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ZIBALDONE SULLA PERLA DEL FORTORE Omaggio a San Bartolomeo in Galdo Parte quinta

PILLOLE DI STORIA ANTICA – 5) La badia di San Bartolomeo in Galdo sotto i Padri Gesuiti, dal 1615 al 1768

Abbiamo quindi appurato che le due giurisdizioni – la criminale sulle cause di prima e seconda istanza, la civile sulle cause di secondo grado –appartennero di fatto al Venerabile Collegio dei Padri Gesuiti dal 1615 fino al giorno in cui i Gesuiti furono cacciati da Benevento nel 1768. Dopo la morte del cardinale Pompeo Arrigoni, nel 1616, bisogna attendere 14 anni per avere il nome di un altro abate. Nel 1630 venne il turno di Scipione Caffarelli detto Borghese, creato cardinale di San Crisogono da suo zio (papa Paolo V) il 18 luglio 1605.

Scipione Borghese – Abate commendatario

Rimase in carica soltanto tre anni: morì infatti il 2 ottobre 1633, a Roma. Poi in successione abbiamo: Gaspare Mattei, arcivescovo di Atene, creato cardinale il 16 dicembre 1641 da Urbano III, morto a Roma  il 9 aprile 1650;  Tommaso Maria Ferrari, creato cardinale di San Clemente il 12 dicembre 1695, morto a Roma il 20 agosto 1716, ricordato nella lapide apposta nella chiesa madre di San Bartolomeo in Galdo a memoria della sua consacrazione (l’8 luglio 1703) da parte dell’arcivescovo di Benevento, cardinale Vincenzo Maria Orsini (futuro papa Benedetto XIII dal 29 maggio 1724);  Domenico Rossi, vescovo di Volturara dal 1728 al 1732;  Marcello Passari, nato ad Ariano Irpino nel 1678, creato cardinale il  28 settembre 1733 e morto a Roma  il 25 settembre 1741. Come ultimo abate in carica sotto i Padri Gesuiti abbiamo mons. Giovanni Costanzo Caracciolo di Santo Bono, nato a Napoli il 19 dicembre 1715, nominato cardinale da papa Clemente XIII il 2 ottobre 1758. È ricordato come ideatore del “catasto onciario” di San Bartolomeo in Galdo datato 25 febbraio 1753. In esso si legge che «l’Ecc.mo e Rev.mo Mons. Abate» non possedeva «beni burgensatici ed allodiali», che il tutto era feudale, per cui l’abate pagava l’adoha alla R. Corte. Morì il 22 settembre 1780 a Roma.

Questi i nomi di coloro che esercitarono le due giurisdizioni per conto dei Gesuiti. Ad Annibale Spina (come già riferito, primo acquirente con denaro fornitogli dal menzionato cardinale Pompeo Arrigoni), nel 1617 successe il figlio Francesco. Da costui, su richiesta dei Gesuiti, le giurisdizioni dopo 27 anni furono vendute (era il 1644) a Pietro Giovanni Spinelli, marchese di Buonalbergo. Nel contempo, i demani feudali si avviarono a confluire nelle avide mani di quello che definiremmo, ora, “ceto medio”. Memorabile la terribile rivolta di San Bartolomeo e dintorni sull’onda del movimento masanielliano (siamo nel 1647): una ribellione in senso antifeudale, complice Donato Fagnano, vicario generale della diocesi di Volturara, finito impiccato. Nel giugno del 1648 tutti i ribelli saranno giustiziati con il trionfo del “ceto civile”, con la borghesia che guida il gioco. Poi in ordine, registriamo: nel 1648, Carlo Spinelli principe di San Giorgio, che successe al padre Pietro Giovanni Spinelli, marchese di Buonalbergo (ucciso in Ariano nel novembre del 1647 durante la “guerra” contadina che seguì alla rivolta di Masaniello); nel 1669, Bartolomeo di Capua (primo), principe di Riccia e conte di Altavilla; nel 1691, Giovan Battista di Capua, figlio di Bartolomeo di Capua (primo). Verso il 1700, il Giovan Battista cadde in prigionia, per cui su istanza dei Padri Gesuiti le giurisdizioni furono intestate al figlio Bartolomeo di Capua (secondo). Morto costui ancor giovane, ed essendo nel frattempo ritornato il padre, si ottenne che le due giurisdizioni fossero a lui reintestate. Alla morte di Giovan Battista (avvenuta nel 1735),le giurisdizioni passarono al diretto nipote Bartolomeo (terzo) figlio di suo figlio Bartolomeo morto nel 1715. Ma, di fatto, i possessori restarono sempre i Padri Gesuiti. Nel catasto onciario di San Bartolomeo del 1753 si legge: «I Padri Gesuiti del Collegio del Gesù Nuovo di Benevento posseggono in questa terra la giurisdizione criminale e portolania colla mastrodattia più alcuni beni burgensatici» (Fonte: Cf. A.S.N., Catasti onciari, vol. 7031, f. 397t).

Siamo arrivati finalmente all’ultimo strumento di vendita, datato 1760 (da Ibidem, Cedolari, vol. 35, ff. 324; Refute, vol. 226/446-467): «‹Il 25 febbraio il principe di Riccia, Bartolomeo di Capua e il padre gesuita Giovan Battista Recapito vendettero e alienarono a Salvatore Ciaravella la giurisdizione delle prime cause criminali, nonché delle seconde cause civili, criminali e miste sulle terre di San Bartolomeo e Foiano – insieme con la portolania (varie tasse, ndr) e la mastrodattia (proventi derivanti dai diritti giudiziari, ndr) – e sui  casali disabitati di Frosolone, Ripa, Montesaraceno, Porcara, Castelmagno. S. Angelo in Vico, Sculcula e Verticchio, con i beni burgensatici posseduti in San Bartolomeo – tra cui il Palazzo, la casa del Capitano, le carceri – al prezzo di 8.500 ducati, ma con le seguenti clausole: il Ciaravella non avrebbe mai corrisposto gli 8.500 ducati, avrebbe bensì avuto il compito di semplice prestanome; il Collegio dei Padri Gesuiti avrebbe percepito tutti i frutti delle due giurisdizioni, sopportandone i relativi pesi e relative molestie».

Fondazione dell’Ordine dei Gesuiti

Nota particolare Il Ciaravella è ricordato come l’ultimo prestanome; di lì a poco, il dominio dei Gesuiti cessò: tutto ebbe termine nel 1768,quando vennero cacciati da Benevento allorché la città fu occupata dal re di Napoli Ferdinando IV. Il nostro feudo abbaziale, tra alterne vicende fu sottomesso alla Corte di Napoli diventando in tal modo un feudo regio, e nel giro di un decennio conobbe un forte miglioramento di condizioni economiche e sociali, con un incremento demografico di circa 5mila abitanti.

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