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giovedì, 25 Aprile 2024

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Il maestro delle api

A San Bartolomeo vi sono diversi produttori di miele, è facile scorgere nella campagna le arnie, queste piccole casettine colorate in cui le api hanno il loro laboratorio di produzione.

La prima volta che vidi delle arnie è stata una decina di anni fa, in campagna dal maestro Marruchella, che dedicava moltissimo tempo alle sue api, fu lui che mi introdusse nel magnifico mondo di queste laboriose creature e me ne innamorai immediatamente. Simmetricamente erano disposti gli alveari, tra i ciliegi che si innalzavano slanciati al disopra del tetto di una casettina, le cime frondose facevano frusciare in modo appena percettibile il loro fresco fogliame verde scuro, accompagnate dal suono del ronzio delle api. Tutte le ombre dal tettuccio della casetta agli alveari ricadevano scure e corte sull’erba ricciuta che spuntava tra le arnie. La figura slanciata del maestro con la testa argentea che riluceva al sole si delineava accanto alla porta della casetta. Il maestro lavorava con pacatezza fregando con un lembo della camicia il volto sudato riarso dal sole e sorridendo con fare mite e gioioso. Nell’ apiario tutto era così confortevole, tranquillo e limpido, la figura del maestro con poche rughe a raggiera attorno agli occhi, con un piccolo neo sul mento, con ampie scarpe calzate ai piedi nudi e il sorriso bonario e soddisfatto completava quella tela. Il sorriso non gli abbandonava mai il viso abbronzato e lui girava tra le api che gli si posavano ovunque ricoprendolo e mai pungendolo. Mi diceva il maestro delle api, così lo chiamavo da bambino ‘Tiziano le api non vivono bene, dove sono finiti i fiori della loro alimentazione? Dove sono finiti quei fiori che col profumo ci inebriavano? Dove sono finite quell’essenze che conferivano al miele quel sapore genuino e ricco? Dove sono finite le corolle che con i mille colori dipingevano queste dolci colline? Tiziano… Le api appaiono ubriache e stanche.
Ed è proprio così, se non ci muoviamo a tutelare i fiori, le api voleranno via e la peggio l’avremo ancora noi e di questo dovremo poi ringraziare l’egoismo che ristagna nei nostri cuori.
L’alveare rappresenta per l’uomo una miniera inesauribile di sostanze utili: miele, polline, cera, propoli, pappa reale. Per le loro proprietà, queste sostanze permettono trattamenti efficaci su numerose patologie acute e croniche, spesso in associazione con altri medicinali specifici ed indispensabili.
Miele di acacia, castagno, rosmarino, tiglio, eucalipto e millefiori: tante varietà quante sono le fioriture. Nella sostanza cambia il colore, si intensifica il profumo e si modifica il sapore, ma resta immutata la sua caratteristica benefica. Certo è che ad ogni tipo di miele corrisponde un efficacia diversa. E’ un integratore con proprietà terapeutiche, ne basta un cucchiaino preso con costanza perché abbia effetti antisettici, dietetici, dolcificanti, fortificanti, calmanti, lassativi, diuretici e accresce il benessere generale. E quello che non guasta è che il miele è naturalmente lo sciroppo più dolce che ci sia.
Anticamente il miele veniva impiegato dalle nostre nonne in mille modi: disciolto nel latte caldo o anche unito al succo del limone o all’infuso di petali di rosa diveniva una lozione curativa per il viso, o anche disciolto in acqua calda diveniva una lozione che dava luminosità ai capelli, e veniva finanche impiegato come unguento.
C’è anche il polline dei fiori che le api raccolgono e depositano nelle celle dei favi. E’ detto “pane delle api” ed è l’elemento indispensabile per la produzione della pappa reale, nutrimento della regina e delle larve. Ristabilisce la buona funzionalità intestinale. Stimola ed aumenta l’energia vitale. Svolge un’azione antianemica, stimola l’appetito, favorisce il lavoro intellettuale ed agisce da antidepressivo.
C’è poi la pappa reale prodotta dalle api mediante l’elaborazione del miele e del polline nel proprio organismo. Stimolante delle attività funzionali, agisce stimolando il lavoro fisico ed intellettuale, suscitando una sensazione di calma e tranquillità ed intervenendo nelle varie forme di esaurimento nervoso. Inoltre la pappa reale stimola l’appetito, combatte i disturbi intestinali e l’anemia dei bambini, negli anziani agisce contro le astenie, provoca un recupero dell’appetito, un miglioramento dell’umore ed una netta sensazione di benessere.
E poi la propoli che è composta da sostanze resinose, gommose, balsamiche, raccolte dalle api e portate nell’alveare. Le virtù terapeutiche della propoli sono tantissime, e dispiega gli effetti a beneficio dell’apparato respiratorio, dell’apparato digerente e della pelle.
C’è poi la cera d’api che viene impiegata anche in cosmesi. Da recenti studi anche il veleno delle api è risultato un medicamento utile per alcune patologie quali artrosi, artrite reumatoide e sciatalgia.
Francesco il poverello di Assisi durante l’inverno si preoccupava di far preparare per le api miele e vino cosicché queste potessero combattere il freddo. Magnificava con splendida lode la laboriosità e la finezza d’istinto che il Signore aveva elargito alle api, trascorreva intere giornate a lodarle. Laudato sii mi Signore per sorelle api, le quali sono laboriose e preziose, impollinano i fiori e ci allietano con le delizie dell’alveare.
Curiosità dall’alveare
Le api sono degli insetti che appartengono all’ordine degli imenotteri, alla famiglia degli apidi, genere apis che conta diverse specie; tra le più comuni troviamo: la ligustica, la sicula e la carnica.
L’apiterapia è il trattamento delle malattie con prodotti raccolti, trasformati e secreti dalle api.
La quantità di veleno che contiene una puntura d’ape è di 1/10000 grammi quindi occorrono diecimila api per ottenere un grammo di veleno.
La pappa reale è il nutrimento esclusivo della regina… la sua vita è di 4 o 5 anni, quella di un’ape operaia è di 45 giorni, la regina raggiunge la maturità a 16 giorni, l’ape operaia a 22.
Nel volo nuziale della regina i fuchi che copuleranno con essa sono circa una dozzina e dopo aver realizzato il sogno d’amore periranno, quelli che non copuleranno ritorneranno all’alveare e verranno trucidati dalle operaie, perché i fuchi non partecipano alle attività lavorative, mangiano a sbafo in attesa del volo nuziale della regina.

di Tiziano Del Buono

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