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San Bartolomeo in Galdo: Un secolo di storia nell’archivio parrocchiale

Ciò che leggerete è il nostro regalo di Natale per San Bartolomeo in Galdo e fa parte di un ambizioso e lunghissimo progetto che stiamo portando avanti per il nostro borgo, ma soprattutto per noi stessi. Ciò che leggerete è il passato di San Bartolomeo, ma senza scomodare Tucidide, ci piacerebbe che la conoscenza del nostro passato si sedimentasse nei vostri cuori e permettesse agli abitanti del borgo di amarlo, con i suoi difetti, nel bene e nel male. Di amarlo come lo amano i sanbartolomeani che per i più svariati motivi hanno dovuto lasciarlo. La lontananza, il tempo, spandono sulla memoria un velo di polvere che fa dimenticare i cattivi ricordi lasciando nell’animo di chi se n’è andato solo la bellezza del campanile e le facce delle persone che ha incontrato su e giù per le viuzze del borgo e in largo del Giglio. Se San Bartolomeo può apparire un paese “normale” al visitatore, agli occhi di chi vi è nato conserva una bellezza particolare.

Abbiamo deciso di digitalizzare i documenti parrocchiali perché la digitalizzazione offre una maggiore sicurezza nel mantenimento delle informazioni, evitando il deterioramento e la perdita dei documenti originali, inoltre una digitalizzazione completa permetterà una maggiore facilità nel localizzare e consultare un documento.

Ringraziamo chi ha subito compreso l’importanza del progetto, il parroco don Gianluca Spagnuolo e chi, fino alla pandemia ci ha dedicato un po’ del suo tempo il sig. Antonio Pacifico.

Smorziamo gli entusiasmi dei pochi appassionati di genealogia. Il lavoro da noi compiuto in questo anno, riguarda una parte piccolissima dell’archivio parrocchiale, abbraccia i registri di battesimo che vanno dal 1898 al 2020.

La lettura di questi cento anni di nascite, ci ha portato a più riflessioni, che sono parziali, non hanno pretese di esaustività, e sono assolutamente personali.

I dati riportati sono i battesimi, che non coincidono esattamente con le nascite, ma noi useremo indifferentemente i due termini in questo scritto, perché non si discostano di molto dalla demografia civile. Un giorno qualcuno di buona volontà , oppure qualche società di digitalizzazione e archiviazione dati, come succede nelle più ricche cittadine del nord Italia, digitalizzerà anche ciò che resta dell’archivio anagrafico comunale, anche in questo caso, per chi è interessato, comunichiamo che la confessione religiosa della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (Mormoni) ha digitalizzato i registri anagrafici di San Bartolomeo conservati nell’archivio di Stato di Foggia, sezione di Lucera, che vanno dal 1809 al 1861, e che tra poco verranno resi consultabili sul portale “Antenati”.  Non sono registrati i bambini nati morti, ma fortunatamente erano pochissimi anche ad inizio secolo, la mortalità è elevata nei primi sette anni di vita; non sono registrati ovviamente, i bambini appartenenti ad altre confessioni religiose, ma anche in questo caso il numero è talmente esiguo che non rende molto difformi i dati religiosi dal dato civile.

Nella sua monografia su San Bartolomeo in Galdo tratta da’ Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato del 1854, l’avvocato Falcone così descrive la situazione emigratoria del nostro borgo: “L’emigrazione delle famiglie non è così frequente in San Bartolomeo. In qualche anno di penuria se ne verifica alcuna, e quasi tutti coloro che per particolari bisogni o speculazioni abbandonano San Bartolomeo vanno a stabilire il loro domicilio nel comune di Sansevero. Ragionevole predilezione, essendo Sansevero paese che offre molti vantaggi”.

Da San Bartolomeo non partiva nessuno, non era l’eden il piccolo borgo dauno, ma dava da mangiare a tutti, poco, ma a tutti. Quando ci “liberarono” dalla tirannide borbonica, ci portarono anche la modernità, declinata non in strade, ospedali e giustizia sociale, quelle le stiamo aspettando ancora oggi, ma in un fisco aggressivo, spietato, che ridusse alla fame migliaia di contadini, i quali dopo una reazione armata che fu domata col ferro e con il fuoco decisero di partire.

La grande emigrazione meridionale iniziò nel decennio 1880 – 1890, per esplodere solamente nel decennio successivo.

