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Parlez-vous italish?

Il professor Sgambato circa 16 anni fa pubblicava su “Il Sannio quotidiano” un piccolo articolo dal titolo “Parlez-vous italish?”. Il professore prendeva di mira in modo divertente e con garbo, l’abuso dei termini stranieri, in particolar modo dell’inglese, nella lingua italiana. Era l’agosto del 2002, a distanza di 16 anni, il Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana avrebbe pubblicato un “Sillabo per la scuola secondaria di secondo grado di Educazione all’imprenditorialità”, una guida all’imprenditorialità zeppa di termini inglesi da far sembrare il divertente articolo del professor Sgambato uno scritto dell’Accademia della Crusca.

All’articolo del prof. Sgambato segue il link che riporta alla versione integrale del “Sillabo” ministeriale, di cui riportiamo solo alcuni termini:

Entrepreneurship Education, startup, mission e vision, Personal model canvas, Silent Coaching, trend, stakeholder, case histories, Innovation & Creativity Camp o Startup bootcamps, scheda SWOT, challenge, Hackathon, stakeholder (anche attraverso format di matchmaking), blended, team-building, Leadership, approcci di design thinking, target, lean startup, Minimum Viable Product, User Interaction e User Experience design, partnership, community engagement, Theory of Change, fintech, cryptocurrencies, edugames…

 Se l’articolo del Professore ci strappa un sorriso, le note del Ministero ci fanno storcere il naso.

Lungi da noi la ridicola autarchia linguistica del regime fascista che sostituiva le parole cognac con arzente, o panorama con tuttochesivede, o champagne con sciampagna, ma forse un po’ di moderazione, da parte di chi dovrebbe preoccuparsi dell’insegnamento della lingua italiana ai nostri giovani, non sarebbe superfluo.

 

Parlez-Vous Italish?

Io ci provo con un racconto in microlingua.

Il freelance Bob fece un bliz nella hall dell’office dove si teneva il briefing del morning. Tutto OK? Gli chiese il Chairman, un robot, un maître a penser dell’intelligence bureau, impegnato nello skimming e scanning di una pay envelope top secret con design, forse un pocket bestseller. Tutto OK! Annuì Bob nel rush finale dello screening al «Newsweek Magazine» e all’escalation di news sull’impeachment della jet-society in free holiday con travel last minute, una soap opera in bungalow con personal yacht off-shore. Fu un big stress l’advertisement di un master per top manager, un MBA in Management, in camping una VIP residence abroad con tanto di club privé, hostess e disc-jockey hi-fi per i teenagers punk, con coinvolgimento di feeling e suspence per colmare il gap del background. Il plan, dopo un brain storming scandito da breakfast, break, dinner, cocktail ed happening serale indoor, prevedeva una full immersion day-by-day nei segreti dell’audience, e dei mass media, con uno stage outdoor con approfondimento e monitoraggio di leadership, fiscal-drag, franchising, joint-venture, future, deregulation, leasing, merchandising, golden-share, capital-gains, factoring, exit-poll, job-sharing, antitrust e welfare. Euro cash pagamento in cheque imposto dal bear market procurato dall’inside trading, per l’acquisto di shares a conferma dello status symbol alla ricerca di welfare state da parte della middle upper class, con hard stress per il jet-lagged, nel villaggio globale della New economy no-global. «E i Black Snow?» La domanda di Tom, un partner troppo junior a part time un po’ underground ed in jeans e look casual che curava la performance, diede verve al briefing. Uno slang dopo l’altro, e «last but not least» come dicono gli inglesi, l’intellighentia del team propose del culturale con quiz, test ed un revival tout-court dei ways of life della Beat-generation dei secondi anni cinquanta. Ma l’item sul trend del target era out, davvero old fashion per le fans dei boys dell’équipe coinvolta nel rendez vous. E così si suggerì un check dei gusti dei young people, drug dipendenti e con problemi di dropout. Il leader, the first e the best, dal look impeccabile, ridisse OK! Alla phone call del cellulare Bob lasciò il meeting. Il dealer-broker di un folk singer era on line per un talk-show durante un party per l’establishment nel summer festival con sponsor la pro-loco, il tutto fifty-fifty. Prima però il Manager voleva dai partners un flash del logo, degli spots, dei posters e gli advertisements del daily newspaper con troppi gadgets ed un rigoroso fair play deontologico delle «5 W» le cinque regole d’oro del giornalismo: who? a person, what? a thing/an idea, when? a time, where? a pace, why? a reason. Certamente, a patto che il file delle news sul computer, protetto dagli hackers, non fosse in tilt! … Lo snack bar al corner dell’insegna «Lions» ormai aveva soltanto fish and chips, hot-dogs e French fries: Era un black Friday, uno stress da crack per Bob, il marketing in escalation, con puritano proibizionismo, sponsorizzava «no alcoholic drink», soltanto soft drink con tickets, così imponeva l’imperante équipe elitaria delle lobbies. A Bob non restava che inforcare la mountain-bike e andare per una «pint of beer» in un pub molto «in» per la privacy ove era old customer. Da non credere, era closed per holidays e con «I’m sorry» un cortese advice sulla front-door della public house.

Salvatore Sgambato

 

http://www.miur.gov.it/web/guest/-/promozione-di-un-percorso-di-educazione-all-imprenditorialita-nelle-scuole-di-ii-grado-statali-e-paritariein-italia-e-all-estero

 

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