Il 10 febbraio 2013 alle ore 11:00 il Pontefice Benedetto XVI in un Concistoro Ordinario tenutosi per la canonizzazione di alcuni beati dichiarava, rigorosamente in lingua latina, di rinunciare al Ministero Petrino (…declaro me ministerio Episcopi Romae renuntiare) a causa dell’età avanzata (ingravescente aetate), ci colpì l’espressione indifferente dei cardinali presenti al concistoro, alla rinuncia epocale del Pontefice, nella storia millenaria della Chiesa Cattolica era successo solo un’altra volta circa 700 anni prima, non ebbero nessuna reazione. In realtà non avevano compreso la gravità di ciò che stava avvenendo, ci volle una giornalista dell’ANSA, la vaticanista Giovanna Chirri, che fece lo scoop della vita, per annunciare le dimissioni di Papa Benedetto XVI. I cardinali presenti al concistoro, gli altri giornalisti, avevano facce sonnacchiose, distratte, semiattente, nessuno comprese ciò che era successo.
I politici di oggi, indipendentemente dallo schieramento parlamentare, sembrano tanti cardinali presenti a quel concistoro, sta cambiando il mondo, almeno per quanto riguarda l’Italia, e loro sembrano non capirlo. Ogni tanto leggono qualcosa sul giornale e recitano qualche frase di circostanza.
Ci è capitato in questa campagna elettorale per le regionali di ascoltare alcuni candidati del centro sinistra sia in Puglia che in Campania scagliarsi contro il governo di centro destra perché nel Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne al capitolo 2.2 nell’Obiettivo 4 si leggeva che alcune zone interne bisognava accompagnarle in un percorso di declino irreversibile, zone che ormai non hanno nessun obiettivo, ma che nemmeno possono essere abbandonate a se stesse, ma accompagnate in un percorso di declino e invecchiamento, dignitoso per chi ancora ci vive.
Il Piano Strategico è stato pubblicato a fine marzo e probabilmente l’avevamo letto noi, Gianfilippo Mignogna e Marco Esposito, almeno finché la penna di Franco Arminio il 30 giugno u.s. dalle pagine de Il Fatto Quotidiano lanciava il grido d’allarme sull’eutanasia dei paesi, sul suicidio assistito dei paesi in fase terminale.
Dopo l’allarme di Arminio si sono svegliati un po’ tutti. Ci è sembrato di rivivere il concistoro del 10 febbraio 2013, solo dopo l’articolo di Giovanna Chirri tutti hanno compreso che il Papa aveva rinunciato al suo Ministero, così tutti si sono accorti di ciò che era scritto nel Piano Strategico solo dopo aver letto Arminio.
E ciò la dice lunga sull’interesse della politica per le aree interne.
La formulazione del Ministero del Sud guidato dal piacentino Tommaso Foti, è stata talmente infelice, che lo stesso Ministero in una formulazione posteriore del Piano Strategico l’ha cancellata. Basta andare sul sito del Ministero e constatare che nel Piano pubblicato mancano i sottoparagrafi 2.2 e 2.3.
Appunto basterebbe andare a leggerlo per evitare di dire sproloqui durante le campagne elettorali.
Ciò dimostra però, che delle aree interne non importa nulla a nessuno o quasi. Quasi nessuno aveva letto il Piano Strategico nella sua prima formulazione, quasi nessuno si è preso la briga di leggere le sue correzioni.
Emerge con forza, da questa polemica spicciola da campagna elettorale, che il tema delle aree interne dovrebbe essere al di sopra delle beghe politiche, dovrebbe essere nei programmi di maggioranza ed opposizione, dovrebbe destare maggiore attenzione da parte di tutti gli attori sul palcoscenico.
Si è scatenata sull’Italia una tempesta perfetta, che non sappiamo dove ci porterà. Un calo demografico mai visto, la scomparsa dei giovani, il modo miope e balordo in cui affrontare questa crisi da parte dello Stato drenando giovani da Sud a Nord.
Quei giovani che tra qualche anno mancheranno anche per loro.
Tutti i genitori sono contenti dell’affermazione dei figli, ma quell’affermazione giocoforza avviene lontano dai luoghi d’origine. Non vi è una libera scelta nel decidere di partire, ma lasciare il Meridione e le zone interne a volte è l’unica opzione possibile.
In questi primi 8 mesi del 2025 il Sud e le Isole hanno perso già 42764 abitanti, se il Centro è rimasto con una popolazione invariata un +38, il Nord guadagna 34135 residenti.
Se a Sud possiamo parlare di “spopolamento” senza tema di essere in errore, a Nord la parola spopolamento non è del tutto corretta. Il Nord non perde abitanti, anzi li aumenta a scapito del Meridione, dal Rubicone in su, per ora il problema è la distribuzione degli abitanti non la mancanza.
Nel Rapporto Montagne Italia 2025 redatto dall’UNCEM leggiamo che negli ultimi 3 anni la popolazione delle aree interne e montane del centro nord è aumentata di 100000 unità.
Chi sta facendo di più, con infrastrutture e servizi è l’Emilia Romagna ed infatti il suo tasso di crescita della popolazione appenninica è del +46,7 per mille, la Toscana con +37 per mille, la Liguria con +32,16 per mille, il Piemonte con +26,4 per mille, ma sono positivi anche i dati delle Provincie Autonome di Trento e Bolzano, di contro la Calabria fa registrare un -21,9 per mille, la Basilicata un -18,3 per mille e via dicendo.
Anche il Governo è diventato sensibile al “grido di dolore” delle Terre alte e il 19 settembre 2025 il Senato ha approvato in via definitiva la legge “Calderoli” per il riconoscimento e la promozione delle zone montane, stanziando circa 200 milioni di euro che serviranno a incentivare docenti e medici che sceglieranno di lavorare in zone montane, credito d’imposta e punteggi premiali nei concorsi, scuola a distanza, connettività digitale, sostegni per chi ristruttura edifici in quota e per giovani imprenditori.
Sarebbe anche una buona legge se non ci fosse l’art. 2, il quale recita che entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge devono essere classificati i comuni montani tenendo conto del parametro altimetrico e della pendenza, scompaiono per la classificazione di comune montano i parametri di accessibilità ed isolamento, condizione socio economiche, tradizione storica e geografica.
A pensar male si fa peccato, ma sembra che la legge Calderoli vada a favorire solo i comuni dell’arco alpino, tagliando fuori gran parte dei paesi appenninici che si trovano prevalentemente al centro sud. Mancano pochi giorni al 19 dicembre, chi vivrà vedrà.
