Ringrazio la professoressa Anna Maria Papa per avermi permesso la lettura della sua tesi di laurea dal titolo: “Il Lezionario dell’Abbazia di Santa Maria in Gualdo del Cod. Vat. Lat. 5949”.
Giovanni da Tufara fondò nel 1156 il monastero di Santa Maria in Gualdo a Mazzocca, nel 1170 ne divenne il primo priore. Il monastero conobbe una crescita fulminea ed inaspettata, tanto che un secolo e mezzo dopo fu elevato al rango di Abbazia, Palermo fu il primo abate nel 1321.
La riforma dell’Ufficio Divino attuata da Benedetto prevedeva la suddivisione della preghiera in ore canoniche: Mattutino, Lodi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri e Compieta.
Nell’VIII sec. alla preghiera dell’ora prima venne aggiunto dai benedettini l’“Officium Capituli” che abbracciava la lettura del Martirologio e del Necrologio, la distribuzione delle fatiche quotidiane per i monaci in ottemperanza al motto “Ora et Labora”, una lettura spirituale tratta da un brano della Scrittura, dalle lezioni dei Padri della Chiesa o dalla Regola benedettina.
Gli studi della prof.ssa Papa si incentrano sul Lezionario conservato nell’Archivio Vaticano, Cod. Vat. Lat. 5949 che contiene brevi omelie dei Padri della Chiesa.
Il Codice è stato scritto nello scriptorium del Monastero di Santa Maria del Gualdo Mazzocca, tra il 1197 e il 1203 dal monaco amanuense Eustasio in scrittura beneventana, ed è stato miniato dal miniatore Sipontino.
La parte presa in esame riguarda la venuta escatologica del Cristo, inizia la prima domenica di Avvento e termina con la festa dell’Epifania.
“Ci saranno prodigi nel sole, nella luna, nelle stelle e sulla terra gli uomini avranno paura per il rimbombo del mare e delle onde e per lo sconvolgimento dei cieli. Allora si vedrà il Figlio dell’Uomo venire su una nuvola, con grande potenza e gloria. Alzate, allora, la vostra testa perché la redenzione è vicina”.
Il brano soprastante venne letto nella chiesa del monastero il 3 dicembre 1200 prima domenica d’avvento, era una fredda mattina di otto secoli fa. Il buio rischiarato solo dalle candele, il freddo pungente ed una lettura escatologica tratta da un’omelia sui Vangeli di Gregorio Magno, avvicinavano i monaci alla nascita del Redentore in un’atmosfera diversa dal Natale gioioso che conosciamo adesso.
Il Cristianesimo non era ancora stato travolto dalla semplicità e dalla gaiezza del Poverello d’Assisi.
I brani delle letture durante la II, III, IV domenica di Avvento sono sempre tratti dalle omelie di San Gregorio Magno e sono incentrate sulla figura di Giovanni il Battista, il precursore di Gesù.
La Vigilia ed il giorno di Natale il lezionario riporta le letture patristiche tratte dall’8° omelia di San Gregorio.
Il giorno del protomartire Stefano la lettura che risuonò nella fredda chiesa di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca era tratta dal “Commentarius in Evangelium Matheum” di San Girolamo, mentre nel breviario romano la lettura era tratta dalle opere di Sant’Amgrogio.
Il brano patristico per la festa del 27 dicembre di San Giovanni Evangelista è ripreso dall’opera “In Iohannis Evangelium tractatus CXXIV” di Sant’Agostino, anche in questo caso il lezionario di Santa Maria si differenziava dal breviario romano.
Durante l’ora prima nel giorno dei SS. Innocenti martiri del 28 dicembre viene letto un brano tratto dall’omelia nona di Beda il Venerabile: “La morte dei martiri è preziosa e l’umiltà dona la palma del martirio. Bisogna essere come fanciulli per poter morire per Cristo”. Nel breviario romano la lettura è tratta dagli scritti di San Girolamo.
La festa dell’Epifania dell’anno 1221 mette d’accordo il lezionario dei monaci di Santa Maria ed il breviario romano, le letture sono tratte dalla decima omelia di San Gregorio Magno.
La Chiesa attuale conta sei riti liturgici, il predominante è quello romano in vigore da noi, ma vi sono enclave di rito ambrosiano, mozarabico, Braga, Sarum ed anglicano.
Molti altri sono stati soppressi, oppure sostituiti indolore dal rito romano, ed è ciò che è successo al rito beneventano. Sviluppatosi nel Sannio all’arrivo dei Longobardi, si sviluppò e perfezionò nei due secoli successivi, venendo pian piano soppiantato dal rito romano.
Quasi impossibile è risalire alla completezza del rito beneventano per la mancanza di documenti, ma in ciò che è arrivato fino a noi, si evidenzia la grande importanza che nel Sannio rivestiva la festa di San Michele Arcangelo, la festa di Ognissanti ed i Santi Simone e Giuda. Importantissimi erano anche i riti della settimana santa, reminiscenza sono i battenti di Guardia Sanframondi.
Nel 1200 nel Monastero di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca, resisteva, seppur frammisto al dominante rito romano, un sempre più fievole rito beneventano.
Le conclusioni a cui arriva la prof.ssa Papa nella sua tesi sono tre:
- Il Cod. Vat. Lat. 5949, conservato nella Biblioteca Vaticana, appartiene al monastero di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca;
- Il Lezionario è una raccolta di omelie per l’ora canonica di Prima dell’Ufficio divino;
- La scrittura del Lezionario è la scrittura beneventana del periodo della decadenza.
La storia della potente abbazia di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca si svolge nell’arco di tempo che va dalla sua fondazione nel 1156 al terremoto del 1456 che la rase al suolo e trascorsero esattamente tre secoli.
In questi tre secoli l’abbazia ha inciso in maniera determinante sulla Valfortore ed oltre. Noi abitanti di San Bartolomeo dobbiamo ad un loro abate la nascita nel 1327 del nostro borgo. Nel 2027 festeggeremo i nostri 700 anni, manca poco più di cinque anni al settimo centenario della nostra fondazione. Occorrerà pensare ad un comitato che programmi i festeggiamenti.
La prof.ssa Papa ha inserito nella sua tesi solo la parte del Lezionario del Codice Vaticano Latino, ma questo comprende il martirologio, la regola e soprattutto il necrologio dell’abbazia da cui si desumono importanti notizie sullo splendore della stessa.
Difficile immaginare che nel luogo odierno ove sorge una brutta cappella moderna, che prende vita qualche giorno all’anno, sia sorta una delle più grandi e importanti abbazie del Meridione, eppure è ciò che è successo e chissà che un giorno non si possa riportare alla luce, qualcosa in più di un arco posticcio, ricostruito a lato della chiesetta.
Concludo con le parole della professoressa Papa: “L’esame delle miniature, per la loro tecnica e per i loro colori ci hanno spinto a concludere che il miniatore più che un maestro miniatore è un pittore […] Per il suo contenuto liturgico e per quello paleografico il nostro codice dagli studiosi non è considerato come un codice importantissimo. È innegabile però, che il suo valore storico di testimonianza per la storia dell’Abbazia di Santa Maria del Gualdo a Mazzocca e per la storia della Valfortore”.