Anche da San Bartolomeo si iniziò a partire, lo si fece con la morte nel cuore, con la speranza di guadagnare in breve quel tanto che bastava per poter acquistare un pezzo di terra al paese e poter tornare. Gli anni della forte emigrazione al paese, coincidono con il primo decennio del ‘900, basta osservare il grafico dei battesimi per rendersene conto.

Fino al 1903 i battesimi si mantennero costantemente sopra i 300 all’anno, poi all’improvviso diminuirono in modo considerevole, si passò ai 245 del 1904, ai 234 del 1906 ai 219 del 1907. I maschi partivano in massa. Nei primi quindici anni del secolo ventesimo partirono dalla Campania un milione di persone, interi paesi si spopolarono. Migliaia di sanbartolomeani partirono per porre rimedio alla miseria, con la speranza di tornare e molti tornarono per davvero, lo dimostrano le altalene demografiche. L’emigrazione portò benessere nelle nostre zone, oltre ad essere una valvola di sfogo per la alleviare pressione demografica. Nonostante la forte emigrazione, nonostante la prima guerra mondiale, nonostante la pandemia di influenza “spagnola”, nel primo ventennio del secolo la popolazione aumentò di 1400 abitanti, segnando nel censimento del 1921, 10123 abitanti.

Gli anni che vanno dal 1910 al 1915 furono anni di intensa crescita demografica; le rimesse degli emigranti permisero a chi rimase di vivere meglio, inoltre lo stabilirsi in America del Nord non era definitivo, chi poteva faceva rientro in Italia, i figli degli emigranti riuscivano a sposarsi senza aver bisogno di partire, è facile leggerlo nel grafico, abbiamo un picco di 396 battesimi nel 1911, ma negli altri cinque anni, non si scende mai sotto quota 300. Il piccolo benessere dovuto alle rimesse degli emigranti, non durò molto, il 24 maggio 1915 con una scelta scellerata, l’Italia entrò, quale parte belligerante, nelprimo conflitto mondiale. È bene ricordare che Lui da socialista pacifista divenne fautore dell’interventismo, è bene ricordare che gli austriaci ci avrebbero concesso Trento e Trieste se ci fossimo mantenuti neutrali al conflitto, è bene ricordare che non facemmo una bella figura nel conflitto mondiale, rimasto famoso più per la disfatta di Caporetto che per la battaglia di Vittorio Veneto, è bene ricordare la strategia dell’ “attacco brillante” del nostro comandante in capo generale Luigi Cadorna, fortunatamente sostituito dagli inglesi con il più capace Armando Diaz: se una mitragliatrice ha 1500 colpi, noi mandiamogli contro 2000 soldati, qualcuno arriverà, non è la carne che ci manca, è bene ricordare che quella “carne” erano anche i 600000 meridionali che non sarebbero più tornati dalle loro mogli, dalle loro madri, dalle loro fidanzate, dai loro figli, ma questa è un’altra storia.

La guerra e di conseguenza i giovani destinati al fronte vennero a mancare in paese e le nascite ne risentirono, dai 356 battesimi del 1915 si passò ai 283 del 1916, 167 del 1917 e 170 del 1918. Il 4 novembre 1918 la guerra terminò, con la vittoria monca dell’Italia, tornarono a casa tutti i superstiti e portarono con loro anche il virus dell’influenza spagnola, i morti furono oltre 200 in meno di un mese e mezzo. Ma la voglia di vita e la gioventù esplodeva da ogni poro della pelle e gli effetti si fecero ben visibili, nell’anno del Signore 1920 furono 435 i battesimi, l’anno demograficamente più prolifico che noi abbiamo incontrato finora, probabilmente l’anno più prolifico di sempre a San Bartolomeo.

