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Antonio Malusardi: Primo sottoprefetto di San Bartolomeo in Galdo

Giovanni Nicotera, Ministro dell’Interno nel primo governo Depretis, il 6 dicembre 1876 convocò segretamente a Roma il Prefetto di Catanzaro Antonio Malusardi. Ufficiosamente gli chiese di debellare definitivamente il brigantaggio in Sicilia, usando tutti i mezzi possibili, legali ed illegali. Ovvero la repressione brutale, l’arresto sistematico dei parenti dei briganti, il confino di chiunque fosse solo sospettato di dar loro sostegno, il domicilio coatto, il ricatto, l’accerchiamento notturno dei comuni e le perquisizioni arbitrarie casa per casa. Doveva “fottersene” altamente del garantismo e tutti i briganti catturati dovevano essere condannati alla pena di morte, all’ergastolo o ai lavori forzati, ma se non fossero arrivati davanti al giudice sarebbe stata una preferenza.

Malusardi accettò e il 17 dicembre fu inviato a Palermo in qualità di Prefetto. In nove mesi portò a termine in modo estremamente positivo il suo incarico. Ma dopo aver distrutto il brigantaggio in Sicilia egli commise un errore fatale, cioè osò sfidare la mafia. Non comprese che la sua vittoria contro i briganti, era stata resa possibile dalla rinuncia della stessa a proteggere una manovalanza del crimine divenuta “pericolosa”.

Appena Nicotera fu sostituito dal Crispi, iniziarono i guai per Malusardi. Il giornale “Il Pretesto”, che dopo aver parlato male del Malusardi e del Lucchesi, capo della polizia a Palermo e suo braccio armato, vide arrestare il fratello dell’editore, con Crispi iniziò a “bombardare” Malusardi e Lucchesi, accusandoli di aver agito illegalmente, di aver fatto ricorso a mezzi durissimi quali la tortura. Tutto vero, ma con Crispi, il Malusardi era ormai solo uomo da colpire, tanto che dopo una lite con il marchese Tommaso Spinola, uomo vicino al Crispi e capo della mafia, il segretario dello stesso, Salvatore, preannunziò guai. E così fu, il Malusardi già nominato senatore, il 18 aprile del 1878 fu collocato a riposo dal Ministro dell’Interno Zanardelli. Ministro a cui si era rivolto per far dimettere il marchese Tommaso Spinola. Nel contempo la sua carriera terminò.

Cinquant’anni dopo un altro prefetto, Cesare Mori, soprannominato il “Prefetto di ferro”, quando si avvicinò al livello politico della mafia, seguì stessa sorte.

A prescindere da tali eventi, ci si comvencetra sulla figura giuridica del prefetto. Essa nacque, in Italia, con il regio decreto del 9 ottobre 1861 n. 250, che ne delineò il ruolo e definì i poteri. Insieme al Prefetto furono istituiti i Sottoprefetti.

A San Bartolomeo in Galdo, paese attualmente in provincia di Benevento,  fu costituita sede di Sottoprefettura. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Bettino Ricasoli e il Ministro degli Interni Marco Minghetti scelsero i primi 59 Prefetti e oltre 200 Sottoprefetti. Erano quasi tutti piemontesi, perché secondo tesi diffusa, nella mente di Re Vittorio Emanuele e di Camillo Benso di Cavour, si era solo allargato il Piemonte. Seguendo tale assunto, i primi prefetti avevano il compito di piemontesizzare l’Italia e soprattutto il sud della penisola. E la figura del Malusardi, citato nel suo periodo palermitano, si incrocia per un brevissimo periodo con la storia di San Bartolomeo in Galdo.

Infatti, il 7 novembre 1861, il Minghetti, con Regio Decreto nominò “Antonio Malusardi di Vespolate in provincia di Novara, primo Sottoprefetto di San Bartolomeo in Galdo”.

In una lettera ai suoi famigliari il Malusardi si chiese “Dove diavolo si trova questo posto?”. Nei giorni successivi il Malusardi lasciò Perugia, ove svolgeva il lavoro di Segretario di Prima classe dell’Intendenza e partì scorato per San Bartolomeo in Galdo. Il caposcorta era un caporalmaggiore originario di San Bartolomeo, ma che viveva a Perugia da molti anni, un tal Vincenzo Palumbo.

San Bartolomeo nel 1861 contava 7633 anime, agli occhi del Malusardi apparve “arroccato su una collina, una selva di vicoletti con scale esterni e ballatoi che si chiamavano jafij e soltanto una strada centrale. I contadini partono la mattina prestissimo per lavorare terre lontane argillose e poco produttive. L’acqua scarseggia ed è monopolizzata dai maggiorenti soprattutto d’estate. Per la sua posizione strategica Garibaldi prima, l’amministrazione piemontese poscia ha deciso che sia sede di circondario e pure mandamento, per tal cagione ospita tutte le autorità della pubblica amministrazione statale”.

Arrivato in paese, il nuovo Sottoprefetto chiese com’era la situazione del brigantaggio nella zona, gli fu risposto che i maggiorenti locali erano tutti passati con i piemontesi, senza nessuna eccezione e che di briganti locali vi erano solo due mezze tacche: Beniamino Innestato detto Sergentiello e Donato Pacifico (Vi pare Eccellenza, che uno con un nome così, possa fare il brigante?).

Per raggiungere San Bartolomeo il Malusardi dovette guadare il Fortore a novembre, poiché ponti non ve ne erano.

Si ripromise come primo atto di costruirne uno, ma non fece in tempo, i piemontesi servivano in posti di comando più importanti e nel dicembre successivo a poco più di un mese dal suo arrivo il Malusardi fu trasferito a L’Aquila e gli fu assegnata la Croce di Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro. Dopo aver fatto le consegne al nuovo Sottoprefetto Stefano Berni il Malusardi partì.

La figura del Malusardi è emblematica di ciò che successe in quel periodo storico. Secondo una tesi: non si volle l’Unità d’Italia, ma solo allargare il Piemonte. E se ne accorse lo stesso Malusardi che considerò sempre il Govone e alcuni generali dell’esercito piemontese dei veri e propri criminali di guerra, considerò l’aver conservato la numerazione dinastica di casa savoia di Vittorio Emanuele II un’offesa all’Italia intera, e guardò con simpatia a Ferdinando IV di Borbone che quando unificò i regni di Sicilia e di Napoli riprese una nuova numerazione divenendo Ferdinando I delle Due Sicilie. Considerò la legge Pica una legge delinquenziale che giustificava legalmente la ferocia della repressione.

Malusardi fu uomo del suo tempo, ma ebbe un’onestà intellettuale al di sopra dei suoi tempi.

E poi conferma la regola che chi vuol bene al Sud è quasi sempre del Nord.

Fonti: Antonio Malusardi Un Prefetto per l’Italia di Maria Adele Garavaglia, Interlinea Edizioni, Novara, 2011.

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