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La fortorina e la variante

Riprendiamo un interessantissimo post dalla rete di Andrea Jelardi, giornalista di San Marco dei Cavoti.

LA FORTORINA E LA VARIANTE
A proposito di Fortorina accetto più che volentieri l’invito di Raffaele Tornesello a esprimere un parere e, a chi avrà la pazienza di leggerlo, anticipo che il mio pensiero è molto particolareggiato; credo, infatti, che il dibattito debba essere assai più ampio rispetto all’opportunità di realizzare o meno la variante al centro abitato di San Marco, peraltro ritenuto necessario in previsione di ulteriori lavori che porteranno – chissà quando – la strada al totale compimento, realizzando così un progetto di cui si parlava già quando ero bambino, ovvero quarant’anni fa e quando ricordo le puntualissime inaugurazioni preelettorali di nuovi tratti benché la costruzione dei primi non fosse neppure iniziata.
Tuttavia, all’ultimazione della tanto sospirata strada, da Benevento a San Marco, ci siamo arrivati, se non erro a novembre del 2014 e dopo continue ed estenuanti sospensioni dei lavori, quando peraltro, per lo sblocco dell’ultima, io stesso ne fui direttamente protagonista in circostanze che ad amici e conoscenti ho spesso raccontato.
Quella strada l’avevamo, giustamente, tanto attesa, perché utile a tante cose, a cominciare – certo – dalla comodità individuale di ciascuno di noi nel poter raggiungere Benevento e le autostrade in poco più di quindici minuti e senza lo strazio di trentasei km di curve o di scorciatoie improbabili e dissestate. Una strada, soprattutto, utilissima in caso di emergenze mediche e anche facile da rendere transitabile in caso di nevicate che, in passato, lasciavano il fortore isolato completamente pure per più giorni.
Le strade dritte e comode, che accorciano le distanze e favoriscono le comunicazioni, sono quanto mai necessarie, tant’è che non a caso ce lo hanno insegnato già i romani, i quali però le costruivano per scopi ben precisi tra cui quello di favorire i commerci e – già in quei tempi remotissimi – il turismo.
Noi, due millenni dopo, questo forse non lo abbiamo capito, eppure una prova evidente dell’utilità di quella strada ci fu data proprio a dicembre 2014, un mese dopo l’apertura, con una crescita notevolissima dei visitatori in occasione della Festa del Torrone. Oggi leggo che si discute sugli eventuali danni che la variante cagionerà alla vita sociale ed economica sammarchese poiché in paese non passerà più nessuno, ma a ben guardare io credo che il danno in tal senso sarà limitato se non nullo, poiché, se a parere di qualcuno i bar, i tabacchi, i distributori di benzina e altri esercizi patiranno un calo di vendite, io credo che la situazione non sarà poi così diversa da oggi in quanto – mancando sul percorso un’area di servizio – chi ha voglia di un caffè o necessità di fare il pieno di carburante, modificherà più che volentieri il percorso benché poi, una volta giunto in paese – come qualcun altro ha giustamente scritto – avrà difficoltà a fermarsi anche solo per qualche istante poiché la morfologia urbana e la giusta inflessibilità dei vigili non lo consentono.
Il problema, piuttosto, è un altro, ed è quello legato alla circostanza che noi stessi sammarchesi non abbiamo saputo sfruttarne le potenzialità offerte dalla strada finora in esercizio, limitandoci a farne un uso e consumo solo personale. La Fortorina, infatti, avrebbe potuto essere un’occasione unica per il rilancio del paese, per far venire gente e non per andare via noi, verso la città più commercialmente fornita e senza neppure un po’ di sano campanilismo atto a favorire la nostra economia, e inoltre paradossalmente pure sprovvisti un minimo senso del denaro poiché spesso non calcoliamo che, il modesto risparmio di una spesa fatta in un supermercato o in negozio beneventano, ha come controvalore ben più alto varie altre spese tra cui il costo della benzina per raggiungere il capoluogo.
