Il 26 settembre 2015 alla Festa dell’Unità dell’Alto Sannio svoltasi a Foiano, Giuliano Casamassa, segretario del circolo locale del Partito Democratico, affermava:
“Abbiamo per fortuna un consigliere provinciale, Giuseppe Ruggiero, che sta lavorando bene in provincia“. Ruggiero era destinatario di tale affermazione per il suo impegno nella costruzione della ormai famigerata “Fortorina”. Durante il convegno a margine della Festa, dal titolo: “Infrastrutture: la volta buona”, il Ruggiero con determinazione affermava: “Dobbiamo tessere tutte le possibili soluzioni sulla viabilità per liberare il Fortore dell’isolamento”.
Non ce l’abbiamo col Ruggiero, abbiamo la stessa considerazione di lui di quella che l’indimenticato Angelo Manna aveva di Mastella, tuttavia occorre ammettere che noi di San Bartolomeo non facciamo testo, e forse non dovremmo nemmeno esprimere critiche sui politici limitrofi, pensavamo di entrare nella neonata provincia di Benevento con lo status di star, visto il nostro essere denonimato: la regina del Fortore, ma dovemmo accorgerci ben presto che a Benevento eravamo considerati come gli ultimi garzoni, poco amati e mal sopportati. Il Martini, consigliere provinciale nel 1861, subì l’onta di vedersi scippare dal ben più furbo Iacobelli di San Lupo il rango di capoluogo di distretto e solo il precipitare della situazione (la terribile guerra civile che si svolse nel Meridione) ci consentì di conservare il nostro stato. Dopo questa figuraccia, preferimmo inviare a Benevento come rappresentante del nostro mandamento il sig. Antonio Carissimo di Foiano. Baselice invece, riuscì ad inviare ben due consiglieri: Giovanni Lembo e Rosario Petruccelli.
E qui inizia il primo dei misteri che contraddistinguono questa famigerata strada. Il Consiglio Provinciale approvò il tracciato che da Benevento conduceva a San Bartolomeo in Galdo, attraversando i punti intermedi di Pietrelcina, Pescolamazza, San Marco dei Cavoti, brecce di San Giovanni, Baselice e San Bartolomeo in Galdo. Con tale approvazione reputò implicitamente più conveniente il passaggio da Baselice.
Con voto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, approvato con Decreto Reale, il tracciato fu modificato, dalla linea di Baselice si optò per quella di Foiano.
La Giunta Municipale di Baselice chiese immediatamente una seconda verifica per mezzo di un Ispettore del Genio Civile. Le sue conclusioni furono portate e discusse all’interno del Consiglio Provinciale. Il combattivo consigliere Lembo mise in rilievo che il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici non poteva intervenire per correggere una deliberazione del Consiglio Provinciale, in poche parole non poteva scavalcarlo. Il Commissario del Re combatté tale opinione. Per salvare capra e cavoli: evitare una figura barbina al Consiglio Provinciale e accontentare i “potenti” che avevano modificato il tracciato, il Presidente della Provincia Michele Ungaro stabilì che si rivotasse: se tornare al vecchio tracciato per Baselice o dar seguito ai rilievi del Consiglio Superiore dei lavori pubblici e costruire la strada per Foiano.
Nonostante l’impegno del consigliere Lembo e l’appoggio del Consigliere anziano Petruccelli e ancor più del disinteresse totale del foianese Carissimo che non partecipò alla votazione, la proposta di tornare al tracciato originario per Baselice fu bocciata per un solo voto 12 a 11. Merita una menzione il consigliere di San Marco Jelardi che votò come Lembo e Petruccelli.
Il Consigliere Lembo non accettò sic et simpliciter tale deliberazione e chiese spiegazioni sul perché il Consiglio Provinciale dopo aver avallato in tutti i suoi atti precedenti il percorso per Baselice, cambiasse idea senza motivazioni.
La risposta del Consigliere Capilongo di Benevento è emblematica di come andava il mondo e di come va: “Se avessimo votato nuovamente per Baselice, la costruzione della strada sarebbe indefinitamente prolungata per la opposizione al Decreto”. Tradotto: “La strada o si costruisce per Foiano, o non si costruisce affatto”.
