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venerdì, 22 Novembre 2024

La contea di Civitate

Della serie “L’insediamento di San Bartolomeo nel Medioevo” questa è la volta della Contea di Civitate

Il territorio di San Bartolomeo in Galdo faceva parte, nel XIII secolo, della Contea di Civitate, che è riportata nel ‘Catalogo dei Baroni’ al n. 295. Civitate in origine si chiamava Teano Appulo; distrutta nell’801, fu poi ricostruita da Traiano che le diede il nome di Civitas Traiana, abbreviata poi in Civitate. Durante l’anno mille assunse grande importanza e, sotto i Normanni, fu fatta capitale della regione di Capitanata. Fu nuovamente distrutta durante le guerre tra Angioini e Aragonesi.
Durante la dominazione normanna, la contea rappresentava una unità amministrativa di grande importanza; ne era a capo il comes, cioè il conte, che rivestiva una posizione di rilievo nella gerarchia feudale, grazie al possesso di più feudi organizzati nella sua contea e alla signoria su diverse persone riconosciute alla sua dipendenza. La Contea di Civitate era così formata: “Contea di Civitate. Il conte Filippo di Civitate, come disse Guarmundo figlio di Gualtieri, ha in demanio Campomarino che è feudo di sei militi e Tertiveri, feudo di quattro militi e Montecorvino, feudo di due militi e Volturara, feudo di due militi e Tufara, feudo di un milite e Riccia, feudo di due militi e Macchia, feudo di due militi e metà di Castelvetere, feudo di un milite e San Giovanni Maggiore, feudo di due militi. In totale, tutto il demanio predetto è feudo (tra militi e aumento) di trentadue militi. Insieme, tra feudo e aumento, ha offerto sessantadue militi e centottantuno Serventi”.
Al nome del conte Filippo di Civitate, segue l’elenco dei Baroni da lui dipendenti (Isti sunt barones eius): “N. 309. Ruggiero di Follisville ha asserito di possedere Ripa…”; si tratta di Ripa de Alterno o de Altino situata nei pressi di San Bartolomeo in Galdo. “N. 313. Sardo di Castelmagno possiede Castelmagno che, come ha affermato, è feudo di un milite…”; si tratta dell’attuale contrada disabitata di Castelmagno, nei pressi di San Bartolomeo in Galdo. Al numero 339 compare il feudo di S. Angelo in Vico, nel territorio di San Bartolomeo in Galdo, posseduto per metà da Giroldo de Gay, a partire dal 1210 dal figlio Riccardo de Gay, e in seguito diverrà possedimento del monastero del Gualdo di Mazzocca.
Nella terza parte del Catalogo – “il documento svevo” – che può essere datata al 1239/ 1240, sono riportati i nomi, i feudi e il servizio dei feudatari del Giustizierato di Capitanata. Il documento infatti è intitolato: ‘Hii sunt pheudatarii Justitiaratus capitanate in primis’; quindi i feudatari della nostra zona non appaiono più soggetti al conte di Civitate, ma sono feudatari in primis, cioè investiti direttamente dal re. “N. 1408. Il signore Elia di Ripa possiede Ripa, che è feudo di un milite e Castelmagno, che è mezzo feudo” (è da osservare come Castelmagno sta perdendo importanza). “N. 1441. Il monastero di San Giovanni del Gualdo possiede S. Angelo in Vico, che è feudo di un milite”. Come si può notare, né nel quaderno normanno, né nel documento svevo, compare il nome di San Bartolomeo in Galdo, che non esisteva ancora come feudo.Erano allora feudi solo le contrade, oggi disabitate, di Castelmagno, Ripa e S. Angelo, situate nei pressi dell’attuale capoluogo del Fortore. Ulteriori notizie confermano che nel 1253, nelle vicinanze di San Bartolomeo in Galdo, avvenne la famosa battaglia tra le truppe pontificie, comandate da Jacopo Savello, e le truppe saracene, detta battaglia di San Bartolomeo, nella quale i papalini subirono una grave sconfitta in quanto le loro truppe erano costituite per lo più da gente che non aveva alcuna preparazione militare.
C’è anche chi, però, sostiene che la battaglia ebbe esito opposto,si concluse cioè con la sconfitta dei Saraceni: “Nel 1253 Messer Giacomo Savello, capitano della gente del papa, dà una rotta ai Saraceni sotto San Bartolomeo in Galdo, terra sita in Capitanata…”. Fu in quell’occasione che San Bartolomeo in Galdo o meglio, i feudi che appartenevano al suo territorio, furono completamente distrutti e quel territorio divenne una grancia (dipendenza) del vicino monastero di Santa Maria del Gualdo Mazzocca.

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