La variante, quando si farà, eliminerà il traffico di mezzi pesanti dalle strade sammarchesi, e questo è un pregio innegabile che va ad aggiungersi a quello di una strada decorosa e comoda. Discutere su questo, solo su questo, è un esercizio di retorica e spesso legato a beghe politiche, mentre sarebbe il momento di lavorare affinché la Fortorina ci sia davvero utile e porti, oltre benefici individuali, un vero sviluppo collettivo.
La Fortorina, infatti, DEVE servire soprattutto a portare visitatori e turisti a San Marco, e non soltanto nei pochi giorni della festa del torrone. Le potenzialità non ci mancano, ma manca la pubblicità che è un elemento fondante di ogni genere di sviluppo turistico ed economico. Come ha fatto Pesco Sannita – che ha provveduto ad apporre cartelli indicanti il suo Zoo già dal raccordo nei pressi di Benevento – anche San Marco dovrebbe far collocare lungo il percorso alcuni cartelli che lo indicano come il Paese del Torrone (quelli grandi, chiari e ben visibili che c’erano all’inizio e all’uscita del paese sono stati inspiegabilmente rimossi), nonchè come il paese di due musei unici in Italia ovvero quello degli Orologi da Torre (segnalato da solo da un minuscolo cartellino nei pressi del Parco della Rimembranza che, già poco visibile, in estate è ricoperto dalla vegetazione del vicino albero), e quello della Pubblicità.
Occorre poi far sapere – anche oltre i confini provinciali – che San Marco ha tanti altri prodotti da offrire oltre i torroni, tra cui il miele, i formaggi, i salumi e i dolci etc., e che i produttori potrebbero rivendere, ad esempio, in un punto vendita consorziato.
Occorre far sapere che San Marco è il paese dei centenari, che qui si vive bene, e che per questo lo si potrebbe considerare un luogo di residenza alternativo alla vicina città (vicina grazie alla strada) ma ben più tranquillo, oppure una meta di villeggiatura, rendendo in tal senso nota la disponibilità di immobili da acquistare o affittare o anche – censendo quelli abbandonati – da ristrutturare rilevandoli a costo zero e con tassazioni agevolate nell’ambito di un preciso progetto comunale, esattamente come hanno fatto moltissimi comuni italiani, in questo modo ripopolandosi velocemente.
Bisognerebbe far sapere che San Marco è la patria del cavallo avelignese e quindi creare eventi per turismo legato all’equitazione e/o finanche connesso alla cura della persona (una ditta locale la Halfinger Milk produce cosmetici con il late di questo cavallo, ma pochi lo sanno) …. e allora perché non creare un centro benessere con campo di equitazione?
Bisognerebbe poi rendere fruibili e frequentabili gli spazi naturalistici e le aree verdi per trekking, ciclismo e altre attività, senza attendere che diventino discariche a cielo aperto e poi correre ai ripari di tanto in tanto per ripulire, oppure facilitare la visita alla bellissima e unica cascata Ripa che spesso vediamo solo in foto e che molti sammarchesi neppure conoscono perché difficilmente raggiungibile.
E infine bisognerebbe dare impulso a tutte le grandi risorse legate alle religiosità e al folclore (prima fra tutte la Festa dei Carri, ma anche la Passiata), creare eventi legati alla cultura potenziando quelli che già ci sono come il Premio Mino De Blasio, e recuperando quelli affermatisi in passato e poi persi senza motivo. E a proposito cito il Festival Ethnoi che da San Marco, nel 2016, è emigrato a Pesco Sannita, o il bel progetto che più volte trasformò San Marco in set per cortometraggi.
Se finora si è addirittura cancellato ciò che c’era anziché impegnarsi per migliorarlo (e penso alla Fondazione Iacocca che, seppur da zero, poteva rinascere anziché morire), è giunto adesso il momento in cui – se non vogliamo che davvero la variante cancelli l’intero paese dalle carte geografiche – bisogna dare ai giovani un’opportunità VERA per restare a San Marco e ai non sammarchesi un motivo valido per venirci, appunto utilizzando una strada comoda e veloce. In tal senso si potrebbe fare tanto: ad esempio costruire una piscina pubblica e ben attrezzata che invogli il turismo estivo (a Latronico, piccolo paese della provincia di Potenza, ha un’altissima percentuale di villeggianti grazie al Centro Sportivo Kalidarium, spazio pubblico con piscine realizzato dal Comune), ma si potrebbero anche promuovere eventi di spessore e ampiamente pubblicizzati, trasformando così le tante sagre e sagrette estive dove ci si ritrova puntualmente in “quattro gatti”, in appuntamenti di grande respiro che siano in grado di favorire afflussi numericamente e qualitativamente degni di nota.
