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venerdì, 22 Novembre 2024

Analisi di una sconfitta elettorale

Il campanile comunaleSono trascorsi solo pochi giorni dalla onorevole sconfitta elettorale riportata dalla lista di “Alleanza Popolare” in San Bartolomeo in Galdo, che ha visto l’affermazione del gruppo “Punto e a capo. Nuovo Corso”, capeggiato dal sindaco neoeletto ing. Sangregorio.

Ha vinto il desiderio di novità. La necessità di cambiamento, di rinnovamento ha prevalso sul raziocinio dettato dalla disamina della disastrata situazione economica delle casse comunali.
La storica classe dirigente locale non è stata riconfermata in veste di protagonista indiscussa dello scenario politico. Essa tuttavia permane come governo ombra, avendo sostenuto palesemente la lista risultata vincente; permane inoltre all’opposizione incarnata da esponenti di rilievo della vecchia guardia.
Ha pesato sull’esito della consultazione popolare l’ingerenza indiretta di alcune forze politiche, forzatamente comprimarie, illusioniste in virtù del fatto che hanno illuso in riferimento al potenziale sostegno elettorale, venuto invece a mancare in maniera preordinata e determinante.
Io figuravo nel gruppo di “Alleanza Popolare” in qualità di candidato per il Consiglio comunale, alla prima esperienza attiva nell’arena politica, testimone in-consapevole del marasma che ad oggi caratterizza l’attività politica nei piccoli comuni del “Bel Paese”. La latitanza dei partiti, sempre più evidente negli ultimi anni, determina la scelta dei candidati nella rosa dei papabili, in base all’appartenenza a famiglie più o meno numerose, riconoscendo come prioritari gli interessi particolari e marginalizzando le risorse umane che, per “forma mentis”, potrebbero contribuire ad apportare utili cambiamenti alla mentalità vigente nelle roccaforti del clientelismo. La costituzione di tre liste civiche sintetizza bene l’ininfluenza partitica a livello locale.
Questa esperienza di vita è stata illuminante, avendo avuto la possibilità di conoscere meglio la natura umana. L’incoerenza, l’ipocrisia, la mancanza di dignità, il materialismo, l’ambizione da un lato “versus” la saggezza e la temperanza, la “ratio” e il senso di responsabilità, l’esperienza e la perizia dall’altro. Quanto sopra non fa riferimento alle virtù o alle debolezze dei singoli candidati, quanto alle peculiarità riscontrabili nell’animo umano, approfondite con il quotidiano esercizio delle pubbliche relazioni in queste ultime settimane.
Ho accettato con entusiasmo la proposta di candidarmi, sentendomi pronto per un impegno che potesse permettermi di essere utile alla collettività, che potesse farmi crescere gradualmente, apprendendo i meccanismi della politica e della pubblica amministrazione, conscio della rilevanza dei problemi da affrontare.
L’impatto frontale con la realtà locale non è stato scevro di conseguenze. Innanzitutto ho preso coscienza del fatto che l’arte della politica a questi livelli è spesso impersonata da commedianti di bassa levatura, con dei discenti affetti da quella cecità (non me ne vogliano i non vedenti!) che pervade la nostra società e che con il tempo porta ad affiorare il peggio in ciascuno, come descriveva bene Saramago in un suo romanzo. In effetti “noi esseri umani siamo ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono”.
Ho appreso che avere fiducia in qualcuno, anche a noi vicino, può essere pericoloso e che in politica nessuno è meramente amico; che questa nobile arte è sovente bistrattata dai suoi interpreti, moralmente inadatti ad esprimere gli alti valori di cui dovrebbero farsi promotori.
Ho visto come il compromesso, le false promesse, le menzogne, la compravendita di voti, paghino in termini di risultati elettorali. È ciò che la gente vuole, essendovi abituata da sempre in questo Meridione che mai si sottrarrà al giogo del servilismo, fino a quando non tornerà ad essere libero. Parlo di libertà perché quando non c’è lavoro, quando la precarietà è ubiquitaria, quando l’incertezza la fa da padrona, gli elettori sono vincolati dallo stato di necessità e sono succubi della paura. Ebbene in questa parte d’Italia il suffragio sarà pure universale, Signori, ma non è libero!
Tante altre sono le verità intelligibili, ma al contempo indicibili a mezzo stampa.
Desidero solo ricordare ai vincitori di questa competizione che la vittoria, come ci insegna Hemingway ne “Il vecchio e il mare”, non deve essere fine a se stessa. Nell’interesse della comunità gli avversari, in questa circostanza sconfitti, vanno rispettati e trattati come tutti gli altri cittadini, non come parte avversa belligerante, memore delle incomprensioni di un recente passato (l’ultimo quinquennio) e della omogenea ripartizione del consenso tra le due parti in causa.
Le responsabilità che Vi attendono in qualità di rappresentanti istituzionali sono gravose, le scelte che Vi accingete a fare condizioneranno l’avvenire dei nostri figli e non dimenticate che presto sarete chiamati a rispondere del vostro operato.
Porgo cordiali saluti e auguro buon lavoro alla nuova Amministrazione!

Armando Orlacchio – da "Il Sannio Quotidiano" del 22/06/2009

 

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