Ma la gioia durò poco, la fame si fece sentire nuovamente, le bocche da sfamare erano aumentate e dall’America arrivavano sempre più insistenti voci di chiusura delle frontiere, pertanto chi poté, partì senza veder crescere i bambini che aveva messo al mondo. Le spinte xenofobe americane, la concorrenza lavorativa degli italiani, disposti a lavorare di più per molto meno rispetto agli americani, il conseguente abbassamento dei salari, e l’indiscriminato aumento demografico nelle metropoli, spinse nel 1921 la politica americana a promulgare l’Immigration Act, con tale provvedimento si limitò fortemente l’ingresso degli stranieri sul suolo americano, tra i più penalizzati vi furono gli italiani. Non potendo più partire per gli Stati Uniti, i nostri paesani di inizio secolo dovettero guardare nuovamente al Sudamerica, ma la situazione economica in Argentina e Brasile non era florida e scoraggiò le partenze, nell’attesa che in America del Nord si riaprissero le frontiere o che qualcosa cambiasse nell’emisfero Sud, gli stravolgimenti avvennero in Italia, perché il 28 ottobre 1922 un partito che non si definiva né di destra né di sinistra, marciava su Roma e a causa dell’inattività del re, riuscì a prendere il potere. Benito Mussolini fu nominato Presidente del Consiglio dei Ministri il 30 ottobre. Un avvenimento quello di Roma totalmente sconosciuto ai cafoni sanbartolomeani, ma che incise profondamente sulla loro vita per un quarto di secolo.

Non potendo partire, vi fu un considerevole aumento demografico, le nascite si mantennero costantemente sopra i 300 bambini, raggiungendo picchi di 381 battesimi nel 1921, 378 nel 1922 e 381 nel 1926.

Mussolini dopo aver guardato favorevolmente all’emigrazione, nel 1926 decise che un popolo per essere considerato grande doveva aumentare la propria popolazione. Promulgò una serie di leggi per bloccare l’emigrazione residua, condannando alla fame nera le popolazioni meridionali, ma anche in molte zone rurali del nord tornò la pellagra. La pressione demografica si fece sentire in maniera intensa, negli anni del regime fascista le nascite non scenderanno mai sotto i 300, raggiungendo il picco nel 1930 con ben 398 battesimi. Il secondo anno più prolifico di sempre a San Bartolomeo.

Quando il contadino sanbartolomeano sopraffatto dalla fame e dalla miseria che il blocco dell’emigrazione comportò, pensava di aver raggiunto il fondo dell’umana abiezione, un nuovo e negativo avvenimento lo cogliette di sorpresa: dal balcone di Piazza Venezia, Lui il 10 giugno del 1940 dichiarò guerra alle plutocrazie occidentali di Francia e Inghilterra.

Ancora una volta il contadino sanbartolomeano senza sapere il perché verrà inviato in luoghi di cui non ha mai sentito parlare: Russia, Albania, qualcuno muore a Tobruk e la demografia registrò tale terremoto, nel 1941 si passò a 211 nascite, nel 1943 a 186, nel 1945 a guerra finita si risalì leggermente a 195.

C’era da ricostruire l’Italia, arrivarono i soldi del piano Marshall, la gente seppur in miseria era speranzosa riguardo al proprio futuro, si viveva con poco a San Bartolomeo, ma si viveva e si tornò a nascere: 290 nel 1946, 284 nel 1947, 330 nel 1948, 306 nel 1949.

Quattro anni impiegò il cafone meridionale per capire che era stato fregato di nuovo, i soldi del piano Marshall andarono al nord, le fabbriche furono costruite e ricostruite in quei luoghi. Si dice che Peppino Di Vittorio uscendo da un incontro con gli Agnelli e gli altri industriali, presagendo il nuovo esodo biblico dalle campagne meridionali fosse scoppiato a piangere.

Dal 1950 fu un unico, continuo ed ininterrotto esodo che portò via da San Bartolomeo migliaia di suoi figli: prima il Belgio ove servivano braccia per le miniere in cambio di un po’ di carbone per le nostre centrali, poi Venezuela, Canada, Australia, Inghilterra, Francia ed infine Svizzera e Germania.

Lo leggiamo sul grafico: 264 battesimi nel 1950, 237 nel ’51, 192 nel ‘52, 218 nel ‘53, 183 nel ’56, 146 nel ’59, 105 nel ’63, 103 nel ’69.

Nel 1970 per la prima volta da quasi 200 anni, si scese sotto i 100 battesimi: 90.

Anche gli anni ’70 risentirono fortemente della nuova emigrazione sia interna che estera verso Svizzera e Germania, si scese lentamente, ma costantemente, fino ad arrivare alle 56 nascite del 1981.

La ricostruzione post sismica è un fuoco di paglia, ma viene registrato e illustrato dai dati, per l’ultima volta nel borgo si registrerà una lieve crescita per tre anni di fila: 60 battesimi nel 1982, 62 nel 1983, 71 nel 1984. Sono ormai 36 anni che non abbiamo tre anni consecutivi di crescita demografica nel nostro borgo.