Deciso da qualcuno a Roma che la strada dovesse passare per Foiano, si passò, o almeno si sarebbe dovuto passare, alla costruzione. E qui c’è il secondo mistero. La Deputazione Provinciale non bandì una gara di appalto, ma stipulò il contratto di costruzione direttamente con la ditta De Rosa per la cifra di lire 1.500.000 (un milione e cinquecentomila lire).
È ancora il Consigliere Lembo che ruppe le scatole, e in Consiglio Provinciale, fece notare che alla ditta De Rosa non era stato imposto nessun termine per la consegna della strada. La Provincia in realtà, non era in grado di poter obbligare nessuno, anzi doveva anche ringraziare la ditta De Rosa, la quale aveva accettato di costruire la strada a credito, ricevendo lire 100000 (centomila) annue, poiché la situazione nazionale era già pessima, i soldi dei Borbone erano finiti e lo Stato italiano doveva aspettare i fondi del Piano Marshall per costruire qualcosa. Il Prefetto rispondendo alla Provincia scriveva: “Ci siamo trovati, in epoca finanziariamente ben triste per poter contrarre il prestito votato, poiché il grave ribasso de’ nostri fondi pubblici, l’elevato sconto delle banche estere, il corso forzoso dei biglietti bancarii, ed alle fedi di credito […] Ci vedemmo quindi nell’alternativa o di trascurare ancora l’attuazione della tanto desiderata strada, o di trovare altro mezzo che non fosse il prestito. Non abbiamo esitato di appigliarci al secondo partito, poiché siamo convinti che ciascuno di voi avrebbe fatto altrettanto […] Dopo lunghe pratiche avute da noi con la Impresa De Rosa, la quale offre le più solide garantie per l’esecuzione dell’opera, abbiamo alla medesima data in appalto la costruzione della strada, prescegliendo il sistema di pagarne i lavori a misura, ed alla base di una tariffa a prezzi concordati tra noi, e l’Impresa, dopo avere ripetutamente su di essi portato il nostro scrutinio, ed inteso il parere di persone competenti. Poiché i calcoli donde siamo partiti c’inducono a ritenere, né voi potrete sconvenirne, che la nostra Provincia non possa erogare per quest’opera annualmente se non la somma di lire centomila o poco più, e poiché non sarebbe certamente convenuto di impiegare oltre 15 anni, spendendo annualmente tal somma, per vedere ultimata la strada, noi abbiamo contrattato che non essendo la Provincia obbligata ad altro che ad erogar solo la detta annua somma di lire cento mila, è però tenuta l’Impresa ad anticipare il dippiù necessario per ultimar l’opera, riscuotendo su tale anticipo il non gravoso interesse del 6 per cento. Ed ora finalmente possiamo dire che la Strada Valfortore, la quale vanteggerà immensamente il commercio di questa Provincia, e darà, anima, e vita novella a tutti i paesi del Circondario di San Bartolomeo, non sia più un desiderio, ma un vero fatto compiuto”.
Che la strada fosse un “vero fatto compiuto” fu la prima furfanteria fatta alla Valfortore. Come abbiamo visto, nella relazione di fine mandato del commissario Conti del 1909 la strada per San Bartolomeo non era stata ancora ultimata, mancava anche il ponte di setteluci. A distanza di 43 anni, attendevamo ancora.
Quando la strada fu finalmente ultimata si dimostrò già vecchia, progettata per cavalli e carrozze, fu ultimata quando cominciò ad essere percorsa dai mezzi a motore, ed iniziò il nuovo calvario, ammodernare il tragitto. Lo stiamo aspettando ancora oggi, le ultime promesse in ordine di tempo sono del Ruggiero e di Del Basso De Caro, ma hanno avuto illustri predecessori anche nostri paesani.
Siamo una popolazione felice, perché come dice un proverbio tedesco: “Vorfreude ist die schonste Freude” (Pregustare è il modo migliore di gustare) e noi stiamo pregustando da 150 anni.
(In basso “titoloni” di rassegna stampa locale sulla Fortorina)
Ariadeno
Editing: Antonio Vinciguerra
Foto: Archivio Storico Vinciguerra.