Se chiedete a quelli della mia generazione chi sia il dio greco del basket, tutti vi risponderanno Nikos Galis, l’uomo che quasi da solo mise in ginocchio Sabonis e Petrovic agli Europei del 1987. Trascinò di peso la Grecia ad una vittoria sorprendente in quell’Europeo giocato in casa.
Se rivolgete la domanda ad un giovane cestista, vi risponderà Giannis Antetokounmpo, colui che ha riportato il titolo NBA a Milwaukee dopo 50 anni. Prima di lui a far vincere un anello ai Bucks c’era riuscito un certo Kareem Abdul Jabbar.
Lasciamo decantare la finale NBA e riprendersi il giovane Booker, ma soprattutto Chris Paul travolti dal treno greco e tributiamo gli onori a chi li merita.
Giannis è il primo ed è ovvio, è lui che è diventato una superstar della Lega con ancora enormi margini di miglioramento.
Il secondo tributo va al grandissimo John Hammond, nel 2013 era il General Manager della franchigia del Wisconsin, e mentre i Cavaliers storditi dalla decision di Lebron sprecavano la prima scelta assoluta con Anthony Bennet, Orlando prendeva Oladipo e Washington draftava Otto Porter, John aveva messo gli occhi su un esile giocatore della A2 greca, uno smilzo altissimo di nome Giannis, di cui solo John aveva intravisto le potenzialità.
L’anno successivo anche altri commentatori NBA parlavano di Giannis come possibile crack, ma gli anni passavano e i miglioramenti seppur c’erano, lasciavano presagire solo un buon giocatore. Mettere muscoli su quel corpo esile era rischioso, avrebbero potuto frenarne la crescita e rovinargli la tecnica, un po’ come successe a Toni Kukoc.
Ma il brutto anatroccolo s’è trasformato in dominatore assoluto, ha vinto due volte il titolo di miglior giocatore della Lega e quest’anno ha riportato l’anello a Milwaukee dopo cinquant’anni, con una gara 6 da 50 punti. Gli ultimi due giocatori ad aver realizzato cinquanta punti in una finale NBA si chiamano Lebron James e soprattutto Michael Jordan e scusate se è poco.
Lunga vita a Giannis, ma noi amiamo Nikos.