Per fare tutto ciò occorrono però provvedimenti pubblici tangibili e ben studiati, nati per durare nel tempo e per crescere di anno in anno, così come servono inoltre interventi atti a realizzare finalmente spazi dignitosi e adatti alle varie necessità, non potendo più pensare di utilizzare per ogni evento un ex mercato del pesce prefabbricato che di volta in volta si trasforma improvvisandosi palacrock, piazza gastronomica, sala concerti, teatro o discoteca.
Tuttavia non dev’essere solo responsabilità del “pubblico”, poiché pure i privati e le associazioni possono impegnarsi in altre iniziative e penso a serate di piano bar, cinema all’aperto in estate e cineforum in inverno, giochi per bambini, tornei di carte per adulti, eventi legati al teatro alla discoteca etc.
Facendo tutto ciò, ma anche lavorando sulle risorse già disponibili, bisogna però farsi anzitutto conoscere e in questo i social network non sono assolutamente sufficienti poiché, nonostante l’indiscutibile peso della rete, essa da sola non basta in quanto è satura di comunicazioni di ogni genere e di conseguenza anche le notizie più importanti si perdono tra i meandri del web raggiungendo solo chi a San Marco ci vive o qualche nostalgico emigrato a cui è stato tolto pure lo stimolo di tornare. C’è invece bisogno che il nome del nostro paese torni sui quotidiani nazionali, in tv, alla radio e sui manifesti, affissi come una volta fino a Napoli e non solo nelle strade del paese.
Solo per fare un esempio, quando ormai vent’anni fa presiedevo l’Associazione Turistica e Culturale Ettore Cosomati, ogni anno inviavamo centinaia di lettere a scuole e associazioni proponendo un pacchetto gita a San Marco che prevedeva visite al Museo degli Orologi, a una fabbrica di torroni, a un’azienda agricola e il pranzo al ristorante. Rispondevano in tanti e per ciascun partecipante si richiedeva un contributo di 2000 lire che in parte utilizzavamo per pagare una giovane guida locale. Era un’occasione di lavoro per i giovani, di guadagno per le attività locali ma soprattutto molto utile per far conoscere il paese, tant’è che molti ragazzi o adulti poi ritornavano con i genitori o con le famiglie.
Tornando alla Fortorina, oggi, rispetto ad allora, abbiamo una strada comoda e veloce e in futuro avremo una variante che eliminerà smog e traffico dalle strade di San Marco, a patto che però si faccia in modo che qualcuno in queste strade ci venga a passeggiare sia solo per poche ore o sia per settimane di vacanze.
Ci sono paesi dell’Umbria o della Toscana che riescono egregiamente a vivere di questo, o anche i comuni dei Castelli Romani ciascuno dei quali basa il proprio importante indotto turistico su un solo prodotto tipico come il prosciutto di Genzano, le fragole di Nemi o la porchetta di Ariccia.
San Marco, invece, ha tanti prodotti locali, due importanti musei, un centro storico di grande rilievo e tanto altro, ma, si dice, non ci sono soldi. Eppure quando in gioco c’è il futuro di una comunità occorre anzitutto impegno…poi i soldi si trovano, tanto più che, se si hanno la capacità e il coraggio di programmare e investire, la nostra economia non avrà più bisogno di risorse esterne, ad oggi utili soltanto a prolungare l’agonia di un paese dove la bella strada servirà unicamente ad emigrare più velocemente e la variante a lasciar morire il paese nella più solitaria indifferenza, e senza che neppure gli automobilisti di passaggio se ne accorgano.

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