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lunedì, 14 Ottobre 2024

Carmine Carlone: il fotografo

Il 27 maggio del 1886 alle ore 24:00 nasceva Carmine Carlone, sesto figlio dei coniugi Filippantonio e Maria Giovanna Cacciacarro. Da pochi anni l’unità d’Italia faceva sentire i suoi benefici effetti sulle provincie meridionali, le due sorelle minori di Carmine partirono per terre assai lontane, molti nipoti intrapresero la stessa strada, i suoi numerosi figli emigrarono tutti, Carmine imperterrito resisteva, s’era inventato un mestiere: artigiano tuttofare, riparava piatti, scodelle, ombrelli, orologi, pentole. Aveva fede incrollabile in Dio e curiosità per ogni innovazione. Scoprì la fotografia, cominciò ad acquistare con i suoi pochi risparmi l’attrezzatura per scattare foto.

La madre non era felice di questa idea balzana del figlio, ed allora Carmine, per evitare il controllo materno, era costretto a far entrare l’attrezzatura che acquistava dalla finestra. Si sposò Carmine all’età di 43 anni con Carmela Bufo di 14 anni più giovane e quello che ora chiaremmo hobby, la fotografia, divenne il suo mestiere. Il Maestro Ettore Vinciguerra doveva ancora nascere, il Maestro Antonio Spallone doveva ancora iniziare la sua professione. Forse era l’unico fotografo di SBiG, mastro Carmine. Viveva in Largo Truglio e innalzò la sua casa per poterci costruire il suo studio: camera oscura e stanza fotografica. Fotografò i lavori di ampliamento della propria casa, fotografò i “signori” dell’epoca, fotografò la posa della prima pietra del Calvario, fotografò giovani sposi, celebrazioni civili e religiose. A noi non sono arrivate molte foto, quelle che abbiamo le pubblichiamo per gentile concessione del figlio Antonio, che ne ha conservate circa venti.

L’estro del Maestro Carlone non si limitò all’arte fotografica, ma abbracciò anche l’arte primigenia: la musica. Pur non potendo studiare, il Maestro Carlone per decenni è stato l’organista della Chiesa Nuova, è stato l’ultimo esecutore ad adoperare il monumentale organo settecentesco che ormai versa in condizioni di abbandono nella cantorìa della medesima chiesa. Un po’ come i Bach anche la famiglia Carlone ha nei suoi geni la passione per la musica. Due suoi nipoti: Filippo e Umberto Carlone sono stati grandi musicisti e insegnanti di musica nel borgo. Inoltre la sua capacità di aggiustare gli orologi ha fatto si che l’orologio della chiesa dell’Annunziata e l’orologio della chiesa Nuova, funzionassero fino alla sua morte.  Con diligenza teutonica per oltre 50 anni mastro Carmine quotidianamente saliva le scale del campanile della chiesa Nuova, con sommo pericolo e due volte a settimana quello dell’Annunziata e “dava la corda” agli orologi. Un giorno dell’anno 1965 mentre scendeva le scale dell’Annunziata mastro Carmine cadde e una costola fratturata pian piano gli lesionò un polmone, morì nel suo letto nell’anno 1967. Il primo figlio di Filippantonio e Maria Giovanna era una bambina di nome Lucia nata nel 1875, la mia bisnonna. La prima foto scattata dal Maestro Carmine Carlone, ritrae la sua abitazione in Largo Truglio e una delle sue sorelle intenta a rammendare un lenzuolo davanti casa. 
 
La foto deve esser stata scattata prima del 1921, anno in cui le sorelle minori di Carmine emigrarono per gli Stati Uniti. Sulla sinistra si nota il lampione a petrolio che un “impiegato” comunale provvedeva ad accendere e spegnere quotidianamente. La gronda di stagno ha una semi canalina pluviale che non porta l’acqua fino a terra, si interrompe a circa due metri dal suolo e con un  angolo di 45° lascia cadere l’acqua fino in mezzo al vicolo, rendendo difficile camminare con la pioggia. Gli stipiti della porta sono di pietra, si intravede nella semiombra “u purtìll”, la mezza porta che veniva chiusa per evitare che entrassero gli animali, la porta di casa veniva chiusa solo la notte e nei periodi invernali. Il largo davanti casa è lastricato con pietre di fortuna, facile immaginare la quantità di fango che veniva a formarsi nei giorni di pioggia o nella cattiva stagione.

La seconda foto è stata scattata da Carmine Carlone nel 1932 -1933. 
 