La fase della ricostruzione effonde per un brevissimo periodo i suoi effetti, dal 1985 si comincia a decrescere di nuovo, ma molto lentamente. In realtà si alternano anni con minori nascite con anni dove vi sono più battesimi: 56 nel 1993, 64 nel 1994, 47 nel 1996 54 nel 1997.

Si va avanti in modo altalenante fino ai clamorosi 26 battesimi del 2006. Il dato più basso mai registrato a San Bartolomeo. All’anagrafe civile furono registrati 35 bambini in quell’anno, 9 in più.

Non so quanto possa c’entrarci la riforma costituzionale del 2001, è indubbio che da quel provvedimento le tasse locali hanno subito un vertiginoso aumento, i soldi inviati al Meridione sono sempre meno e la SVIMEZ ha certificato che negli ultimi 15 anni dal Sud sono partiti in due milioni.

Anche il nostro grafico evidenzia una curva discendente che parte dai 43 battesimi del 2007 e termina con il 26 del 2020.

Dalla lettura degli atti di battesimo, emerge che ad inizio secolo ‘900, in chiesa Madre esisteva ancora il Capitolo cattedrale, non so se i canonici fossero ancora 14 con i 3 extra numerum, ma c’erano ancora due economi nelle persone di don Tommaso Pannone e don Angelo Gabriele, il primo sostituito successivamente da don Donato D’Onofrio, il sacerdote più attivo nell’amministrazione del sacramento del battesimo, l’ha amministrato per oltre quarant’anni. Il secondo è più conosciuto anche perché fu Padre spirituale della Confraternita della Chiesa Nuova prima dell’indimenticato rev. Arricale.

I canonici presenti in Chiesa Madre ad inizio secolo erano, oltre ai tre citati, don Vincenzo Parente, don Giovanni Pepe, don Matteo Catalano, don Francesco Catalano, don Nunzio Lupo, don Michele Ziccardi, don Giuseppe Palumbo.

Mentre Mussolini marciava su Roma il 28 ottobre 1922, in Chiesa Madre il can. Don Donato D’Onofrio, ignorando la svolta epocale che stava avvenendo in Italia, amministrava con la solita solerzia, due battesimi.

I cambiamenti che il Duce stava operando in Italia, compaiono nei registri parrocchiali il 31 gennaio 1930.

Con una legge del 1925 il fascismo istituiva l’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia, con lo specifico compito di assistere le madri che davano figli alla Patria. Anche a San Bartolomeo fu costruita la “Maternità”, coloro i quali hanno la mia età dovrebbero ricordarne le rovine in luogo dell’odierno campetto da bsaket/pattinaggio in via Pasquale Circelli. Ogni paese doveva avere almeno una levatrice, chiamata poi dal 1937 ostetrica. Il 31 gennaio del 1930 l’arciprete Saccone annotava che la levatrice Angiolina Mariella aveva battezzato il secondo nato di due gemelli, successivamente la cerimonia fu supplita e la madrina fu A.B.

Ipotizzo, per averlo letto tante altre volte, che il secondo gemello, non dovette sembrare alla levatrice molto robusto e probabilmente non avrebbe superato la notte, pertanto lo battezzò.

I due gemelli invece, superarono la notte ed il parroco provvide a supplire la cerimonia con la madrina scelta dai genitori.

Dopo Angiolina Mariella, nei registri di battesimo si incontrano le levatrici Maria Citriniti, Aristida Pettinaro, Maddalena Lamber e Giorgina Bolognesi. Le prime tre a San Bartolomeo trovarono anche marito, la Bolognesi in una Gazzetta Ufficiale del 1953 si incontra levatrice a Teodorano di Meldola (FC), ed inoltre lavorò anche a Volturara Appula.

La sig.ra Pettinaro è importante nella storia di San Bartolomeo, non solo come levatrice, perché fece nascere migliaia di bambini fino a metà anni ’70, ma perché fu seguita a San Bartolomeo dalla giovane sorella Delfina, indimenticata professoressa di latino e successivamente Preside nei nostri istituti scolastici.

