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martedì, 3 Dicembre 2024

23 agosto, 23 morti. 1837 il colera a San Bartolomeo in Galdo

Il colera arrivò in Italia nell’agosto del 1835. I primi casi furono riscontrati nel nord Italia nella città di Cuneo.

Ferdinando II allarmato dal coléra morbus emanò delle Istruzioni sanitarie prettamente di tipo igienico, poiché all’epoca mancavano sia gli antibiotici, sia altri medicinali in grado di curare il morbo.

Nonostante le precauzioni, la malattia fece la sua comparsa a Napoli nell’ottobre del 1836, tuttavia le misure intraprese dal Re e dalla sua commissione sanitaria sembrarono tenere, tanto che a gennaio – febbraio del 1837 il colera sembrava scomparso.

Ma sembrare è un verbo dubitativo e quando c’è un dubbio e qualcosa può andar male, come insegna la legge di Murphy, andrà male. Il colera riapparve a Napoli nel marzo del 1837 e questa volta si abbatté sulla città con una furia spaventosa, si calcolò che in alcuni quartieri vi fu un morto ogni 15 abitanti. I morti venivano trasportati di notte al cimitero per evitare di impressionare la popolazione. Ogni epidemia segue le stesse prassi, i camion militari che al tramonto lasciavano Bergamo carichi di salme per altri cimiteri, a causa del Covid 19, sono immagini ancora nitide nella memoria.

Le notizia che giungevano da Napoli erano allarmanti ma San Bartolomeo viveva nella sua placida tranquillità, considerando lontanissima la Capitale e considerandosi al sicuro dal contagio, troppo lontano il ricordo della peste del 1656 per preoccuparsi.

Nei primi mesi dell’anno si ebbero circa 30 morti al mese, una mortalità elevata, ma in linea con la mortalità dei mesi invernali quando le polmoniti e l’influenza falciavano i più deboli.

Avemmo 20 morti a gennaio, 24 a febbraio, 37 a marzo, 33 ad aprile e 27 a maggio. Poi arrivò giugno e mentre Napoli si trovava in piena apocalisse, da noi i tepori estivi ed i primi caldi lasciavano presagire di aver scampato il pericolo anche questa volta, i dati sulla mortalità lo confermavano, a giugno avemmo 11 morti ed a luglio 12.

Il caldo di agosto invece di allarmare, sembrava di buon auspicio, il giorno 1 la campana “a morto” non risuonò nel paese, il 2 agosto tutto taceva, mentre a Napoli e in altre parti del Regno il colera mieteva migliaia di vittime San Bartolomeo sembrava un’oasi felice.

Il giorno 3 il silenzio della campana perdurava, nessuno lasciava queste lande per ricongiungersi al Creatore. Il giorno 4 i paesani avevano maturato la convinzione che Sorella Morte avesse dimenticato di passare per il paese.

Era, in realtà, solo la quiete prima della tempesta, e che tempesta. Il 5 agosto morì il diciassettenne Filippo Circelli figlio di Andrea. Il 6 agosto le morti di Carmina Delle Donne di 55 anni e Teresa Petrillo di 51 anni allarmarono le autorità. Il 7 e l’8 agosto le campane restarono mute e tutti tirarono un sospiro di sollievo, forse il peggio a San Bartolomeo non sarebbe arrivato.

Il 9 agosto però, che il colera fosse arrivato anche a San Bartolomeo diventò manifesto a tutti, i morti furono 4: Angela Delle Donne di 51, sorella di Carmina e probabilmente contagiata dalla sorella, Giovanna Ruggiero di anni 65, Frate Alessio da San Bartolomeo Guardiano del Convento contagiato mentre amministrava l’unzione degli infermi a Carmina e Teresa, Maria Teresa Cacciacarro di anni 26.

E mentre tutti erano pronti a resistere alla bufera mortale che si sarebbe abbattuta sulla popolazione, il colera quasi per incanto sembrò sparire. Il 10 agosto non vi furono morti, l’11 nemmeno ed il 12 le campane tacevano. Che il pericolo fosse scongiurato iniziarono a pensarlo in molti.

Il 13 agosto si capì che il pericolo non era passato, anzi, il colera lavorava a bassa intensità, i morti furono tre tra cui Antonio Palazzo un bambino di 3 anni.

Il 14 agosto ci furono altri tre morti tra cui Angela Latella di anni 30.

Ormai il colera era tra noi e la paura ed il terrore si impadronirono del paese.

Il 15 ci furono altri quattro morti tra cui Vitangelo Augelletta di anni 38. Il 16 agosto fu l’ultimo giorno di requie, forse la madonna dell’Assunta aveva voluto premiare la fede della popolazione che nonostante il colera aveva partecipato alla processione.

