loro” Oronzo Pugliese

“Era un mimo furente di certe grottesche rappresentaizoni di provincia” Gianni Brera

“Era un po’ il Nereo Rocco del Sud: Rocco parlava triestino, mio padre barese” Matteo Pugliese, figlio di Oronzo Pugliese

Alcune fatti di cronaca di questi giorni mi hanno fatto venire in mente una cosa.

Per questa storia che sa di “Carramba che sorpresa!”, citerò alcune battute tratte da un celebre film, recitate da un attore molto famoso in Italia, che si è imposto, non tanto per il suo fisico, quanto per la spontaneità e la sua parlata pugliese.

Se dovessi dire “Mi avete preso per un coglione?” “No, sei un eroe”, cosa viene in mente? La bi-zona con il modulo 5-5-5? Il giocatore “Aristoteles” vi dice qualcosa?

Esatto, parliamo de “L’allenatore nel pallone”, un vero e proprio cult movie, come si usa dire oggi. Uno di quei film che bene o male hanno visto tutti i maschietti. E non tanto per le scene scollacciate o boccaccesche (all’epoca c’era di “meglio”), ma per l’argomento, il calcio e la leggerezza del film.

Protagonista Lino Banfi che riveste il ruolo di un allenatore, Oronzo Canà, alle prese con una promozione in A e un campionato competitivo, giocatori più o meno bravi, tifosi accaniti, personaggi improbabili e dirigenti truffaldini. Tutto ovviamente a modo suo, alla Lino Banfi. Viscerale, schietto e appassionato.

L’attore pugliese per calarsi nei panni del personaggio si è ispirato ad un allenatore realmente esistito, dalle stesse caratteristiche. E con lo stesso nome: Oronzo.

Dunque, ecco a voi Oronzo Pugliese, allenatore di pallone. Detto anche il “mago di Turi”. La bi-zona è esistita davvero e si chiamava “doppia zona”.

Allenatore verace e istintivo, istrionico, capace di infiammare i tifosi; era il mago che si contrapponeva ad un altro mago del pallone di quegli anni, Helenio Herrera: “Un persona dalla carica umana eccezionale. Sembrava brusco, rude, urlava però era giusto”, disse di lui il suo storico rivale.

Lino Banfi si era ispirato proprio alle gesta di questo tecnico, perchè lo riteneva un grande allenatore e in più era isterico ed era pugliese come lui.

Oronzo Pugliese, nacque a Turi, in provincia di Bari, il 4 aprile 1910. Ultimo di sette figli di una famiglia di agricoltori. E quello sarebbe stato il suo destino se non avesse seguito con caparbietà un sogno: giocare a calcio.

Giocava quando poteva, ritagliandosi il tempo dalle occupazioni più importanti: faceva il garzone per aiutare la famiglia, visto che la scuola era stata abbandonata dopo la quinta elementare.

La prima squadra è il Turi; il primo contratto di 15 lire a partite con la squadra di Acquaviva delle Fonti (Bari). Sembra non avesse un ruolo fisso, passava da ala a terzino. Le sue doti principali erano la velocità e la grinta.

Tentò anche l’ingaggio con il Bari, allora in serie B, ma non vi riuscì mai.

In realtà, da giocatore non aveva fatto una grande carriera. Non aveva mai militato in squadre “blasonate”.

Come tecnico invece era riuscito a diventare qualcuno, a creare un diverso modo di intendere il calcio. “Ho ottenuto più soddisfazioni di dieci allenatori messi insieme”, aveva detto una volta. Aveva competenza e carisma. Amava il calcio e lo dimostrava.

Sapeva ribaltare situazioni date per perse.

E’ stato il mister di tantissime squadre. Dal Messina in C al Foggia, Roma, Fiorentina, Siena e Bologna, passando anche dal Benevento nella stagione ’51-’52.

Il primo incarico lo avrà a Lentini, in Sicilia, nella società sportiva “Leonzio”. Il presidente, coltivatore di arance, lo pagava con cassette di agrumi.

Riesce a portare il Foggia, appena retrocessa, dalla serie C alla A in soli quattro anni, a partire dal campionato ’61-62.

E’ l’inizio della fortuna e della fama di Pugliese. Grazie a questa prodezza, nel 1964 vince il prestigioso “Seminatore d’oro” della FIGC, come migliore allenatore.

Il suo modo di gestire la squadra e la panchina si fecero subito notare.

Correva avanti e indietro lungo la linea di bordo campo, incitando i propri giocatori, spesso in dialetto barese (“Pigghia ‘sta palla sinnò t’accide”). Scaramantico, spargeva sale sul campo prima di una partita importante come rito scaramantico. Spiava i propri giocatori perchè non cadessero in pericolose tentazioni, appostandosi davanti a locali e abitazioni.

I giornalsti lo rincorrevano e lui non si faceva negare, rifilando le sue battute sagaci e fulminanti: “Signor Oronzo, come si sente ad aver avuto la meglio sulla psicologia vincente di Herrera” “La psicologia è roba da ricchi, la grinta è roba da poveri”.

Questa fu detta dopo una vittoria che fece storia e scalpore: prima stagione in serie A, siamo al 31 gennaio. Il Foggia incontra l’Inter di Helenio Herrera in casa, allo stadio “Zaccheria”.

L’Inter è al massimo della forma: imbattibile per tutti, conquistò scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa intercontinentale.

Incredibilmente, oltre ogni pronostico, il Foggia sconfisse l’Inter per 3 a 2 con gol di Lazzotti e doppietta di Nocera. Una cosa da non credersi.

L’Inter ci provò con caparbietà, ma non andò oltre ai gol di Peirò e Suarez.

Questa storica vittoria segnò anche l’inizio della rivalità tra Pugliese ed Herrerea. Durò anni e inchiostrò pagine e pagine di giornali.

“La bravura di Herrera? I milioni di Moratti” ripeteva spesso Pugliese.

Al di là della rivalità, tra i due c’era rispetto.

Si sarebbero ancora incontrati negli anni successivi, sempre con Pugliese vincente su Herrera: nella campionato ’65-’66, quando allena la Roma e vincerà sull’Inter per 2 a 0 (gol di Benitez e Barison); nel ’69-’70 Bari-Roma 1 a 0: Pugliese allena il Bari ed Herrera la Roma , per uno scherzo del destino, sostituendo proprio Pugliese dopo tre stagioni da tecnico.

Cambiò ancora “club”, restando attaccato tenacemente al calcio italiano e rifiutando ingaggi con squadre straniere (il Panathinaikos e la nazionale del Canada). Ultimo campionato di serie A ’71-’72 con il Bologna. Poi squadre di B e C. Smise di allenare a fine stagione ’78-’79, dopo aver allenato Avellino e Crotone.

Uno dei suoi vanti era il titolo di commendatore della Repubblica per meriti sportivi, conferito dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

Nel 1983 fu colto da un ictus che lo costrinse su una sedia a rotelle per diverso tempo, finchè l’11 marzo 1990, salutò tutti per l’ultimo viaggio. Fu sepolto nella sua Turi, la quale, per renderne sempre viva la memoria istituì un premio nazionale per lo sport “Oronzo Pugliese”: le prime edizioni furono assegnate a Cesare Prandelli (2008); Carlo Ancelotti (2009); Fabio Capello (2011).

Bibliografia:

Gianni Brera; Oronzo Pugliese, in Incontri e invettive, Milano 1974;

G. Cataleta, Oronzo Pugliese, quando nel calcio esistevano i maghi, Foggia 2010;

Mi piacerebbe dedicare questo articolo al mio amico Alberto.

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