Oggetto del mio studio è l’insediamento di San Bartolomeo in Galdo , un paese in provincia di Benevento, nel Medioevo. Il nome di questo piccolo centro richiama alla mente i galdi longobardi e fa quindi presagire la remota origine del borgo.
Grazie al ritrovamento di alcuni reperti archeologici, si è venuti a conoscenza che già nel 180 a.C., a nord-ovest di San Bartolomeo in Galdo sorgeva un agglomerato urbano allora fiorente, grazie all’immigrazione forzata di una colonia di Ligures.
Per quanto riguarda il periodo longobardo, purtroppo i documenti esistenti sono scarsi; ciò che rimane riguarda un diploma dell’anno 774, attribuito ad Arechi II,principe di Benevento, nel quale è menzionata una chiesa esistente a quel tempo nel territorio di San Bartolomeo in Galdo.
La maggior parte dei documenti ritrovati riguarda invece il XIV secolo e sottolinea la stretta dipendenza del paese con il monastero di Santa Maria del Gualdo Mazzocca.
Da un atto relativo al 1327, si è venuti a conoscenza del ripopolamento di San Bartolomeo in Galdo, totalmente privo di abitanti in quel periodo, proprio ad opera dei monaci del monastero del Gualdo. L’otto maggio 1331 gli abitanti di questo nuovo borgo ottennero delle “immunitates, franchitias et libertates” ad opera dell’abate Nicola da Ferrazzano e nel 1360, l’abate Nicola da Cerce concesse loro dei veri e propri statuti, i quali sono di fondamentale importanza per ricostruire la storia di questo centro della Valfortore.
Per quanto riguarda gli studi su San Bartolomeo in Galdo, possiamo dire che varie monografie sono state scritte e tutte inquadrano il paese nei suoi aspetti generali: storia, ubicazione, economia, società , soffermandosi soprattutto ai tempi attuali.
La Monografia su San Bartolomeo in Galdo di Nicola Falcone, pubblicata a Napoli verso il 1853 da Filippo Cirelli nell’opera “Il Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato”, rappresenta la prima vera monografia dedicata all’abitato.
Vi si disegna un inquadramento storico di San Bartolomeo in Galdo, a partire dal periodo longobardo, passando poi a descrivere i rapporti del piccolo borgo con il monastero di Santa Maria del Gualdo soffermandosi sul testo delle “immunitates,⦔ e dei Capitula. A volte l’autore riporta delle notizie poco precise, determinate dal fatto che al tempo non erano stati ancora ritrovati molti documenti sul territorio. Nell’opera ritroviamo anche la descrizione del paese con le sue chiese, le sue fontane, una descrizione precisa proprio perché l’autore conosceva quei luoghi e ad essi era legato.Negli anni successivi, altri studiosi si sono soffermati su San Bartolomeo in Galdo, traendo spunto proprio dall’opera di Falcone, come A. Mellusi e A.Meomartini, anche se però il loro interesse nei confronti del paese si riduce a poche pagine, perché pensato nell’ambito di un discorso che riguarda l’intera provincia beneventana.
Una monografia più completa è stata scritta da Vincenzo Del Re nel 1962, “San Bartolomeo nei suoi aspetti storici, geografici e folkloristici” è questa un’opera che illustra compiutamente gli aspetti geografici e ambientali, nonché economici e storici del paese. Dalle caratteristiche geografiche, l’autore passa a ricostruire la storia di San Bartolomeo dalle origini al periodo della dipendenza dalla Badia di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca, dal successivo dominio degli abati commendatari all’erezione in comune della provincia di Capitanata nel Regno di Napoli e infine al passaggio, dopo l’unità d’Italia, alla provincia di Benevento.
Ma sicuramente è nell’opera di F. Morrone, “S. Bartolomeo in Galdo. Immunità , franchigie, libertà , statuti” (1994), che ritroviamo un più preciso inquadramento storico del piccolo centro della Valfortore, possibile anche grazie al ritrovamento, da parte dell’autore, di documenti importanti relativi al XIV secolo, periodo in cui il paese ha conosciuto una vera e propria rinascita. L’autore riporta notizie relative al 1327, alle “immunitates,⦔, agli Statuti, passando poi ad analizzare la baronia di San Bartolomeo in Galdo e la sua vita politica, sociale ed economica fino all’unità d’Italia.
Ciò che manca in tutte queste monografie, a mio avviso, è un’analisi più accurata delle abitudini, degli usi e dei costumi del popolo sanbartolomeano nei secoli medievali.
Per quanto riguarda le origini più remote, poco è stato scritto perché la gran parte dei documenti è andata perduta.