Posso solo ricordarti.
Il due marzo, di un anno imprecisato del diciannovesimo secolo, era una giornata glaciale, e in un piccolo e annerito sottano di San Bartolomeo in Galdo una giovanissima ragazza era in preda alle doglie del parto, ma invece dell’immensa gioia che la futura nascita doveva cagionarle, si macerava nella tristezza pensando alla vergogna e al futuro di miseria a cui sarebbero andati incontro lei ed il nascituro.
Il padre, con il favore del buio, andò a chiamare la mammana. Comare Cuncetta mise lo scialle e taciti si avviarono verso la misera stanza.
Il buio, lacerato dalla fiammella a petrolio, lasciava indovinare i profili di un mulo, una giovane donna precocemente invecchiata con in braccio un bambino di pochi anni e aggrappati alla sua frusta gonna altri due bambini poco più grandi, emaciati e con i poveri abiti lisi.
Sul pagliericcio c’era una donna poco più grande di una bambina che si contorceva per le doglie.
Ne aveva viste tante Comare Cuncetta, non aveva il cuor di pietra, ma nemmeno era facile ai sentimentalismi. Iniziò a travagliare e alle 11:30 nacque una bambina. Forse il Signore ebbe compassione o forse furono “altri” ad aver compassione della bambina, non lo sappiamo e non è nemmeno importante, ma invece dei primi vagiti, la piccola giunse al mondo in un tetro silenzio.
Ne aveva viste tante Comare Cuncetta e il giorno successivo alle 10:50 andò in Comune recando con sé dall’Assessore Tomacelli un piccolo fagottino esanime e dichiarò che la notte precedente alle 11:30 era nata da una donna che non “consente di essere nominata” una bambina che il funzionario comunale riconosce “essere senza vita”. Ed in un attimo di estrema pietà le dà il nome di ROSA BELFIORE, un piccolo angelo unita immediatamente alla schiera dei beati in paradiso.
Ed io posso solo ricordarti bellissima ROSA BELFIORE.
Erano altri tempi. A volte sento persone che sospirando ripetono: “Erano bei tempi, ora è tutto più brutto”. Io credo che i tempi andati appaiano migliori, soprattutto perché sono passati”.