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21 settembre 1656: la morte arrivò a San Bartolomeo in Galdo

La pandemia di Covid 19 del 2020 non è stata la prima che ha colpito San Bartolomeo. Ci siamo interessati alla febbre “Spagnola” del 1918, ed al Colera del 1837.La prima epidemia di cui abbiamo notizia dagli archivi parrocchiali è stata la peste bubbonica del 1656.

San Bartolomeo era un centro floridissimo e popoloso, nel 1595 dallo Stato delle anime, una sorta di censimento religioso, di cui purtroppo si sono perse le tracce, risultavano 567 fuochi, ipotizzando che ogni fuoco comprendesse quattro persone, nel 1595 vivevano a San Bartolomeo 2268 persone.

Placidamente il paese fondato dai monaci dell’abbazia benedettina di San Giovanni da Tufara, cresceva demograficamente, ignaro della bufera che a metà ‘600 si sarebbe abbattuta anche nei suoi confini.

A Napoli la peste arrivò nell’aprile del 1656, e fu pianto e stridore di denti. Quando la peste se ne andò da Napoli, la città aveva perso oltre la metà degli abitanti.

Le notizie sulla peste arrivarono anche a San Bartolomeo, ma non fermi il bacillo dello Yersinia pestis con le mani. Un po’ come è successo con il Covid -19 e i “posti di blocco” a Marano ed a Setteluci. Totalmente inutili, ma siamo convinti che se dovessimo vivere durante un’altra pandemia, ci sarà sempre qualcuno convinto di fermare il bacillo, il virus o il batterio con un posto di blocco a Setteluci.

E mentre arrivavano notizie sempre più apocalittiche da Napoli, a San Bartolomeo terminarono i festeggiamenti del Santo Patrono.

La peste sembrava aver risparmiato il nostro paese. Fu durante l’equinozio del 21 settembre 1656 che si ebbe qualche sospetto che forse la peste era arrivata anche da noi.

Di solito i defunti venivano tumulati all’interno delle mura cittadine, sia nelle vicinanze della chiesa parrocchiale, sia dove ora sorge la Chiesa Nuova.

Camilla Colagrosso una donna nubile di 35 anni mostrò sotto le ascelle i caratteristici “bubboni”, l’ingrossamento dei linfonodi che contengono sangue e tessuto necrotico. Camilla spirò il 21 settembre ricevendo i sacramenti dall’arciprete don Bartolomeo Colella. Le autorità sanitarie decisero che dovesse essere seppellita “extra murorum” e per comodità si scelse un luogo vicino al paese, la chiesetta di San Rocco, probabilmente sita nell’omonimo quartiere.

Nemmeno il tempo di seppellire Camilla che don Bartolomeo fu chiamato al capezzale di Porzia Brigante, una donna di circa 65 anni, Porzia fece in tempo a confessarsi, ma probabilmente ciò fu anche la condanna a morte per don Bartolomeo, il suo nome dopo il grande buio non comparirà più nei registri parrocchiali, l’arciprete a distanza di pochi mesi, sarà don Francesco Spallone.

Anche Porzia fu seppellita fuori le mura nella chiesetta di San Rocco.

Il 24 settembre Vittoria Petrella di anni 13 morì senza mostrare i segni della peste e si decise di seppellirla nella Chiesa “Maiori”.

Vittoria è stata l’ultima defunta registrata, dal 25 settembre su San Bartolomeo si abbattè l’Apocalisse. Per tornare ad una parvenza di normalità, se normalità possiamo chiamarla, visto che la peste si portò via oltre la metà della popolazione dobbiamo attendere il 27 febbraio 1657, quando don Francesco Spallone confessò e somministrò il viatico al 45enne Matteo De Gregoriis…

Ad Maiora Ariadeno

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