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sabato, 14 Dicembre 2024

Haflinger, un po’ di Südtirol nell’Alta Valle del Fortore

L’Alta Valle del Fortore, dalla primavera all’autunno, è marcata con discrezione da impronte di zoccoli. Sono quelle lasciate dagli appassionati di trekking a cavallo.

Alle radici di questa passione, oltre al desiderio di vivere a contatto con la natura e al piacere di gustare sensazioni genuine e rilassanti, vi è la curiosità di scoprire itinerari archeologici ed ambientali di incomparabile bellezza. Il cavallo che meglio ritrae la comunità equina dell’Alta Valle del Fortore è l’Haflinger, sia dal punto di vista della diffusione che da quello dell’adattabilità alle condizioni climatiche.
Questa razza ha origine nell’ultimo ventennio del ‘800 ad Avelengo, un graziosissimo paese tra le incantevoli montagne, a ridosso di Merano, in Alto Adige (Südtirol). Da qui la denominazione Avelignese… anche se sempre più spesso è chiamato Haflinger, in quanto Avelengo, in lingua tedesca, è Hafling. Tutto ebbe inizio con il contadino tirolese Josef Folie, che fece accoppiare la sua cavalla norica, una razza tuttora diffusa nelle Alpi italiane, con uno splendido stallone arabo El Bedavi XXII, arrivato in Val Venosta durante l’epopea austro-ungarica. Da quel connubio nacque un puledrino che venne chiamato Folie, il capostipite dell’odierna razza, una tra le più conosciute ed amate, che diede vita alle linee genealogiche che vengono denominate con le lettere N-W-B-S-A-ST-M.
Ma tornando al frutto di quell’accoppiamento, Folie puledrino sauro dorato con riga mulina, coda e criniera color talco, presentava la vigoria e le caratteristiche tipiche del cavallo di montagna a cui si univano l’armonia e l’eleganza orientale. Folie aveva ereditato dalla mamma l’indole buona, il passo sicuro in montagna, l’abilità di sfruttare i pascoli più poveri e marginali, qualità amalgamate ad una grande resistenza. Il papà gli aveva dato una bella testa, lo sguardo intelligente, un carattere vivace, un buon temperamento, un’andatura leggera ed un conformazione più longilinea di quella della mamma.
Le fattrici, che nacquero in quel periodo avevano una buona altezza. Nel frattempo il biondo cavallo iniziava ad essere conosciuto ed utilizzato anche in Austria, fino a divenire il cavallo dell’esercito Austro-Ungarico…. non male per esistere da cosi pochi anni!!! Ed eccoci così all’inizio del ‘900 dove prende il via la vera Storia! Il cavallo Avelignese, ai primi del secolo, e soprattutto durante la prima Guerra Mondiale, vide la sua altezza diminuire. Questo è da attribuire alla scarsità di buoni foraggi e alla selezione che venne trascurata, per ovvi motivi. La spaccatura che si creò tra l’Austria e l’Italia vide gli stalloni migliori rimanere agli austriaci, mentre le fattrici restavano in Italia.
A Meltina, venne fondata la prima Associazione degli Allevatori di razza Haflinger. Terminato il conflitto si vide assegnare all’Italia il cavallo Avelignese. La sua altezza era certamente diminuita, ma era pur sempre un cavallo in grado, di salire per le ripide vie di montagna con un basto carico di legna, trainare sulla neve pesanti slitte di legno con ogni sorta di carico, o camminare per ore, fino ad arrivare ad eccezionali altitudini senza dare segni di stanchezza. Intanto oltre all’impiego nelle fatiche quotidiane, era anche un compagno di divertimenti, svago e tempo libero, poiché spesso venivano organizzate varie competizioni agonistiche. I contadini trovarono nel biondo cavallo un prezioso amico, di grande aiuto nella vita quotidiana, aspra e difficile. Al termine della prima Guerra Mondiale iniziò nuovamente la selezione, seppur in condizioni estreme, che comunque ebbe una brillante ripresa a partire dagli anni ’20.
Anche gli stranieri manifestarono un evidente interesse nei confronti dell’Haflinger che, li portò ad acquisire moltissimi cavalli, incrementando così l’attuale attenzione che tutto il mondo sente verso questa razza. Un ulteriore arresto nella selezione, si ebbe con l’avvento della seconda Guerra Mondiale. A partire dagli anni ’50 il cavallo di Hafling iniziò la sua ascesa in Italia, anche grazie all’avvio della ripresa economica e cominciò a comparire dal Nord al Sud. Grazie all’interessamento del dott. Giuseppe Zurlo, pioniere della medicina veterinaria nell’Alta Valle del Fortore, prese origine il nucleo di selezione di San Marco dei Cavoti. Continuò l’opera di selezione con eguale passione del papà il dott. Nicola Zurlo, che con commovente bontà, piacevolmente si dilunga nei racconti dei vecchi tempi.
L’Avelignese, pur essendo allevato in assoluta purezza, mantiene quelle caratteristiche che gli ha dato il sangue arabo e che si trasmettono tra le generazioni in maniera costante. Si può notare subito, alla prima occhiata il profondo affetto che lo unisce al padrone, conoscendolo un po’ meglio andremo a riscontrarne la rusticità, la velocità e l’incredibile resistenza. La rusticità è particolarmente utile in quelle situazioni ambientali rigide, quali inverni freddi e nevosi, qual ben si adatta. E’ un pascolatore eccezionale, che sa sfruttare pascoli anche poveri, ed un eccellente ripulitore di fondi boschivi.
È un cavallo con cui praticare tantissime discipline sportive, eccellente nel trekking, ottimo per le discipline western poiché molto ha acquisito in scatto ed agilità, buono nello skijoring ossia redini lunghe e sci, nel dressage e finanche negli attacchi leggeri. Ottimo nella “Pet- terapy” in particolar modo per aiutare i bambini con disturbi psicologici o di comunicazione, con difficoltà di apprendimento o di inserimento sociale. La selezione si propone di valorizzare le qualità di docilità, nevrilità, resistenza, attitudine all’attività di turismo equestre, attraverso la scelta oculata di stalloni e fattrici che trasmettono geneticamente queste caratteristiche.
Andare a cavallo in aperta campagna, lungo un fiume o, su un dolce pendio collinare è un modo per tonificare i muscoli e rilassare la mente. La coordinazione dei movimenti, la concentrazione mentale e l’impegno muscolare influiscono positivamente sull’equilibrio psicofisico. È anche una valida cura per la rieducazione dei portatori di handicap psicomotori. Per conseguire buoni risultati rieducativi, è importante non limitarsi a stare in groppa, ma accudire il cavallo prima e dopo la cavalcata, quindi instaurare con lui un rapporto di fiducia.

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