L’8 aprile del 1937 l’arciprete Ernesto Saccone celebrò il suo ultimo battesimo, probabilmente di lì a poco nacque in cielo. Dopo oltre quarant’anni vi fu un cambio al vertice nella carica arcipreturale della chiesa Cattedrale di San Bartolomeo Apostolo, fu inviato un giovane sacerdote nativo di Roseto Valfortore, don Giulio Scrocca quale vicario, la prima firma di don Giulio nei registri battesimali la troviamo datata 14 novembre 1937 quale Vicario Economo, divenne arciprete il 24 febbraio 1938.

Una circolare del Governo del dicembre 1926 imponeva di far partire il conteggio del tempo dalla marcia su Roma, dal 28 ottobre 1922 iniziò l’Era Fascista. Qualsiasi data, doveva necessariamente avere la datazione dell’Era Fascista, o al massimo la doppia datazione col calendario gregoriano.

Don Ernesto Saccone benché avesse il fratello podestà Ignazio, non si era mai adeguato, incuria o un sottile antifascismo? Fu don Giulio ad introdurre nel registro di battesimo del 1940 la data corrispondente: Anno XVIII E.F.

Il 9 giugno del 1940 vigilia della dichiarazione di guerra alla Francia ed all’Inghilterra, Don Donato D’Onofrio era in chiesa Madre ad amministrare due battesimi.

La figura di don Donato D’Onofrio è per noi sconosciuta, ma è indubbia la sua importanza nel capitolo cattedrale della nostra chiesa.

Il 12 aprile del 1942 fa la sua comparsa nei registri parrocchiali la firma di un giovane sacerdote don Ciro Canfora, destinato a ricoprire la carica arcipreturale per oltre 30 anni.

Il 25 luglio 1943, mentre il Fascismo crollava sotto i colpi dell’ordine del giorno Grandi, don Donato D’Onofrio era in chiesa e stava amministrando altri due battesimi.

Il 26 dicembre 1946 leggo per l’ultima volta il nome di don Donato D’Onofrio nei registri di battesimo, per oltre 50 anni questo sacerdote è praticamente vissuto tra le mura della chiesa madre ed ha amministrato migliaia di battesimi.

Di fianco alla registrazione del sacramento del battesimo, vi è una piccola annotazione che riporta il futuro matrimonio del bambino. Ebbene, a volte per molte pagine di seguito, i matrimoni dei nati nel primo dopoguerra si sono celebrati all’estero, la metà della generazione post bellica è sparsa per il mondo: Canada, Belgio, Germania, Svizzera etc etc. Ovviamente la registrazione dei matrimoni è rilevata solo in piccola parte, moltissimi non hanno mai portato le carte dal parroco per l’annotazione di avvenuta celebrazione.

Il 3 gennaio 1956 amministra il suo primo battesimo il più grande sacerdote che abbia avuto San Bartolomeo nell’ultimo cinquantennio: Don Clemente Arricale. I nomi dei sacerdoti che si susseguono nell’amministrazione dei battesimi diventano più conosciuti e riusciamo a dargli anche un volto: Padre Aniceto D’Andrea, Padre Silvestro D’Andrea, don Giovanni Sanginario, don Michele Ricci, don Vincenzo Ricci.

Il 12 agosto 1956 don Giulio Scrocca martoriato nel fisico da una gravissima forma di artrite deformante, celebra il suo ultimo battesimo, resterà parroco fino alla sua morte, ma il primo sacramento non lo amministrerà più.

Don Ciro Canfora diviene Vicario Curato, carica che ricoprirà fino al 1963 quando verrà nominato parroco della chiesa madre e vi resterà fino al 1996.

Dopo un periodo di confusione a seguito delle dimissioni per raggiunti limiti di età di Mons. Canfora, dove si succedono vari amministratori parrocchiali, nel 1999 sarà nominato parroco il sacerdote di Baselice don Francesco Iampietro, dal 2017 è parroco della nostra chiesa Madre don Gianluca Spagnuolo.

Parroci della chiesa di San Bartolomeo Apostolo in San Bartolomeo in Galdo

  • …. – 1937 – don Ernesto Saccone;
  • 1937 – 1957 – don Giulio Scrocca;
  • 1963 – 1996 – don Ciro Canfora;
  • 1997 – 1999 – Amministratori parrocchiali
  • 1999 – 2017 – don Francesco Iampietro;
  • 2017 – ……. – don Gianluca Spagnuolo.



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