Il 17 agosto il colera ruppe gli argini ed iniziò la strage, quel giorno i morti furono 6 tra cui Salvatore Palazzo di 31 anni.

Il peggio doveva ancora arrivare, il giorno successivo iniziò la conta dei morti che si sarebbe fermata solo ad ottobre, il primo spirò alle due di notte e fu Giuseppe Longo di anni 36, a distanza di un’ora fu seguito da Annamaria Cifelli di anni 47, alle 5 morì Matteo Palmieri di anni 44, contemporaneamente si spegneva Giuditta Massimo di anni 60, a distanza di un’ora si spegneva Nicola Pasciuto di anni 44 e nello stesso momento lo seguiva Filippo Petrillo di 28 anni. Nicola vedovo di Giulietta Pacifico abitava insieme al fratello Antonio e alla cognata Annamaria Pacifico, quel giorno alla stessa ora quest’ultima lo accompagnò in cielo. Alle 6 del mattino del 18 agosto 1837 Antonio Pasciuto vide morire davanti ai suoi occhi il fratello Nicola e la moglie Annamaria. Alle 7 morì Giovanna D’Onofrio affacciatasi alla vita da appena tre mesi. Le 7 doveva essere l’ora dedicata ai fanciulli dall’Angelo della Morte, perché si portò via anche Maria Fiore di soli tre anni.

Alle 7 di mattina quando il paese andava alla prima messa i morti erano già 9. La morte diede requie ai becchini ed attese le sei del pomeriggio quando bussò alla casa di Angelo Ricci di anni 40, alle 7 morì Isabella Calabrese di 52, alle 20 si spense il piccolo Giuseppe Picciuto di soli 6 anni, alle 8 morì Orsola Patuto di anni 72.

Il 18 ottobre terminò portando con sé ben 13 morti, ma il peggio doveva ancora arrivare.

Il 19 i morti furono 7 tra cui Emmanuele Capobianco di anni 28.

Il 20 agosto i morti furono 6 tra cui Anna Gallo di 23 anni.

Il 21 agosto i morti furono 9 tra cui Donna Giuseppina Pepe di anni 40, a dimostrazione che la morte non faceva distinzioni tra classi sociali e si portava via tutti.

Il 22 ci furono altri 9 morti, l’ultima ad andarsene quel giorno fu Rosa Buccione di anni 32 che lasciò questa terra alle 3 del pomeriggio.

Il 23 agosto fu una giornata lunghissima, il primo ad andarsene fu il piccolo Domenico Petrillo di soli 2 anni, l’ultima Rosaria Agostinelli di anni 15. In mezzo ci furono altri 21 morti.

Il giorno 23 agosto 1837 avemmo 23 morti.

Per altri quaranta giorni il colera imperversò sul nostro paese, la campana “a morto” suonava mediamente dieci volte al giorno. Se a Napoli il colera in alcuni quartieri aveva ucciso 1 abitante su 15 a San Bartolomeo non ci allontaniamo molto dalla realtà se diciamo che la popolazione fu decimata.

Il 25 settembre i morti furono 6 tra cui Giuseppe Cinicolo contadino di anni 20.

Il 27 settembre morirono 7 persone, l’ultimo a lasciare questa terra fu alle ore 13 Antonio D’Onofrio di anni 30, pochi giorni prima il colera s’era portata via la moglie Angelamaria Di Giovanni di anni 25.

Con la morte di Antonio D’Onofrio cessò anche l’epidemia di colera a San Bartolomeo. Nei successivi due giorni non morì nessuno.

Ad ottobre i morti nell’intero mese furono solo 7. Il paese respirava e tornava a vivere.

A fine anno si sarebbero contati 680 decessi. I 2/3 dovuti all’epidemia di colera.

Quattro grandi epidemie hanno colpito San Bartolomeo dalla sua nascita, o almeno abbiamo notizie solo di quelle, probabilmente la peste nera che uccise 1/3 della popolazione europea dal 1348 al 1353 colpì anche il giovane centro abitato, ma ad oggi non né abbiamo notizia.

Nel 1656 la peste colpì il nostro paese, dopo 181 anni, nel 1837 si abbatté il colera su San Bartolomeo, nel 1918 a distanza di soli 81 anni, arrivò l’influenza spagnola ed infine nel 2020 il Covid – 19.

Ha resistito a grandi pandemie ed epidemie San Bartolomeo, resisterà allo spopolamento che da qualche hanno sta erodendo sempre con più ferocia la sua popolazione?

Ad Maiora Ariadeno

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