§Non ci sono date sulle foto, le nostre ipotesi provengono dai ricordi del figlio Antonio, classe 1933. Il reddito di Carmine aumentò considerevolmente in seguito al Regio Decreto del 18 giugno 1931 n. 773 che obbligava le persone sopra i 15 anni a dotarsi di una carta d’identità. Con i proventi Carmine innalzò il secondo piano nella sua casa, lo fece con ampi finestroni e un grande abbaino, così da avere luce a sufficienza per scattare fotografie. Ciò che colpisce in questa seconda foto è la composizione anagrafica delle persone presenti. Vi sono 7 bambini, 10 donne e un uomo anziano, più i due operai presenti sull’impalcatura, costruita rispettando le norme della L. 626. In realtà si costruiva fin dall’antichità in questo modo, si lasciavano le buche pontaie ove infilare le travi e poggiare l’ “impalcatura”. Di solito all’esterno, quando venivano tolte le travi, le buche venivano chiuse, all’interno erano lasciate per conservarci o poggiarci qualcosa. L’emigrazione già picchiava forte, erano rimaste le donne e i bambini, gli uomini partivano a migliaia per l’America. Le donne oltre all’educazione dei figli, dovevano attendere anche a lavori prettamente maschili come è considerato il muratore. Bellissimo ammirare gli stipiti di pietra delle porte, gli anni settanta con la loro furia iconoclasta erano lontani da venire.

La terza foto è stata scatta nel 1952 -53 non da Carmine, ma da qualche suo discepolo. 
Mastro Carmine è il vecchietto sulla destra con le bretelle. Anche se vi sono meno persone, la composizione non cambia, vi sono donne e bambini. Gli uomini erano al lavoro per i campi oppure emigrati.

Identifico nel 1952 – 1953 la data per un motivo semplice. Badricc e i vicoli annessi, compreso Largo Truglio furono lastricati nel 1955. Come invece, è evidente, il largo e il vicolo ancora non erano stati lastricati. Tuttavia era sicuramente dopo il 1951, dico ciò perché, purtroppo la qualità della scannerizzazione non permette di leggerlo, ma sull’originale è abbastanza chiaro, di fianco allo stipite destro c’è impressa la sigla DDT 7 1951. Il DDT fece la sua comparsa nel borgo nel secondo dopoguerra, la sua funzione era quella di combattere la malaria. Ci vorrebbe qualcuno che ci spiegasse il rapporto tra malaria e SBiG prima o poi. Nel 1962 un libro di uno scrittore americano ne denunciò la cancerosità, ma in Italia fu messo al bando solo nel 1978 e credo che fu spruzzato anche dopo, o almeno io ricordo che nei primi anni ’80 venivamo invitati a tener chiuse le finestre perché di notte ci sarebbe stata la disinfestazione.

Si notano le piante appese vicino alle case. Sebbene non fossimo ricchi per pensare alla bellezza, tuttavia un fiore lo piantavamo.Infine notate sulla destra il lampione. Sono stati sostituiti quelli a petrolio e hanno fatto la loro comparsa quelli elettrici. Le case però ancora non erano attraversate da fili. La quarta foto è stata scattata dal nostro reporter d’assalto Salvatore Picciuto oggi 2 luglio 2014 alle ore 11:50.
   
Un velo di tristezza mi riempie gli occhi. In quel largo pieno di vita, ricordate che nella seconda foto c’erano quasi venti persone, non ci vive più nessuno, anzi no, ci vivono tre persone anziane. Il largo è stato lastricato ed è stato costruito un piccolo muraglione davanti la casa del Maestro Carlone, la quale ha perso gli stipiti di pietra e la porta di legno è stata sostituita, che i proprietari mi perdonino, con una non bellissima porta di alluminio verde. Tre case hanno perso gli stipiti di pietra e l’ultima in foto lungo il vicolo ha gli stipiti di marmo, gli anni settanta e i primi anni ottanta hanno colpito senza pietà. C’è una casa diroccata che appare sulla sinistra della foto, e i fili del telefono e della luce la fanno da padrone. Il lampione a gas, sostituito nei primi anni cinquanta da un lampione elettrico a incandescenza è stato sostituito con un moderno quanto brutto braccio con neon a risparmio energetico. E’ vero che i tempi andati sembrano belli perché ormai son passati, ma in questo caso, forse dire che in quel luogo si stava meglio quando si stava peggio non è sbagliato

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